Miglior PG e GIOCATA HENTAI del mese

L’incipit della role è piuttosto semplice e prevedibile: una fanciulla, con un grande segreto sulle proprie spalle, rischia di essere importunata e molestata da una coppia di sprovveduti; pur avendo l’opportunità di difendersi da sola, grazie alla sua natura soprannaturale, Mashiro non può permettersi di tradire la copertura di ragazza ordinaria, che ha assunto nel mondo umano, né intende sfoggiare i poteri di sirena con la certezza che ciò le causerebbe dei problemi maggiori. La lontananza dalle acque, suo dominio personale, non le consente di agire al massimo delle facoltà razziali che la distinguono da un essere umano. È quindi con una rassegnazione disperata e con timore che la giovane regnante dei mari sta per cedere ai suoi assalitori… quand’ecco arrivare un uomo qualunque, onesto, appena uscito da lavoro. Si tratta di Shiroe, persona di professione modesta, amante dei motori e pilota da corsa nelle gare clandestine. È lui a salvare la ragazza in pericolo e a farle compagnia nei momenti successivi, quasi come se si stesse adoperando per proteggere un cucciolo ferito.
I post in gioco risultano acerbi e, malgrado la straordinarietà della situazione (un possibile tentativo di violenza cui si va ad accennare in maniera superficiale), Shiroe pare lontano dalla persona con la scorza dura e fredda, descritta e inquadrata nelle basi della scheda. La sua gentilezza è tipica di una persona più disponibile e socievole; non è ruvida come quella di un vero lupo solitario, che tenta di instradare coloro che aiuta verso l’indipendenza, attraverso una protezione più circospetta e velata dalla propria chiusura. Oltre alle canoniche domande del caso, Shiroe è un flusso continuo di informazioni e di deduzioni sullo stato emotivo e fisico di Mashiro; una scelta che determina la mancanza di suspance e scenari narrati da un punto di vista più onnisciente che dedicato al personaggio in sé, quasi estrapolando Shiroe dalla caratterizzazione e inserendolo in un contesto generico, di cui egli è solo spettatore passivo.
Mashiro è ritratta con un’ingenuità selettiva, relegata soltanto a certi ambiti del suo carattere, il che la sottrae in extremis dallo scadere nello stereotipo della damsel in distress. Il suo retaggio l’ha formata in un determinato modo e benché non risultino chiare – per mossa volontaria in game – le motivazioni che la trattengono nel mondo umano, assumendo tutti i tratti caratteristici dei mortali, sa apparire come una ragazza normale, inesperta e dotata di un grande senso del pudore.
Gli escamotage utilizzati per l’incontro sono frivoli e pretestuosi, ma la scorrevolezza della trama e le allusioni erotiche non scombussolano la lettura, né la rallentano, anche suscitando perplessità per la costruzione della trama, finora con scarsi elementi di approfondimento. Non c’è abbastanza profondità e spessore per commentare oltre, tuttavia confido nei successivi sviluppi della role e in una maggiore consapevolezza dei mezzi di interazione della coppia.

Boa, dopo aver ceduto ai ricatti di Yoma, è soccorsa da Manigoldo, cuoco e membro della ciurma di Defteros, proprio quando il villain aveva deciso di ucciderla. Non senza difficoltà, il nuovo arrivato tenta di guadagnare tempo per favorire l’ingresso del suo capitano a Thriller Bark.
L’avvento di Defteros e la sua conseguente ira fanno la loro comparsa per salvare le sorti di entrambi, mentre Boa tenta di convincerlo a desistere dall’affrontare Yoma, reo di essersi divertito a tendere le fila dell’odio fra il capitano e suo fratello maggiore, Aspros. Proprio quest’ultimo giunge sul posto, mostrando un disinteresse totale nei confronti del minore e dei suoi sottoposti; è convinto che nessun membro della flotta del Magma Nero possa lasciare più Thriller Bark dopo la chiusura dei cancelli.
Aspros, qui gestito in maniera piuttosto intelligente anche se sottotono, ingaggia un duello con il suo rivale Yoma, malgrado entrambi siano sotto il comando di Lord Hades e di fatto, alleati. Il ricongiungimento di Boa e Defteros avviene con la solita gelosia del capitano, possessivo e geloso delle attenzioni di Boa verso i subalterni feriti, cosa che stride con il grado di fiducia raggiunto dalla coppia e, soprattutto, con tutte le dimostrazioni concrete di amore da parte di Boa. I sentimenti della principessa sono palesati più volte e i suoi atti di estremo sacrificio non fanno altro che affermare quanto essi siano radicati. Defteros, al contrario, riesce in minima parte a smussare i tratti più negativi del suo essere e ad elaborarli in silenzio, pur rimanendo coerente alla sua sgradevolezza di uomo che tende a controllare ogni cosa.
Gli scontri movimentano le vicende, nonostante siano al solito portati a termine esclusivamente da Shin e lascino poca voce in capitolo a Yelena, che pure prende maggiori iniziative in questo senso per affermare il carattere della propria amazzone. Yoma continua a non convincere e a non possedere un approfondimento psicologico a tutto tondo; i personaggi secondari della ciurma riescono a rubare la scena al loro capitano più volte e di frequente Defteros perde il proprio smalto, tranne nelle scene di ricongiungimento con quella che ammette essere la persona che ama. I combattimenti seguono una costruzione logica abbastanza approssimativa; talvolta vengono mozzati e risolti con estrema “facilità”, in altri frangenti appaiono poco fluidi e superficiali, dando l’impressione che l’esito sia scontato e la situazione non vissuta.

Satsuki è una giovane liceale, cresciuta sin da bambina con il culto della propria bellezza. Tutti, dai parenti ai compagni di scuola, dagli estranei ai conoscenti, la considerano avvenente. È oggettivamente una bella ragazza, dall’immagine pulita e dalle fattezze gradevoli, che conquistano e portano una ventata di freschezza con un singolo sguardo; una di quelle persone che sanno cogliere l’attenzione al loro passaggio e sfilare dalle bocche commenti d’ammirazioni, battute sconce e invidia. Convivere con la consapevolezza che il suo aspetto le porti tanta premura da parte degli altri e le simpatie subitanee da parte dei ragazzi, non è stato sempre facile; Satsuki ama la tranquillità e sogna spesso a occhi aperti, proprio come alcuni degli studenti che desiderano uscire con lei e che si lasciano andare ai sospiri, perché sanno di non essere alla sua altezza. La fetta di mondo nella quale Satsuki tenta di trovare rifugio è invasa, quotidianamente, da uno stuolo di chiassosi ammiratori, che di lei non sanno nulla, se non ciò che vedono esteriormente e che rendono, in questo modo, il loro interesse per la ragazza una vera seccatura da contrastare... che con gli anni è diventata semplice abitudine.
Questo stato di cose l’ha resa schiva e poco propensa a parlare. Satsuki è quieta e riflessiva e di rado parla con più di qualche monosillabo, esprimendo e condividendo poco dei suoi intimi pensieri, che sfuggono distanti dagli altri. La sua chiusura alla socievolezza sfrenata è chiaro sintomo di una propensione alla solitudine, al silenzio nel quale le è possibile contemplare il cielo e trascorrere una routine serena e senza gli intoppi e i fastidi di chi intende importunarla per il suo aspetto. Eppure Satsuki non ricerca l’isolamento, ma la “normalità” di cui la privano le etichette della bellezza e l’abitudine di ricevere elogi che sanno spiazzarla.
Shingo è un ragazzo ligio agli studi, un tipo compassato e diligente. Ha anche lui modo di catturare l’immagine di Satsuki, fantasticando sull’apparizione della ragazza. Non ha tempo di soffermarsi sul suo volto gentile e timido, perché l’inizio delle lezioni lo esorta a entrare in classe. Di Shingo non vediamo molto, oltre alla mitezza caratteriale, che lo rende meno insistente dei suoi amici e più ragionevole dei compagni classe.
Le redini della trama sono tenute dal modo studiato di Nill di presentare png e situazioni, cosa che ha reso la giocata una valida concorrente per il premio mensile come migliore role del mese. La fusione fra i due istituti superiori riesce a ovviare alla formula classica dell’ambientazione scolastica (almeno nella sua presentazione in game), che pone diversi paletti nella stesura degli eventi e delle interazioni. La scarsità di post non consente di dare giudizi più precisi sulle potenzialità della storia, anche perché i mezzi utilizzati (la punizione come imprevisto e catalizzatore della conoscenza, la prima occhiata da parte del ragazzo, l’amica protettiva) sono tradizionali al contesto. Le capacità in termini di narrazione e caratterizzazione hanno già delineato in parte l’andamento delle premesse, nonostante il tutto sia sbilanciato a favore delle mosse di Satsuki e Mio; Shingo deve ancora “uscire” tridimensionalmente come personaggio e abbandonare i canoni di normalità. Un personaggio acqua e sapone non deve per forza trarre influenza dalle qualità morali in senso stretto, né appiattirsi alla logica dell'anonimato. Conto di vedere maggiori sviluppi in seguito.

La role vincitrice è tratta dalla light novel - adattata in anime - Mondaiji-tachi ga isekai kara kuru sō desu yo? (Problem children are coming from another world, aren't they?) e ritrae fedelmente le dinamiche, i protagonisti e la trama dell'omonimo titolo. Benché possa apparire facile riprodurre e riproporre storia e personaggi nati da un’opera di terzi, senza distruggerne il valore o senza attaccarsi eccessivamente ai dati da essa forniti, i due player non si limitano a questo e paiono all’altezza dei ruoli interpretati, dimostrando di conoscere nel dettaglio le rispettive parti e di saperle reinventare. Un plauso speciale va a Bad_Bunny: pur seguendo la cronologia e le premesse originarie, ha saputo personalizzarle col proprio metodo di scrittura e ha dato un’impronta e una rivisitazione di carattere non solo al proprio pg, ma anche ai due png mossi secondo una loro individualità ben precisa e riconoscibile. Non si sente affatto lo stacco meccanico fra i due personaggi secondari: tutto, a partire dalle mosse, dai vezzi nel parlato e dallo stile di vita, traspare con forza e coerenza, complice una lettura gradevole e pulita. I post sono articolati e piacevoli da scorrere; talvolta i dialoghi strappano qualche sorriso e riescono anche a intrigare.
Difficilmente le trasposizioni sanno funzionare, perché portano a un tasso alto di aspettative (sia di chi legge sia di chi le mette appunto), ma in questo caso si resta sorpresi per quanto riguarda l’interpretazione e il lato in character dei protagonisti, come delle comparse.
Due ragazze (Asuka e Yō, la coppia di png) unitamente a Izayoi, un attaccabrighe arrogante, ricevono una strana lettera che li catapulta nel mondo di Little Garden all'apertura degli involucri. Ad averli attirati in questo universo parallelo è KuroUsagi, una coniglietta, che farà loro da cerimoniere per sostenere un particolare tipo di competizione, quella dei Gift Games…
Il requisito necessario che si esige dai partecipanti risulta quello di essere ‘adolescenti problematici’, cosa che Izayoi, con il suo caratteraccio, non tarda a palesare. Perché il gruppo di KuroUsagi, i No Name, ha bisogno della forza caratteriale di Izayoi, Asuka e Yō? Qual è il vero fine che la usagimimi nasconde?
La role è per ora ferma ai primi battibecchi del trio con KuroUsagi, dopo una divertente presentazione. Se da un lato Bad_Bunny riesce a gestire con particolare naturalezza tre personaggi, inclusa la sua protagonista, dall’altro lato i post in cui Izayoi interagisce con le due png non appaiono convincenti e dotati della stessa cura, minimizzando l’impegno profuso da Bunny nella contestualizzazione, nella descrizione visiva degli ambienti e delle azioni. Le sfaccettature di Izayoi non hanno grande impatto e si riducono semplicemente a post corretti, lunghi ma fumosi in quanto a personalità.
L’impressione è che si punti più sulla narrazione degli eventi, piuttosto che sulla formazione psicologica del personaggio maschile in questione, dando poco spazio a una sua ripresa da più angolazioni. Questo genera un divario di stile e di approccio abbastanza evidente fra i due player, in special modo nella fase di confronto attraverso i dialoghi, nei quali Izayoi dovrebbe imporsi con maggior carattere. Da non sottovalutare invece è il tentativo di ampliare la trama e portarla su livelli differenti dall’avventura di poche pretese, soprattutto considerando il lavoro svolto in termini di resa stilistica della role nel suo insieme.

Mashiro Yumehara è una sirena. Custodisce il mar del Giappone, nelle cui profondità ha sede il regno dei suoi genitori. Regno che entrambi smisero di governare prematuramente, a seguito dell’intervento di alcune baleniere asiatiche, impegnate nella loro cruenta caccia ai cetacei. Il comando, e tutte le responsabilità che esso esigeva, passarono in eredità alla giovane principessa, scavalcando la linea di successione maschile.
Ella non aveva tempo per piangere la morte dei suoi cari e impegnò le sue risorse nel concretizzare gli insegnamenti paterni, sugli espedienti coi quali potesse mandare avanti il proprio popolo e proteggere contemporaneamente gli interessi del reame.
La pacatezza di Mashiro non implica una mancanza di risorse intellettive, nonostante le sue reazioni siano spesso dettate dall’impulsività, piuttosto che da ragionamenti a mente fredda e lucida. La sua è una ricerca dell’armonia e del miglioramento personale, di frequente frenata dalle insicurezze. Il lato istintivo deriva in parte dalla sua giovane età, dalla fretta di dover dimostrare (e convincere gli occhi esterni) di essere capace e all’altezza dei suoi compiti; dall’altro dalla perseveranza che la induce a non abbattersi nemmeno quando la situazione diventa critica.
Tutto questo focus sui suoi obiettivi non le permette di avvedersi della crescente rivalità del cugino Yamato (anch'egli in lizza per l'ascesa al trono), come in role non le fa notare in tempo i pericoli cui sta andando incontro… disattenzioni che le costano nel primo caso la sovranità e la fuga dalle acque e nel secondo il rischio di vedere infranta la sua integrità fisica (e morale). Queste mancanze ne impreziosiscono la figura, rendendola affascinante e ancora misteriosa (con una giusta direzione dei tempi per gestire le rivelazioni sulla sua appartenenza al mondo soprannaturale, sarà in grado di appassionare e coinvolgere maggiormente), con un tocco personale che ricorda le "majokko". Malgrado diverse imprecisioni (nella scheda e in role) e "ingenuità" tipiche nel mondo dei gdr, Mashiro è un personaggio in divenire con numerose carte da giocare, soprattutto sul piano psicologico intrecciato al suo modo di essere umana e sirena.

Boa Hancock ha avuto un percorso controverso e non sempre logico, in base alle tempistiche, all’interno della role. Come regina delle amazzoni la sua dignità è calpestata di fronte al proprio popolo, a seguito della sconfitta in un duello contro Defteros. Si sacrifica per salvare le amazzoni restanti, che comprendono appieno la sua decisione (nonostante questa scelta sia un’ammissione diplomatica – fra i due schieramenti – di debolezza e di resa da parte di tutte le guerriere. Perdere il leader e vederlo andare via come ostaggio, malgrado si abbia salva la vita è uno scotto più dolente della disfatta collettiva); viene intrappolata – figurativamente – dalla passione per Defteros, che la rende sua prigioniera e amante. Con il tempo se ne innamora (ricambiata), ma ambedue non sanno comunicare e comprendersi in maniera cristallina e ciò porta a numerose scene di tensione (più fisica che psicologica).
La citazione di questo mese è un’affermazione sottintesa e posta indirettamente come domanda da Boa agli Specter suoi nemici, in un frangente cruciale della battaglia. La spavalderia dell’amazzone contro due avversari di quel calibro impallidisce di fronte al contenuto retorico e più profondo del suo messaggio. Nel quesito è racchiuso il cambiamento implicito della donna nei confronti del partner, ma non solo; trapela l’orgoglio e la sicurezza di essere parte attiva della ciurma (quindi non più un oggetto o un bottino di guerra) del pirata e quella fiducia in lui che in tanti altri momenti critici è venuta meno, appunto a causa del carattere burrascoso di Defteros. Forse involontariamente o con questo preciso intento, Yelena riesce a convogliare in un’unica frase la maturazione del suo personaggio, non limitando le sue parole a semplice mezzo per spaventare gli Specter coi quali dovrà misurarsi, ma concentrando nel suo breve discorso una sorta di confessione amorosa, una conferma leale dei suoi intenti. Lei, che ha avuto anche modo di esplicitare i propri sentimenti a Defteros, coi gesti e con le parole, finalmente guadagna anche la consapevolezza di essere realmente un membro del gruppo, non solo la “donna di” o la “preziosa ospite” della nave da trattare come trofeo o come elemento debole da proteggere. Una buona prova di sottigliezza, inserita in un contesto che la pone in risalto.

Mio è la persona che completa Satsuki, nonché la sua migliore amica. Vivace, solare e ciarliera, è un terremoto che sa scuotere in positivo le giornate di Satsuki. Tende a straparlare, a minacciare i ragazzi, a menare i pugni in aria e ad assumere pose tipiche di un maschio, ma è una ragazza più sensibile di quello che sembra e sinceramente preoccupata per il carattere schivo di Satsuki, oramai talmente abituata a ricevere ‘pressioni galanti’, da non rendersi conto di viverle come abitudine e parte delle sue giornate. Dall'infanzia, Mio si è assunta un ruolo che difficilmente sa scrollarsi di dosso e che conduce anche con ironia. Servendosi della solita intraprendenza che la caratterizza, la studentessa riesce a porre in riga gli esponenti del genere maschile, rifilando occhiatacce e sbraitando commenti taglienti di ogni genere.
La brunetta è delineata in appena tre post da Nill, con il suo classico modo di tratteggiare distintamente la caratterizzazione del personaggio pur avendo a disposizione poco spazio e una narrazione corposa. Mio non è una soltanto una spalla comica e aggressiva, che compensa la quiete della compagna di classe; è un’adolescente irruente, scorbutica e dotata di una personalità che non sa contenersi. Sa prendere il sopravvento, ma sa fare anche un passo indietro, rispettando quello che è il volere di Satsuki come individuo pensante, obbedendo alle sue richieste in nome dell’affetto che le lega. Non manca di rimproverarla ed è la persona che più cerca il dialogo con lei, malgrado Satsuki piombi in numerosi silenzi improvvisi.
La sua fedeltà le impone di mettersi in prima linea quando vede l’altra in difficoltà, con il rischio di soffocare inavvertitamente lo spazio dell’amica. Mio non sembra realizzare che i suoi interventi creino, in un certo senso, una dipendenza di Satsuki nei suoi confronti e che diventino il freno inibitore delle circostanze. Con la mora a coprirle sempre le spalle e con l’interazione maschile perennemente invariata, la dea dell’Istituto ha meno opportunità di parlare ed esporre i propri pensieri o di gestire da sé la situazione.

John Knight è un detective, un mentore foriero di giustizia; come lascia intendere il suo cognome è il volto puro di un sistema inceppato, che strizza l’occhio e annega nel fango della criminalità, anziché tutelare i cittadini. Nella sua corsa verso la verità, col fine di stanare segreti insabbiati e una rete di illeciti, portata avanti da agenti dall’integrità compromessa, John trova la morte e assume il ruolo di filo conduttore, di ombra fra due individui estranei fra loro, che tentano di venire a patti con il passato e di sostenere il presente.
Alistar Walker ha conosciuto la prigione; Theresa Hughes l’omertà che permea l’omicidio del suo partner d’ufficio. Nonostante la solitudine nelle loro battaglie individuali, ad accumunarli c’è molto più della spinta di determinazione o del tentativo di preservare la propria dignità.
Cose irrimediabilmente perdute, altre faticosamente ritrovate, dunque. I protagonisti di questa role si muovono su un filo tanto cedevole e logorato: una quotidianità che li ha resi ciò che sono, formandoli con l’esperienza della separazione forzata. Alistar si è confrontato con la delinquenza dall’interno, smettendo i panni dell’avanzo di galera, pur con una certa sfiducia nel sistema giudiziario; mentre Theresa l’ha contrastata dalla barricata dei distintivi, scoprendo l’altra faccia – quella marcia – della legge. Sopravvissuti ambedue all’illegittimità – nel caso di Walker paradossalmente portata avanti da un servizio per i cittadini, quello dell’assistenza sociale, con le sue pratiche burocratiche poco snelle -, proseguono per poli opposti. L’uno, accusato ingiustamente di un crimine che poteva costargli la massima pena, è riuscito a ricostruirsi un futuro grazie all’intervento di Knight; l’altra marcia in un’unica direzione per Knight.
Ciò che hanno smarrito – chi hanno visto andarsene, figurativamente o letteralmente - è divenuto un lutto personale, il percorso obbligato verso l’elaborazione di un distacco, cui entrambi hanno reagito con le proprie peculiarità. Il sacrificio è parte della loro esistenza e, in ambedue i casi, cerca di dare voce al riscatto dei torti subiti. Se in Alistar prevale la rabbia, l’impeto passionale della battuta mordace e della mascolinità, oltre la rassegnazione interiore di un individuo convinto che chi ha in pugno la giustizia sia la fonte prima della corruzione, in Theresa è l’ossessione della pacificazione con una realtà sbagliata, che le ha sottratto quanto di più caro aveva, a porre radici prolifiche.
Alistar respira prodotti chimici, abituato all’artificio degli uomini, intento a sporcarsi le mani fra le mura dell’officina in cui lavora. Trucca le auto come non può modellare a suo piacimento i rapporti con le donne, con le quali si mantiene sul lato carnale, perché la fiducia non viene mai ripagata e lui sa contare soltanto su sé stesso. Theresa si è fatta le ossa in un mondo prettamente maschile, dove si è inserita con le proprie forze e l’occhio benevolo di Knight. L’ultimo appunto del detective deceduto è il motore delle prime battute dell’incontro fra i due; si punzecchiano guardinghi, lei con fare inquisitorio e motivato, lui chiudendosi sulla difensiva al nome del defunto, guadagnando un piglio più serio e circospetto.
Theresa vince la diffidenza di Alistar proponendogli uno scambio: aiutarlo a ottenere l’affidamento di suo nipote Emil, che le istituzioni non intendono cedere alla sua custodia, poiché non ritenuto un soggetto idoneo, in cambio di una collaborazioni nelle indagini non canoniche sul delitto Knight.
Le player seguono il topos della ‘’convivenza’’ forzata, obbligando le loro creature a muoversi fianco a fianco, a conoscersi meglio con l’espediente del finto fidanzamento. È un role di lettura spedita, scandita da uno stuolo di png di tutto rispetto, che danno colore al mondo già movimentato del duo. Le vicende più dure sono tenute saldamente in sottofondo, con una sorta di vezzo malinconico che esce a sprazzi, vuoi per riserbo, vuoi per reticenza dei personaggi a denudare le loro vulnerabilità. È un susseguirsi di sarcasmo, un rincorrersi di sguardi ancora poco consapevoli dell’attrazione e della chimica nascente, un improvviso calare nei silenzi, coprendo frettolosamente le ferite con l’ilarità o il depistaggio.

Theresa è un personaggio che rifugge il melodramma e si attesta in maniera sufficientemente realistica alla classica creatura degna di un poliziesco, che verte sul comic relief, senza essere né trascinatrice né sidekick. È una donna con le sue insicurezze, divisa profondamente nei propri ideali, nel feroce perseguimento della giustizia e nella ricerca estenuante di un atteggiamento positivo rigido, da adottare laddove la speranza e i toni cupi la fanno da padroni. Ma il sogno di una riparazione, che non sia vendetta, di un nuovo equilibrio che possa decretare la fine del maltolto, non s’infrange di fronte all’omicidio del suo partner di lavoro; ed è questa convinzione che le impone di andare avanti, costi quel che costi, persino a discapito delle sue finanze, rischiando anche la vita con la scommessa di portare a galla l’accaduto e di risanare un cambiamento indelebile e ingiusto.
Concreta e quadrata, è dipinta con un fraseggio asciutto e sbarazzino, tendente all’acidognolo, soprattutto nel confronto con gli esponenti più ottusi dell’altro sesso. La sua femminilità non è motivo per sentirsi in difetto o da meno di fronte a un uomo, ed è utilizzando la sagacia, l’ironia e l’esperienza maturata sul campo, che Theresa appare sotto nuove luci.
Ha un obiettivo ben definito in mente, un lascito che riguarda anche il senso di colpa per essere sopravvissuta all’agguato senza un reale merito – ottimo punto di vista che è sviluppato quasi in sordina, ma in maniera tale che si avverta, nonostante l’autocontrollo e la simpatia della protagonista -, mentre John nella sua cieca vocazione per il vero, ha lasciato dietro di sé la famiglia e gli amici. Senza indugio, Theresa imbocca una strada pericolosa, investendo interamente la propria persona di supposizioni, ipotesi, basandosi più sul fiuto e su una pista tappezzata da una scia di morti, che su un valido appoggio esterno.

Il passaggio rettifica subito la concezione del mondo in cui crede Alistar, col cinismo di chi è stato preso a pugni e ha scalciato a propria volta, senza raccontarsi frottole, senza bersi discorsi ricchi di demagogia. Alla richiesta aggressiva di aiuto da parte di Theresa, lui contrappone una riflessione rigida e prepotente, ancorata ai dissapori dei suoi trascorsi.
La sfiducia completa nelle istituzioni ha macchiato persino la ‘chiamata’ di Knight, che in passato gli aveva consentito di evitare l’ergastolo, puntando tutte le sue risorse nel provare l’innocenza di un giovane criminale di piccolo calibro, una vittima piuttosto facile per un agglomerato giudiziario poco trasparente. Azioni che il meccanico interpreta - senza ipocrisie - come mera soddisfazione personale di un ego votato al dovere e alla professione, integrato nel sistema che tentava strenuamente di combattere.
La metafora delle farfalle aggiunge un tocco di maggiore disillusione: Knight non solo ha rappresentato un’eccezione alla regola, alla quale non è stato riscontrato alcun seguito, ma è pure accostato a un essere tanto caduco e di piccola incidenza, facile da abbattere proprio per la sua ‘diversità’ e per la fragilità del suo status di ‘alieno’ dalla massa. Parole graffianti e piene di amarezza, che sottolineano anche la frustrazione affrontata per anni, con la nomea di delinquente che lo ha reso spettatore dell’allontanamento forzato del nipote, in virtù – secondo le autorità - della tutela del suo benessere.

Gabe è un personaggio non giocante enigmatico, per quanto caratteristico; è un criminale che osserva, un segugio mai veramente assopito, che tuttavia ostenta verso l’esterno uno sguardo annoiato e distante, quasi intento a squadrare un’altra realtà. I suoi occhi, invece, registrano gli eventi: studiano persone e fatti con una patina di indifferenza stampata sul viso, le labbra ermeticamente chiuse su un mozzicone di sigaretta debolmente aspirato. È schiavo della propria accidia, dei vizi nel buco dove dimora, il covo nel quale è anche l’uomo richiesto, quello i cui lavori fruttano lo sballo della cannabis e trovano un compimento per i suoi clienti. È anche esperto nel prendere in contropiede i suoi interlocutori ed è facile che sospetti o si muova con maggiori precauzioni di fronte agli sconosciuti; dopotutto è anche lui un rifiuto sociale, un randagio che torna nel solito angolo dove riposare e prepararsi al giorno successivo. Un tiro dopo l’altro, nella nebbia di fumo della propria stanza, che lo rende soffocante quanto l’ambiente, malgrado le maniere più che confidenziali.
Si dimostra una persona perspicace, soprattutto in merito ai due protagonisti. Non soltanto intuisce l’interesse di Alistar nei confronti di Theresa, ma nel rapido scambio di vedute con l’ex agente mette istantaneamente i paletti e una linea di demarcazione che la donna non deve assolutamente superare. Non è soltanto il sospetto a guidarlo, ma una parte più oscura e inafferrabile, che lo rende affascinante, nonostante la sua ‘perdizione’.