Contest Gimme Five: FEAR

Chiusura 15 ottobre

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  1. Alichino
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    Malebranche
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    Anzitutto, grazie della partecipazione e della pazienza! Speriamo che i responsi vi siano d'aiuto nei prossimi eventi e nei miglioramenti personali.



    Free! Eternal summer, Sousuke x Rin, Light66


    V3ll
    La pecca di questo elaborato è quello di funzionare solo nel suo insieme, le frasi – al contrario di quanto fosse richiesto dal regolamento – non lavorano bene da sole, non hanno un soggetto di volta in volta, perché richiamano quello della prima frase e quindi manca qualcosa di fondamentale. Hai voluto incentrare tutto su questa “ombra” e questo è stato un errore che ha rischiato anche di portarti fuori traccia.
    Comunque la paura di Sou si comprende, anche se il pg non mi sembra centrato benissimo.
    Personalmente, credo che nel caso di Sou, avrebbe fatto miglior gioco l'uso della terza persona, invece della prima, essendo lui un personaggio complesso, misterioso per alcuni versi e che tende a rimanere distaccato. Sarebbe stato, credo, più giusto mantenere le sue paure ad un livello più intimo, dandogli comunque una certa forza, spingendo il lettore a doverle comprendere senza esporle troppo.
    A livello di scorrevolezza è buona, tranne forse la mancanza di una o due virgole che avrebbero dato una giusta pausa alle frasi, per mantenere il ritmo con cui eri partita.
    Voto: 5,5

    Alichino
    In questo testo è stata eletta un’unica parola a predominare l’intera scena, cioè l’ombra. È quella che Sousuke osserva quando Rin si tuffa nella vasca, o quando ne segue il percorso per non perderlo di vista; tuttavia, ciò dà una singola impronta all’insieme e rappresenta un errore concettuale nella prova, in quanto è richiesto che ciascun termine sia centrale (suggerito, evocato, enfatizzato) all’interno della frase di appartenenza e non prevaricato da altri lemmi.
    Il componimento scorre bene per la sua brevità, ma pecca di un eccessivo attingere al parlato, più che per i termini scelti (attinenti alla vita di tutti i giorni e alla coppia e, quindi, legittimati per un duo di ragazzi) per la forma dei periodi, ingarbugliati in una serie di subordinate e formule fisse non propriamente corrette, dal punto di vista grammaticale. Alla lettura risultano caotiche e difficili nella pronuncia (sebbene siano elementari e dirette di per sé), perché gestite con una punteggiatura che talvolta spezza troppo il ritmo o lo lascia andare celermente per lungo tempo; l’impressione è che si vogliano caricare le proposizioni di molta carne al fuoco che, effettivamente, non può essere articolata in uno spazio tanto breve. Da questa opzione si ottiene un esito incostante, in cui non brillano né confezione né contenuti.
    Due frasi su cinque non sono indipendenti, se prese singolarmente, e hanno come soggetto l’ombra (insieme a una terza), al punto da riportarla (omettendo la parola) come fautrice di determinate azioni subite dal personaggio o contro cui questo reagisce. Focalizzarsi su tale punto, inoltre, ha azzerato la prospettiva di rappresentare in maniera veritiera la paura, che per quanto ammessa dal personaggio con il non voglio perderti finale, non è ritratta né avvertita. È, difatti, descritta con una cornice che non approfondisce, limitandosi a dare cenni superficiali di uno stato di cose stabilito, senza una vera e propria rielaborazione personale.
    Il concetto di fondo è classico e rispetta nel canon il personaggio (l’idea di rincorrere qualcuno/qualcosa che appare irraggiungibile), soprattutto per il distacco provato con l’alterità, non interpretata come compagna da affiancare, ma come rivale da afferrare e sorpassare. Il passaggio dai sentimenti avversari di competizione svela l’approccio sentimentale in maniera brusca, con una supplica che non si confà interamente all’io narrante.
    Sousuke non appare IC, per alcuni fattori, tra cui l’idea di proporre una parvenza di terrore attraverso la sua voce in prima persona. L’ammissione finale arriva egoisticamente, ben sopra le righe di un personaggio che trattiene e fa di tutto per sacrificare se stesso, pur di non appellare né chiedere, se non con lo sguardo e le azioni irruente.
    La frase che contiene la parola irrazionale è una fra le più deboli del testo; non solo utilizza il semplice escamotage della parlantina per allungare il discorso, ma forza l’incastro della parola nel periodo, senza dare un senso significativo alla sua presenza.
    Il frequente appoggio alle particelle pronominali falsa la serietà dello scritto, sottraendo l’attenzione dal narrato e sviando l’ordine sequenziale del testo (lineare, non fosse per la “confusione dialettica” delle proposizioni più lunghe).
    A livello della “sostanza” c’è una carenza strutturale. Il soliloquio non arriva a incarnare fedelmente il perno del racconto (Sousuke), né si comprende il motivo alla base della sua angoscia, nascosto dietro un “non detto” dato per scontato (il senso d’inferiorità, la perdita, la fragilità del sogno), a causa di un’esposizione più improvvisata che ragionata.
    Voto: 5
    Media: 5,25

    Free! Iwatobi Swim Club, Makoto x Haruka, Mikki_chan


    V3ll
    La composizione ha un buon ritmo. Le frasi funzionano sia da sole che tutte insieme e il tutto si legge fluidamente.
    Nonostante la forma, l'essenza dei personaggi è debole. Oltre alla paura del mare di Makoto, non ci vedo troppo questo pairing, è come se ci potesse essere chiunque altro al loro posto, non so.
    Quindi a livello compositivo e grammaticale è davvero buona, ma pecca un po' nei contenuti.
    Voto: 7

    Alichino

    Dal punto di vista del regolamento sono rispettati tutti i canoni fissati e il compito viene assolto senza riserve. Le frasi hanno una resa pulita, probabilmente afflosciata dalla ripetizione di sempre e del concetto di sapere/non sapere, in tema con il terrore dell’ignoto, del non famigliare. Il secondo punto palesa una certa ingenuità nella concezione, a monte di una struttura pensata e immersa nel what if del pairing; l’incertezza, difatti, resta per certi versi contraddittoria in seno al personaggio di Makoto (sottoposto a una fascinazione travolgente, dalla connotazione letale) e nella contrapposizione gelido/vivo nell’incontro fra i due. La creatura dei mari al cospetto dell’umano rasenta una sfumatura data per scontata al lettore, in quanto sottintesa, non chiarificata, indiziaria. Da un lato la scelta potrebbe ottimizzare l’alone di suspance, ma riesce in questo proposito neanche a metà; l’idea di immettere il tutto in medias res non paga la chiarezza, né aiuta a discernere il pattern scheletrico del racconto, svilendolo. Più che d’intreccio, l’elaborato è di un’atmosfera evocativa (e criptica); il brivido viene centellinato, l’umano strappato dalla terra natia e condotto nelle profondità marine.
    L’acqua toglie la scena ai protagonisti, divenendo il motore e la ragione dell’angoscia; in questo senso, nonostante una lacuna nell’originalità del punto di vista narrante e della scena creata, si ha una vera e propria suggestione nella messa in scena del mistero e della sua componente emotiva. La confusione dei personaggi e il passo tra la stasi e il movimento estremo, ultimo della vita, hanno una certa centralità tale da rendere plausibile lo sconcerto, la paralisi e l’atteggiamento instabile della sopravvivenza, che cede il passo al desiderio del contatto e dell’incontro.
    Alcuni cliché sono ricorrenti: l’orizzonte senza fine e il buio che domina tutto, che peccano di banalizzare la maturità del testo. La forma è abbondante; l’utilizzo di forse o in realtà aggiunge un implicito giudizio che scardina l’attenzione dal punto di vista del personaggio e immette l’autore nella narrazione, guidando eccessivamente il lettore e inculcandogli una data visione dell’insieme, che dovrebbe arrivare da sé, senza giudizi o percorsi forniti. Le formule di circostanza come più di ogni altra cosa lasciano una sensazione vaga. Non descrivono né funzionano veramente per l’opera; sono, in effetti, strascichi del parlato che hanno il solo scopo di sviare il nocciolo della prosa.
    La terza frase è quella più pregnante, a dispetto dell’utilizzo a mo’ di elenco degli aggettivi. Riesce, indicativamente, a creare un vero punto di contatto e a sintetizzare il volto della paura umana, nel gioco dell’attrazione e della repulsione, della differenza fra preda e predatore.
    Lo stile è privo di fronzoli, anche se non del tutto asciutto. Una delle carenze è quella della scarsa incisività: la realizzazione di un mood interessante non trova riscontro nel risultato ultimo, poiché la prova sembra mancare di un elemento solido a sostenerla, che vada oltre l’impressione inquietante, manovrata senza troppa padronanza del genere.
    L’introspezione riesce, per quanto non emergano del tutto i personaggi. C’è la sensazione che essi siano presenti, tuttavia si tratta di un’impronta debole, una scia labile.
    Voto: 7.25
    Media: 7,125

    In the Flesh, Kieren x Simon, Guinea Pig


    V3ll
    Premetto che non ho capito troppo la spiegazione dell'alternarsi dei punti di vista, perché effettivamente non riesco a distinguerli. Credo ci sia un problema di caratterizzazione.
    Tra i lavori di questo mese, però, è quello che si avvicina di più a ciò che ci si poteva aspettare con questo tema, anche se poteva essere più, come posso dire... intenso?.
    Il lavoro è buono sia a livello di contenuti, che di composizione. Le frasi funzionano bene singolarmente e nell'insieme.
    Voto: 7,5

    Alichino
    Il tratteggio del pairing è altalenante. L’idea di avvicendare e poi fondere i POV dei personaggi si è rivelata fallimentare e caotica per un tipo di composizione tanto breve.
    Non solo Simon non traspare affatto nell’ambiguità da antieroe che gli è propria, ma il protagonista è ritratto con una serie i termini che, sì, appartengono al campo semantico che lo riguarda (quello di una mente disordinata e autodistruttiva), tuttavia, anziché essere impersonati da Kieren appaiono elencati nelle proposizioni, accatastati in un flusso di coscienza. Tutti i termini “giusti” per descriverlo sono perciò presentati, eppure la resa non costruisce il personaggio di Walker, bensì lo abbozza goffamente.
    L’ansia non si avverte nella sua componente ossessiva; diventa feticcio di un arricchimento perifrastico, composto con un ritmo acerbo. Immatura è anche l’introspezione, sospesa e dispersa nelle descrizioni. Spesso lo stacco soffre di un effetto a singhiozzo, un volo pindarico che non ammette piena giustificazione al narrato.
    La struttura lineare è prevedibile, affatto fresca, per un lettore abituale: la fine giunge chiara e inevitabile, come d’abitudine nell’impianto del racconto horror. La chiusa è perciò priva d’effetto e alquanto classica nel suo genere. Più che la paura, non sintetizzata e non protagonista delle cinque frasi (seppur nominata), emerge un turbamento confuso e dinamico (alternato nei due personaggi senza lasciare effettiva traccia); in effetti, nel complesso, non si percepisce una suggestione o un’evocazione subdola o prepotente del terrore di perdere l’identità o l’amato, né l’incertezza che lo stato angoscioso provoca. La domanda finale si pone pertanto come comoda via di fuga scrittoria, poiché non scioglie dubbi e perplessità; semmai li moltiplica.
    L’immedesimazione è scarsa, poco attendibile, poiché i personaggi danno un appiglio fragile al lettore, non lasciandogli spazio effettivo per metabolizzare il contesto. La forma è snella e piacevole, pur nella sua “ingenuità” narrativa sia a livello di formulazione delle proposizioni, sia per ciò che concerne i contenuti.
    Lo stile fa un po’ il verso alla narrativa contemporanea: sono palesi diversi calchi della transgressive fiction, come la velatura grottesca e nichilistica, il pesante rimarcare i verbi, le interruzioni e i cambi repentini del discorso. Questo effetto è però sporcato da un approccio “romantico” falsato e dall’abbondanza di aggettivi, che sottolineano i contorni e gli intenti, annacquando il realismo e la crudezza della disperazione e delle percezioni annebbiate.
    Alcuni errori pesanti penalizzano il testo. Anzitutto la presenza di due frasi in una singola proposizione: Nello specchio del bagno, un riflesso che non ti appartiene ma, solo l'ombra di ciò che eri, calma e le medicine faranno effetto a breve e poi ci sarà il niente; Un rumore di passi, li senti appena dal letargo in cui sei piombato ma ti fanno paura lo stesso, un modo piuttosto subdolo di nascondere una reggente all’interno di una pleonastica, seguita da una seconda indipendente: non vuoi essere salvato.
    Il periodo che contiene la parola irrazionale non ha senso logico. La tendenza costante di utilizzare ellissi del verbo essere non si concilia con la seconda parte del periodo e, nei casi più sopra, non impedisce di scovare le reggenti nascoste.
    Grammaticalmente, oltre all’enfasi pleonastica, che si traduce in una ridondanza, ci sono diversi errori nella punteggiatura, in special modo nella cesura con le subordinate, mancanti di virgola, che affaticano il lettore senza una buona gestione del ritmo. La congiunzione “ma” non deve essere impiegata nella correlazione delle parole o per ribadire lo stesso concetto espresso poco prima. Ombra e Riflesso traducono etimologicamente una definizione simile; la prima è in origine ‘’immagine resa dall’acqua”, la seconda, invece, quella colpita di rimbalzo, rispedita similmente a chi osserva. Nel testo, l’accostamento di ambedue i termini, con effetto contrario, non è specificato e risulta soltanto un vuoto artefatto ad effetto.
    In conclusione: il testo è sufficiente, abbastanza fluido, ma affastellato nella lettura da soste disposte con poco criterio. Il sensazionalismo rovina il valore autentico dello scritto.
    Voto: 7
    Media: 7,25

    Naruto, Sasuke x Naruto, ___Luthien


    V3ll
    Il pairing è stra conosciuto e anche se io non seguo la serie ho abbastanza presente il tipo di rapporto tra i due personaggi.
    Ho avuto l'impressione che fosse tutto un po' dispersivo, le frasi sono lunghe, specialmente la prima ed ha tutto poco impatto.
    Le frasi da sole hanno un senso, ma interamente sembra ci sia un distacco anche logico tra le prime due frasi e le altre tre. C'è questo stato di calma iniziale, si percepisce uno stato di solitudine, la paura, l'abbandono... poi si viene improvvisamente catapultati nel momento dello scontro. Mi ha disorientata.
    Per l'attinenza al tema, invece, la “paura” viene segregata nella prima frase e non viene allargata alle altre, si perde per strada, insomma.
    Ci sono degli errori grammaticali a cui dovresti prestare più attenzione.
    Voto: 5,5

    Alichino
    Tutte le proposizioni sono eccessivamente lunghe e difettano di una scarsa attenzione nella stesura, a causa di errori ortografici ripetuti (già confutati nella scorsa edizione del contest), che una lettura approfondita a mente lucida avrebbe evitato (infondo, se =/= sé); da sé sono autonome e insieme scorrono, tuttavia, in ambedue i casi lo fanno non per effettiva riuscita, ma per aver ammorbidito il componimento, trattando una tematica cruenta con leggerezza e senza rischiare sull’intreccio e sull’affermazione di Sasuke e Naruto. La messa in scena è piatta, poco sentita dal lettore e non convincente a livello dei personaggi, per quanto armonica e diretta nello stile; quest’ultimo, però, è neutro, passa inosservato e non si distingue.
    Il carico di pensieri è sviscerato senza essere pertinente al tema, perché la paura non è impressa, né affrontata tra le righe; ciò che affiora dal componimento, se non altro, è l’evidente rilevanza acquisita dalla ricerca e dalla speranza, come conseguenze o effetto del timore della perdita, eppure non affrontate in modo che definissero quest’ultima con mezzi e scelte lessicali appropriate.
    Le proposizioni raccolgono spesso più di una reggente all’interno del periodo e questo penalizza per via del regolamento, poiché ad ogni parola è affidata una sola ed esclusiva frase. Il narrato procede senza entrare nel vivo del racconto, regalando poche emozioni definite; concettualmente, non si nota un vero e proprio filo conduttore che dia una sequenzialità profonda al complesso dell’elaborato. Le opzioni di scrittura non esplicano originalità e appare evidente che la decisione di approcciare il tema sia stata presa con l’intento di “giocare in difesa”, senza conferire un’impronta personalizzata.
    L’incipit, non contraddittorio rispetto alle frasi restanti, è forse l’unica proposizione che rientra in modo integro nella traccia da consegnare, nonostante la “paura” sia enunciata e non suggerita da una precisa atmosfera di disagio. È esposta come una notizia, senza strascichi o coinvolgimento; quanto ai personaggi, non viene offerto un loro spaccato concreto che sappia distinguerli e fornire una vera e propria caratterizzazione.
    Le ripetizioni non sortiscono l’effetto della sorpresa o di stentoree metafore foniche a giustificazione degli elementi narrativi; si adagiano nel già detto, risultando un po’ fastidiose alla lettura, sebbene siano volute nel ribadire la nomea di Sasuke e la percezione vischiosa del pregiudizio, che infesta il villaggio della Foglia. Il bacio stona con il resto; risulta un po’ gratuito, come facile pretesto per concludere gli eventi, in maniera frettolosa. Le motivazioni di quest’impressione derivano dal pacing e dall’improvvisa svolta della chiusura, non preannunciata, per quanto intuibile nel retroscena.
    L’interazione in chiave rosa toglie mordente a una costruzione che non fa della suggestione il suo fine principale. Per ognuna ci si focalizza su un’idea che nell’interezza, invece, non rende, saltando da una location all’altra, con uno sbalzo un po’ fuorviante. Il tentativo di raccontare una mole di eventi ragguardevole in confronto allo spazio dato, ha influito parecchio sull’esito della prova, mozzandone le potenzialità.
    Voto: 5,5
    Media: 5,5

    Classifica
    Guinea: 7,25
    Mikki: 7,1
    Luthien: 5,5
    Light: 5,25
    ***
    I primi tre classificati e i partecipanti hanno diritto a dei punti, da richiedere nell'apposita discussione.



    Partecipate ai contest di novembre!

     
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12 replies since 1/10/2014, 14:38   378 views
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