Giocata n.10, gen:hentai, Pg asta: Koichi x Sarah

Koichi di Dark_Knight X Sarah di Xasar

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  1. Dark_knight
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    Giocata Numero: 10
    Personaggio Asta: Koichi Kurosawa
    Roler del personaggio: Dark_knight
    Genere: Hentai
    Vincitore: Sarah di Xasar

    Offerte che sono state fatte al personaggio d'asta:

    Offerte al Pg:
    -Una Nodachi in ko-midare, una Odachi a kaen bōshi, quattro lame Daito e una Sho-to in gunome-ha, una Honjo Masamune. Per ogni spada citata un fodero nero con decorazioni incise a completa, totale e libera scelta.
    -Un'uniforme consona per gli allentamenti.
    -Lezioni di Kenjutsu dal più grande insegnante sulla piazza.
    -Un succulento equipaggiamento ed una cavalcatura su AVROS.

    Offerte al roler:
    -Un disegno quanto più dettagliato possibile di Nicholai X Crystal
    -Una fan fiction su Koichi e Kuroi
    -Una cena offerta da lei a base di pesce, in uno dei più costosi ristoranti del pianeta (aggiunta a cura di Dark)
    -una Gaffe paurosa di Kuroi nella role Kuroi x Koichi
    -3 capitoli di QUELLA Fan Fiction xD

    Motivazione della scelta: "Si sarebbe dato dello sciocco a non tentare nemmeno di far sue le lame promesse... erano un'offerta troppo appetitosa per essere lasciata lì, e forse l'unica occasione della sua vita per venire in possesso di oggetti così rari, antichi e preziosi. Ma avrebbe mentito a sè stesso se avesse detto di aver accettato per un puro discorso materiale. C'era qualcosa che gli puzzava in quella ragazza... e qualsiasi cosa fosse, voleva vederci chiaro."
     
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  2. Dark_knight
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    Il dojo del perenne squattrinato club di kendo dell'Istituto Superiore Moguri consiste, oltre che della stanza principale d'allenamento, in due spogliatoi separati ed una stanza più piccola per gli attrezzi sia relativi al kendo che alla pulizia del locale.

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    Koichi

    Koichi, una volta terminata l'asta, s'era premurato di far lasciare alla ragazza vestita di rosso un piccolo fogliettino.
    Su di esso aveva scritto a penna l'indirizzo della sua scuola superiore (in cui s'era trasferito da poco più di un mese), una data, un'orario (nel dettaglio le 18 del pomeriggio) e - evidenziato da una sottolineatura - il luogo specifico: il dojo di kendo.
    Lì la calma avrebbe regnato sovrana; quel giorno sarebbe toccato a lui il turno delle pulizie, ed a quell'ora non sarebbe comunque più arrivato nessuno. La scuola sarebbe stata semi deserta.
    Avrebbe optato per il dojo presente a casa sua, ma la possibilità che qualcuno del personale domestico potesse vederlo era alta, e lui non voleva rischiare.

    Con un senso d'inquietudine che lo assaliva, Koichi tornò a vivere la sua vita più normalmente che poteva. Cercò di non pensarci troppo... ma quando la sua mente era poco impegnata, il pensiero che lo assaliva era costante: lei. L'alone di mistero che la circondava era opprimente, devastante... una novità nella sua vita, così priva di persone che spiccassero nei suoi pensieri.
    E, paradossalmente, più cercava di non pensarci, di non darle importanza, più il suo sforzo diventava vano ed effimero...

    I pochi giorni che lo seperavano dall'incontro si susseguirono lenti, dilatati... finchè finalmente arrivò la data concordata.

    Gli era stato complicato riuscire a dormire... tanto che alle 5 del mattino s'era già arreso all'idea di alzarsi. Stranamente non avvertì minimamente la stanchezza... solo la tensione che, per sua fortuna, lo teneva più che sveglio.
    Il suo orgoglio gli impedì d'ammettere a sè stesso quanto una sconosciuta - di cui non conosceva nemmeno il nome - l'avesse colpito. Koichi poteva considerarsi una personalità magnetica... la gente lo temeva, lo amava o l'odiava, ma difficilmente poteva rimanergli indifferente. Ora sapeva cosa voleva dire.

    Fece colazione svogliato, distratto... così distratto che, quando gli venne presentato del natto - cibo da lui odiato - non fece nemmeno lo sforzo di fare una faccia disgustata, ingurgitandolo come fosse cibo dalla consistenza e dal gusto completamente neutrale.
    Il resto della giornata non si rivelò brillante per Koichi... distratto a lezione, poco partecipe alla vita di classe, aveva finito anche per mangiare in mensa con i suoi compagni di classe, cosa che di solito non faceva mai. Voglia di trovare un posto per pranzare da solo non ne aveva, nemmeno un po'... molto meglio sedersi con gli altri e far finta di essere da solo. Cosa che, preso com'era, gli riuscì perfettamente.

    Solo dopo il termine delle lezioni, il ragazzo sembrò tornare lentamente il solito. Allenarsi nel dojo e sudare per lo sparring che faceva con gli altri iscritti al club furono una dolce medicina per allontanare da sè il pensiero di quella ragazza.
    Pensiero che, puntuale, tornò quando fu di nuovo solo.
    Il dojo, a quell'ora, appariva sempre spettrale e la luce del tramonto - naturalmente giallastra - contribuiva non poco all'atmosfera.
    Koichi sospirò profondamente, cercando di allontanare la tensione... tensione che, lui in particolare, avvertiva in modo tutto strano, anche perchè non era abituato ad essere teso, anzi... erano ben poche le situazioni che potevano vantare simili effetti su di lui.

    Con rapidi movimenti - voleva finire prima dell'arrivo di lei - cominciò a pulire il pavimento con un panno apposito... lì l'uso della scopa era consigliato solo ai novizi, mentre coloro i quali desideravano pulire allenandosi - come lui - passavano il panno con le loro mani, spingendosi avanti con l'ausilio delle gambe. Era parecchio faticoso, ma gratificante al tempo stesso. Ed il risultato, come se non bastasse, era anche visibilmente migliore.
    Riuscì a concludere il lavoro in una decina di minuti scarsi, poi rapidò guardò l'orologio a parete. Le 17:56... mancava poco... ma a lui sembrò che ancora mancasse una vita.
    Si sedette quindi, sbuffando, su una panchina posizionata lì per quei pochi curiosi che seguivano gli allenamenti, con lo sguardo fisso rivolto verso l'unica porta d'entrata. I ticchettii dell'orologio, solitamente impercettibili, risuonarono come lenti rulli di tamburo, scandendo in modo freneticamente interminabile i quattro minuti che lo separavano dall'incontro con la ragazza...
    Persino il bogu, il tradizionale abbigliamento da indossare sotto l'armatura, gli sembrava più pesante del solito, più opprimente... avrebbe desiderato cambiarsi, ma aveva già deciso che avrebbe atteso fino alla fine dell'incontro.

    Fuori i passi di chi si apprestava ad uscire dal perimetro scolastico si facevano sempre più rari... a quell'ora rimanevano solo professori impegnati in riunioni di vario genere, personale di pulizia e pochi studendi come lui.
    Fu quando udì qualcuno incamminarsi in direzione del dojo che Koichi si alzò in piedi, speranzoso. Ed, una volta tanto, le speranze non lo delusero... Lei era lì, davanti a sè. Koichi l'accolse con un lieve sorriso, più di liberazione che altro... sorriso che si spense nel giro di un paio di secondi per lasciare lo spazio alla sua solita espressione disincantata e disillusa. Un'espressione che in pochi, lì dentro, avevano mai visto "Sei venuta...". Dentro sè un turbinio indescrivibile d'emozioni lo colsero impreparato... persino per un attore come lui fu difficile far finta di nulla, ma fece del suo meglio.
    Era emozionato, eccitato, forse un po' intimorito... e non capiva il motivo di nessuna di queste emozioni.
     
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  3. Xasar
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    ~Sarah #1

    Un figlietto con impresso una data, un'ora precisa, un luogo d'incontro. Le venne da sorridere al pensiero di tutte quelle formalità, neanche lei era mai stata così esauriente in mille anni di non vita, doveva decidersi prima o poi a provare anche lei un qual si voglia aggiornamento del suo bon ton. A quanto pareva durante lo scorrere del tempo erano cambiate molte cose, delle quali appena si era resa conto, tanto gli esseri viventi camminavano velocemente accanto a lei, senza toccarla, senza rigare per un istante le sue linee perfette od intaccare la sua giovanilità. Che donna bella ed inquieta che era. Se pensava al ragazzo con cui si sarebbe dovuta incontrare, per poco non aveva uno spasmo di gioia. Tornò pure a sospirare come se fosse ancora una bambina di diciassette anni, come se partecipasse anch'essa ad una di quelle scuole, e le venne da ridere. Futili pensieri, aveva quell'età ormai da così tanto tempo che se fosse invecchiata sarebbe stata soltanto una matusa, una donna dalle mille imperfezioni e ben poche virtù delle quali poteva adesso vantare. Seppur a volte scontenta, altre volte era grata del destino che le era stato riservato: amava essere una vampira e bere il sangue umano, più di qualunque altra cosa in quel misero e decadente mondo che le scivolava tra le mani come polvere d'oro. Preziosità che sperperava per la loro inutilità, per quell'insignificante valore che avevano per lei.
    Si era nutrita prima di recarvisi per l'ora stabilita, non voleva correre il rischio di farsi prendere dal desiderio di appagamento e divorare il ragazzo in un sol boccone. Probabilmente un assaggio ci sarebbe pure stato ma con pazienza, ci voleva un certo tatto e purtroppo Sarah non ne possedeva a sufficienza. Con sè, trasportata da enormi piante rampicanti, c'era una grossa scatola contenente tutti i pegni che ella stessa aveva promesso a quel tale chiamato Koichi. Reperire oggetti così rari non era stato per nulla difficile, poichè facevano parte della sua stessa collezione personale. Aveva deciso di volersene sbarazzare in qualche modo e quell'asta era stato il giusto pretesto per trovare a quelle reliquie un posto migliore dove alloggiare che non fosse la sua temporanea dimora. Era scocciante doversele scarrozzare in giro ogni volta che decideva di spostarsi ed andare a vivere in un altro luogo, senza contare che non aveva avuto mai la reale voglia di pulirle. Tuttavia, per quell'occasione, le aveva completamente rimesse a nuovo, lucidate, ingrassate a dovere per evitare che la ruggine le intaccasse. Erano perfette, forgiate apposta per lei, non avevano mai affrontato una battaglia, neanche una scheggia ma si capiva subito che non erano imitazioni: un'affilatura pressochè perfetta, i motivi delle lame e delle intariature nell'elsa identificavano il loro anno di forgiatura.
    Gioelli come me, che neanche il tempo può sciupare... pensò allegramente mentre camminava a passo lento verso l'istituto superiore Moguri, luogo previsto per l'incontro. Più specificamente era la sua palestra, dove solitamente si svolgevano gli allenamenti di Kendo nel dopo scuola. Certo, doveva immaginarselo che un tipo così interessato dalle armi bianche giapponesi dovesse praticare uno sport simile, anche se lo trovava piùttosto banale non era del tutto decisa a scoraggiarsi. Sicuramente in quell'incontro sarebbe saltato fuori qualcosa di estremamente interessante se non da parte sua, da parte proprio di lei.
    Era quasi l'ora e lei era puntualissima. Oltre ai materiali di primaria necessità aveva voluto indossare un kimono formale dal colore base salmone e dai motivi floreali. Seppur il suo volto occidentale stonasse appena con il tipo di vestiario, la sua bellezza compensava qualunque piccola imperfezione potesse essere carpita in quell'assemblamento di antico e nuovo. Era tranquilla, i suoi occhi non si erano illuminati del loro solito cremisi neanche quando aveva assalito quelle due persona per la strada, portandole allo stremo delle forze, lasciandole poi a terra svenute e completamente inerti. No, non avrebbero ricordato niente dell'accaduto. Sarah non lasciava niente al caso, sapeva come coprire le sue tracce.
    -Buona sera.- esordì con un sorriso compiaciuto, lo sguardo magnetico. Era arrivata in prossimità della palestra, una volta trovata la scuola, e vi era entrata con grazia, calma, solennità, mentre il ragazzo era là ad accoglierla indossando il suo bogu, come se fosse un vero e proprio shogun in tenuta da riposo. Anch'egli aveva l'aria solenne, uno sguardo quasi trionfante, forse per l'attesa e la scoperta dell'arrivo di lei. Non potè che esserne fiera, guardandolo come se nascondesse un pacco di gustosissime fragole dietro la schiena.
    Si permise di entrare, senza badare troppo alle usanze riservate ad un posto del genere. Le piante scomparvero appena dietro la porta -facendo in modo di non essere viste- lasciando così a lei la possibilità di trascinare con una spinta, quel pesante scatolone che si sarebbe dovuta portare dietro fino a quel punto. Era così necessario sembrare una fragile ragazzina? Probabilmente sì.
    -Il mio nome è Sarah Gray, non credo di essermi presentata in precedenza e chiedo il vostro perdono per questa mia mancanza di educazione.- chiese delicata, come un fiore, sfoggiando un suo tiepido sorriso, quasi totalmente ed estremamente fasullo, diretto solo alla calma del proprio interlocutore.
    la sera era scesa, i fiumi del tramonto affioravano e spiravano con tutti gli odori della primavera, dei petali che scendevano notturni. Il sudore, le pulsazioni della sua carne, ogni cosa l'attirava, ogni perduto dettaglio la costringeva di tanto in tanto a fissarlo, desiderare avere il suo collo tra le zanne, tra le mani fredde e conscie della sua fragilità umana.
    -Qui ho ciò che vi ho promesso, venite, non abbiate timore. Non mordo mica.- lo invitò verso di sè facendogli cenno con la mano mentendo con un'abilità pari solo ad un'attrice degna della sua fama. Poteva tradirla soltanto il sorriso che aveva ancora acceso sulle labbra, malizioso, compiaciuto, avrebbe potuto benissimo intimorire colui che aveva la sua stessa età ma vissuta in un'epoca diversa e decisamente molto più moderna di quando non fosse la sua a suo tempo.
    -E' nobile la vostra arte signor Kurosawa. Sono sicura che queste preziose reliquie saranno più comode a voi che a me. Confesso che non vedevo l'ora di sbarazzarmene, sono con me da troppo tempo, prendermene cura è divenuta una scocciatura tremenda. Lieta che abbiate accettato d'incontrarmi, anche se a questo modesto prezzo.- non aspettò più che si avvicinasse lui, non era mai stata una persona propensa ad attendere troppo, così si avviò in sua direzione, girando appena la testa di due terzi, rivolgendogli prettamente l'occhio destro fino a ritrovarsi davanti a lui, perfettamente bilanciata sui suoi calzari. Ghignò brevemente nell'attesa di una sua reazione, non poteva però negare che desiderasse ardentemente il suo sangue. Era solo questione di tempo.
     
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  4. Dark_knight
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    Koichi

    Ora che se l'era ritrovata davanti, e così da vicino, Koichi realizzò quanto Sarah - così aveva dichiarato di chiamarsi - fosse... bella. Anche se, doveva ammetterlo, il concetto di bellezza applicato nei suoi canoni ordinari non rendeva molta giustizia.
    Tratti occidentali, lunghi capelli biondi e un kimono che le calzava a pennello... se solo fosse stato più debole, il ragazzo non avrebbe potuto impedire d'imbarazzarsi e diventare rosso in volto. Per sua fortuna, invece, riuscì a mantenere quel tanto che bastava la sua freddezza... Koichi era una creatura che basava gran parte della propria esistenza sull'orgoglio, sul riconoscimento delle proprie capacità. Egoisticamente, lui era la persona più importante nel suo universo... e nonostante trovasse a dir poco magnetica la ragazza che aveva di fronte, gli fu parecchio facile ed automatico categorizzarla ed etichettarla come "gli altri".

    Attese qualche istante prima di ricambiare quel saluto. I suoi occhi, inevitabilmente, scorsero su di lei, dedicando attenzione alla cassa che ella s'era portata dietro solo in un momento successivo.
    Ebbe l'impressione che il tempo fosse diventato immoto, vittima di una stregoneria o di un qualche incantesimo... lei poteva muoversi liberamente, mentre i suoi muscoli parvero come paralizzati. Il buonsenso gli disse che avrebbe dovuto darle una mano a trascinare quella - apparentemente - pesante cassa.
    Ma tutto ciò che uscì fu un "Buona sera a voi...". Cordiale, ma privo di altre emozioni. I suoi occhi erano concentrati sull'insieme di quella persona, dando l'impressione di osservare il vuoto.
    Solo ora si era ricordato di rivolgersi a lei dandole del voi. Prima le aveva dato del tu, senza nemmeno pensarci troppo...

    "Non dovete preoccuparvi, signorina Grey. Io sono Koichi Kurosawa, 2° dan nelle arti marziali del kendo e dello iaido... sono felice di avervi qui." sempre cordiale, le sue erano solo una serie di ovvietà scontate od inutili ai fini del loro incontro, una risposta alla presentazione di lei... ma riuscì comunque ad associare un mezzo sorriso a tutto ciò. L'unica cosa che gli risuonò veramente strana era il modo in cui lui si stava appellando a Sarah. Signorina? Non era una cosa che faceva spesso... sopratutto con una ragazza che, pressapoco, doveva avere la sua età. Inoltre lei sapeva già chi era lui... ma essendosi presentata ufficialmente fu una forma di sentito rispetto a cui non poter rinunciare.

    Ora ne aveva la conferma. In quel grosso scatolone c'erano le spade promesse... ma non dedicò che uno sguardo distratto, assente. Poteva anche apparire che Koichi avesse accettato per quelle spade, ma così in realtà non era... o almeno non del tutto. Se aveva accettato era perchè... l'ovvio doveva nascondere qualcosa. Chiunque avesse offerto qualcosa all'asta era interessato a Koichi, in una certa misura. Lei perchè lo era? Perchè era disposta a separarsi da beni così preziosi pur di incontrarlo?
    "Voi mi rendete onore nel passare a me qualcosa di così prezioso. Potete credermi: le custodirò gelosamente finchè avrò vita." promise serio, con uno sguardo carico di determinazione e decisione.

    "Ora però... non vorrei sembrarvi troppo scortese..." Koichi era stato invitato ad avvicinarsi, ma qualcosa glielo impediva... aveva fatto, sì e no, un paio di passi. Avendola resa impaziente, fu Sarah stessa che cominciò ad approcciarlo, passo dopo passo. La vide sorridere... anzi no, non era un sorriso normale. Somigliava più ad un ghigno, o qualcosa del genere. "Nè vorrei apparire troppo egocentrico..." deglutì rumorosamente, rimanendo fermo, non riuscendo più a proseguire. "Ma... non riesco a non domandarmi del perchè abbiate voluto incontrarmi. Potete soddisfare la mia curiosità?" chiese gentile, mentre ormai lei era arrivata davanti a lui, con il capo leggermente girato, guardandolo solamente con un occhio.
    Adesso che ce l'aveva vicina, molto vicina, l'impressione di non avere a che fare con un'ordinaria ragazzina era lampante. Chiunque avrebbe potuto scambiare Koichi per un ragazzo più adulto per via del suo modo di parlare, per la maturità che dimostrava in ogni sua attività ed interesse... a tradirlo solo il suo fisico, palesemente quello di un adolescente. Lei, invece? Lei non sorrideva e non si muoveva come una normale ragazza... non di quelle che vedeva solitamente Koichi, quantomeno. Movimenti calcolati ma fluidi, sorrisi caldi ma freddi al tempo stesso... un mistero vivente, davanti a lui in quel momento. Senza contare che, nel profondo, qualcosa gli diceva che c'era qualcosa di... diverso in Sarah.

    Erano in molti a classificare le arti marziali come un modo per allenare il fisico, oppure per migliorare la disciplina tanto cara al modello tipico giapponese. Ma lui aveva fatto propria ogni lezione, ogni insegnamento... il suo corpo si era sviluppato per diventare tutt'uno con una fredda lama, e la sua mente s'era affinata giorno dopo giorno, in modo del tutto inconsapevole. Gli capitava, quindi, di avere sensazioni che non riusciva a spiegare.

    Poi gli occhi caddero nuovamente sullo scatolone. Se davvero lì dentro c'erano spade antichissime, come faceva lei ad esserne entrata in possesso? Non erano oggetti che potevano entrare con facilità nelle mani di un dan professionista, figuriamoci di una ragazzina. "Chi... sei tu, veramente?" chiese infine, indietreggiando di un mezzo passo, istintivamente, dimenticandosi anche delle buone maniere.
     
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  5. Xasar
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    ~Sarah #2

    La salutò con gentilezza, stranamente tornando a darle del voi, come se si fosse reso conto che davanti a persone di sua NON conoscienza dovesse quantomento mantenere una qual si voglia forma di rispetto. Gli sorrideva come se si fosse effettivamente aspettata tutto ciò, come se il dojo non la sorprendesse, come se volesse essere lei cortese ma in un qual modo abbastanza inquietante da scuotere in lui qualche senso di allarme. Voleva che se ne accorgesse sì, ma per gradi.
    Aveva bellamente notato la sua inziale sorpresa dipinta nei suoi occhi, nella sua espressione che cercava di celare i suoi veri istinti, le sue vere preoccupazioni nell'interagire direttamente con lei, perchè non sapeva cosa fosse. Comprensibile, egli non aveva la più pallida idea della natura che la caratterizzava, del tutto normale che potesse esserne anche solo lievemente intimorito o preoccupato, non sarebbe stato nè umano nè saggio. Faceva bene ad essere così com'era, pieni di dubbi, pieni di paure e non mostrarle troppo al mondo. Qualcuno, senza nominare lei, se ne sarebbe potuto accorgere ed approfittarsene. Eppure a lei si mostrava cordiale e privo di emozioni... Che ragazzo interessante.
    Scostò un ciuffetto dei suoi lunghi capelli castani da davanti agli occhi prima di voltare nuovamente la testa verso di lui, senza far calare ombre sul proprio lucente sorriso che adesso iniziava ad essere un po' inadatto alla situazione, quasi fosse in essa dipinto ed indelebile, come scolpito sul volto di una bambola immortale.
    -Già vi conosco, non avete bisogni di esprimere simili formalità.- rispose lei in altrettanta cordialità mentre continuava ora la sua avanzata, dolcemente, leggera, come se fosse sospinta da un vento magico, quasi fluttuasse sul pavimento, ma in realtà non stava che camminando, felpata come una lince in mezzo alle steppe, verso la sua preda, il ragazzo che aveva forse avuto l'incoscienza o il sangue freddo di accettare d'incontrarla.
    La riempì di promesse, di frasi ricolme di gratitudine delle quali avrebbe volentieri potuto fare a meno. Sinceramente non le interessava della fine che avrebbero fatto le sue spade, era una persona che si stufava velocemente delle cose che possedeva, tanto che erano state molte le dimore che aveva cambiato, così come il loro arredamento. Quelle aveva continuato a portarsele dietro solo perchè invocavano in lei un certo fascino che col passare degli anni e dei secoli era svanito, lasciando spazio solo alla frustrazione del doversele continuare a portare di luogo in luogo, con un dispiacere di doverle abbandonare che non aveva paragoni. Trovare qualcuno che avrebbe avuto per loro molta più cura di quella che non sarebbe riuscita ella a dare, non le faceva che piacere.
    -Ne confido.- aveva risposto semplicemente a tutto quel discorso, notando la sua carica, la decisione con la quale aveva conlcuso e parlato. Ora però le chiese quasi una cortesia, quella domanda che porse mentre lei avanzava verso di lui, dando modo di guardarlo intensamente, rivolgendogli un approccio diverso che avrebbe usato con altre persone, ma.... la curiosità era veramente una brutta bestia.
    Non farlo Koichi... potresti pentirtene. A volte è meglio non fare domande, lasciare che la vita scorra davanti agli occhi e tra le mani senza pensare a chi decida che sia così. Non è bene sapere i segreti del mondo, così come una persona è più felice di vivere nella propria ignoranza che sapere quanto dolore si cela nel mondo prima di dispiacersi per esso e farsi innumerevoli danze mentali su come risolvere il problema. una gentilezza a lui rivolta che non espresse. Lo guardava, ancora con un sorriso dipinto sulle labbra, un gioco di colori che invadeva i suoi occhi castani, ora che iniziavano a impregnarsi lentamente di quel cremisi che la caratterizzava nella sua forma vampirica meno celata. Sì, era stramaledettamente curioso di sapere chi essa fosse e da saggio si era trasformato in vero stolto. Impulsivo, troppo sicuro forse di ricevere una risposta positiva ed aveva indietreggiato appena nel pronunciarsi Per l'amor del cielo non farlo.

    Chi... sei tu, veramente?



    -Uh...- disse semplicemente Sarah abbassando lo sguardo per un breve istante, chiudendo i suoi occhi in un piccolo sbuffo vocale. Erroneamente il ragazzo aveva agito, aveva proferito parole che non sarebbero mai dovute uscire dalla sua bocca mettendola così nell'antipatica situazione di doverlo per forza di cose accontentare.
    Dal pavimento interamente composto di parquet, chiamato tatami, avevano iniziato la loro crescita 6 grossi arbusti interamente composti di spine. All'apparenza, ad un occhio inesperto sarebbero sembrati Rubus ulmifolius ma nel loro sbocciare, i fiori si erano dimostrati piccoli di colore intenso come il sangue, protetti da spini uncinati e arcuati.
    Rosa spina. nel solo pensiero che venne rivolto a quell'arbusto, c'era tutta la gentilezza che serviva per non ferire troppo il ragazzo che adesso ne era stato completamente avvolto, immobilizzandone le braccia, le gambe e qualunque tantivo possibile di fuga che gli si sarebbe presentato.
    Sfiorò appena la morbida sua guancia con il dorso dell'indice e del medio, captando il suo calore a puro contrasto con il freddo pungente della propria pelle morta. Gli occhi ora erno cremisi, quasi di una fluorescenza animalesca e il suo sorriso, pronunciandosi maggiormente, aveva scoperto i suoi denti, rivelando i suoi canini, lunghi, acuminati come aghi ipodermici, pronti a morderlo, ma non lo fece.
    -Potrei lasciarvi indovinare ma il nostro tempo a disposizione è limitato. Lasciate dunque che vi risponda nel modo che meglio conosco.- aprì lentamente la bocca mentre avvicinava il viso al suo collo. Con la lingua leccò avidamente l'unica parte scoperta della sua pelle che non fosse invasa dalle spine, mentre con la mano si aiutava a scostare il colletto della sua tuta da kendo. Assaporò il suo gusto giovane, l'odore della fatica, il sapore salmastro. Sensuale, dolce come un'amante e affrontò i suoi denti nelal carne, squarciando la sua gola avendo cura di non prendere alcun punto vitale, si sarebbe accontentata di una piccola dose del suo prezioso sangue, giusto uno sfizio personale, un po' un'aperitivo prima della vera cena. Gli amari fluidi scorsero all'interno della sua bocca e deglutì, stringendo Koichi al proprio petto, mentre le rose spinate si dissolvevano dal suo corpo, non ferito, protetto dal bogu spesso e pesante, ma lei non lo avrebbe certo lasciato andare, non subito per il momento. Ed ecco che staccò la sua bocca dal suo collo, ferita che si curò immediatamente grazie ai suoi particolari poteri, per poi strusciare la sua bocca insanguinata verso il lobo del suo orecchio poco distante, sussurrando poche ma semplici parole -Soddisfatto dell'inferno? Sono un'antica vampira, se ancora non l'avete capito.- soffiò dolcemente nel suo orecchio, procatoriamente e rise, una risata sommessa e soddisfatta mentre lo cingeva a sè, forse per sorreggerlo, per non farlo fuggire eppure a lui sarebbe bastato veramente poco per evadere da lei, da quella realtà. Si sarebbe abbandonato all'incredula follia?
     
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  6. Dark_knight
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    Koichi

    Di ciò che accadde dopo... nulla aveva un senso logico.

    Sarah, l'apparentemente innocua ragazzina che aveva davanti, guardò in basso, sbuffando appena. Koichi, che ormai aveva già indietreggiato di un passo, credette di averla ferita... e per un istante arrivò quasi a dispiacersi di aver dubitato di lei. D'altronde, pensò lui razionalmente, al massimo poteva essere figlia di un capo della yakuza, nulla più. Ma si sbagliava. E di grosso anche.

    Dal suolo cominciò a sentire uno strano rumore, e gli venne istintivo guardare subito nella direzione, incapace di realizzare ciò che stesse accadendo. Nonostante i suoi riflessi, la cosa risultò così improvvisa da non lasciargli il tempo di agire, ed in pochissimi istanti il suo corpo era avviluppato da... alberi?
    In definitiva, si ritrovò immobilizzato in un solo secondo, con gli occhi spalancati dall'incredulità... e perchè no, anche dalla paura.

    Paura... quando era stata l'ultima volta che aveva avuto paura? Difficile ricordarselo in quel momento... la paura che aveva adesso era quella di impazzire, di trovarsi in un incubo. Uno di quelli da cui era impossibile svegliarsi. "Non è... possibile!" disse a bassa voce, quasi per cercare di costringere la sua mente a non cedere, a liberarsi da quello che altrimenti non poteva essere definito come allucinazione. Anche il capo era praticamente immobilizzato...
    Tenne gli occhi fissi su di lei, su Sarah... che diavolo era in realtà? Che cosa aveva fatto lui per meritarsi un simile trattamento da parte sua?
    Non aveva risposte a queste domande... e si trattenne dal porle a lei, perchè immaginava che non avrebbe risposto facilmente.

    Ed ora? I secondi si stavano dilatando come fossero ore... il suo sguardo cercava di tenere a freno un'espressione impaurita, non volendole dare la soddisfazione di urlare come un ossesso per avere salva la vita.

    Vide arrivare verso il suo volto la sua mano... istintivamente chiuse gli occhi, aspettandosi il peggio. Il cuore pompava velocemente, mentre l'adrenalina scorreva in ogni fibra del suo essere.
    Con non poca sorpresa, quello che avvertì non fu uno schiaffo o un pugno... ma una carezza. Aprì piano gli occhi, incredulo... le dita di lei erano... fredde. Fredde come se tenute fuori al freddo per ore, ma non poteva essere il suo caso ovviamente, visto che il tempo era mite. "Non... non toccarmi!" replicò lui schifato, ancora intento a nascondere la paura che covava dentro, merito anche della rabbia che, lentamente ed in un angolo remoto, stava cominciando a divorarlo. Realizzò per la prima volta in quel momento che detestava il tocco degli altri... erano anni che nessuno, se non per sbaglio, lo toccava direttamente sulla pelle... gli sembrava un modo per avvicinarsi a lui, quasi per consolarlo... Era come se lei stesse cercando un contatto con Koichi, ma lui era troppo chiuso in sè stesso anche solo per fingere di apprezzare un simile gesto, indipendentemente dalla situazione.

    Solo in un secondo momento la guardò diretta negli occhi, diventati improvvisamente rossi... non importava che tonalità avessero di preciso, ma qualunque fosse stata, sarebbe a lui sembrata quella scarlatta del sangue. Ed il dettaglio successivo quasi lo fece vomitare dalla tensione... i suoi canini erano aguzzi come mai ne aveva visti prima, e la parola che gli illuminò il volto di sorpresa era sulla punta della sua lingua. Vampiro.
    Ignorò le parole che seguirono la sua scoperta, trattenendosi al meglio delle sue possibilità per non impazzire.. aggrappandosi alla sua sanità mentale meglio che poteva.

    Ciò che successe dopo lo sconvolse così tanto da indurlo a piangere dalla felicità.

    Inaspettato ma aspettato allo stesso tempo, vide distintamente la vampira avvicinarsi al suo collo. Glielo leccò avidamente, facendolo gemere di piacere e di terrore al tempo stesso. "No... non... farlo..." disse in un filo di voce lievemente tremante.
    Pochi, pochissimi istanti dopo, Koichi avvertì una sensazione indescrivibile a semplici parole.
    Sentì la carne squarciarsi come carta, sentendola distintamente aprirsi tra i denti di Sarah. Chiuse gli occhi, gemendo nuovamente per quella sensazione indecifrabile, poi la sua mente si abbandonò completamente all'idea di essere il pasto di una vampira.
    Morse il suo stesso labbro inferiore per non far godere alla carnefice i suoni che emetteva in modo incontrollabile. Sentiva, lentamente, il sangue che sgorgava dal suo corpo, e percepiva in modo preciso che lei lo stava inghiottendo, buttandolo giù come fosse acqua fresca in piena estate.

    Fu in quel momento che due sottili lacrime gli rigarono il viso. La vita era stata beffarda con lui... Koichi aveva schivato per tutta la vita il contatto con gli altri, e non solo fisicamente parlando. Ed ora che stava per morire, si trovava in contatto così stretto con una sconosciuta... si sentiva una cosa sola con lei... la odiava... ma la stava amando al tempo stesso, per avergli concesso un simile piacere prima della morte. Il piacere di un contatto, per quanto unico e particolare come quello.

    Ed ecco che, quando ormai si era quasi abbandonato all'idea di morire in quel modo, Sarah smise di nutrirsi. Avvertì una sorta di sgradevole bruciore che, nonostante la breve durata, fu sufficiente per riportarlo alla realtà...
    Le piante attorno a lui si dissolsero, così com'erano arrivate, lasciando il giovane Koichi al freddo... ma non per molto. Con sua enorme sorpresa si ritrovò tra le braccia di lei.
    Nonostante il suo corpo freddo, si sentiva avvolto da una gradevole sensazione di tepore, a lui sconosciuta e nuova... se quello era stato l'inferno, come lei aveva appena sostenuto, adesso doveva trovarsi in paradiso.

    Il ragazzo, ancora scosso, rispose all'abbraccio. Decise, senza pensarlo veramente, di cingerla a sua volta, stringendola usando solo il braccio destro... l'altro, come a voler sottolineare l'indecisione, rimase a penzoloni.

    Non rispose a quella domanda per ora. Si limitò ad un "Ti odio..." pronunciato a bassa voce, in modo involontariamente sensuale... si sentiva tradito, stuprato, come se qualcuno gli avesse rubato la sua prima volta. E quel qualcuno, inutile specificarlo, era lei...
    Ma in fondo sapeva che, se il cuore gli batteva così forte, non era per la paura di morire... era per il calore che stava avvertendo anche in quel momento. Che fosse solo un'illusione o realtà non era cosa di cui voleva curarsi. "Dammi un motivo... ti prego..." il non riuscire a spiegarsi le cose era una cosa terrificante per chiunque, sopratutto per uno come Koichi. Perchè l'aveva morso e risparmiato? Perchè aveva voluto incontrare proprio lui? Perchè ora lo stava cingendo a sè, come mai nessuno aveva fatto prima?
    Ma se il comportamento di Sarah era apparentemente inspiegabile, il suo non era da meno. Forse voleva anche lui godersi un abbraccio, una volta nella vita?

    Con il cuore ancora impazzito per tutte le ragioni sbagliate, Koichi la strinse con entrambe le braccia... come se fosse lui adesso a non volerla lasciare andar via. Le sue mani poggiavano sulla di lei schiena, all'altezza delle scapole... ed attraverso lo spessore del kimono tentarono di graffiarla come un gatto alle prese con un divano, con scarso successo.

    Non la guardò in volto... non ci sarebbe riuscito in quel momento... piuttosto, in un modo che non doveva appartenere ad uno come lui, poggiò una guancia sopra la spalla minuta di lei. Lo sguardo perso nel vuoto, come incantato, ammaliato... aveva detto di odiarla. Non solo era vero in parte, ma in realtà era lui ad odiarsi terribilmente. Si sentiva debole, esposto, vulnerabile, mortale più che mai... non si sentiva più Koichi Kurosawa. E la cosa gli fece paura.

    Qualunque osservatore avrebbe scambiato i due per degli innamorati, o al massimo amici stretti. Nessuno invece avrebbe scommesso un solo yen sull'abbinamento "vampira + mortale appena scampato dalle sue fauci".
     
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  7. Xasar
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    ~Sarah #3

    Quando ella ritrasse i suoi denti, serrandoli nella propria bocca e sorreggendo quel corpo quasi straziato, rimase immobile. Lo guardò senza esprimere niente, nè rabbia, nè dolore, nè sconforto, nè commozione. Sostava lì, comodamente adagiato sui suoi avambracci, con la testa che pain piano si appoggiava alle sue piccole spalle, con gli occhi che avevano pianto, che avevano pregato un suo ripensamento.
    Un primo contatto che era stato rifiutato, una carezza data per testarlo e niente di più. Le era apparso quasi disgustato e non aveva apprezzato molto la sua reazione, tuttavia evitò di aggiungere parole che avrebbero potuto turbarlo più di quanto già non avevano fatto. Tremante, ecco come poteva descriverlo nei pochi attimi prima che ella lo mordesse, penetrandolo con i propri canini, ascoltando le suppliche sul non adempire ad un simile atto. Una gioia per le proprie orecchie e quel suo sangue... una festa per il palato. Creolo, saporito, qualcosa che a stento favoriva a non gustarsi. Eppure in tutta quella scena così filantropica, i suoi sensi si abbandonarono all'oblio, alla passione tale del piacere che la sua stessa linfa provocava in lei, l'eccitazione del momento e della rievocazione dei suoi stramaledetti ricordi. Che cos'è un ricordo? se lo domandava spesso, purtroppo senza mai ricevere le risposte adeguate. Era chiaro ormai che quando al mondo si chiedeva una più che meno illusoria spiegazione, erano meno le volte in cui qualcuno si sognava di aprire bocca e accontentaci, di quelle in cui tutto taceva, violento e imperfetto.
    Si sentì stringere una volta che quell'atto fu concluso, all'altezza delle scapole, come se non servissero parole, solo una piacevole stretta. Un'amante improvvisato, ancora casto e puro che nonostante tutto aveva provato cosa volesse dire il bacio estremo, fornendo a lei sussistenza e provando il vero piacere dei sensi. Forse aveva erroneamente pensato che lei lo avrebbe ucciso, perchè altrimenti non si spiegata quel misto insensato di azioni da parte sua, ma era in ogni caso comprensibile, chiunque sarebbe stato spaventato davanti ad una vampira, davanti a lei... davanti alla morte.
    -Non aver paura.- si sentì di dire semplicemente, alzando una mano dalla sua schiena e portandola leggera, delicata e dolce alla sua testa, carezzandogli appena i capelli, quasi come una madre amorevole. Sarebbe stata una stolta lei se lo avesse ucciso per un semplice capriccio. Non aveva fatto niente di male se non accettare l'offerta di lei, vampira millenaria e dalla sete insaziabile. Eppure lei non si sentiva compassionevole, nè provava pietà. Era semplicemente tranquilla, come se quella fosse una scena vista tutti i giorni, vissuta ogni singolo istante della sua esistenza. Gli umani erano semplicemente tutti uguali, potevano differire di pochi dettagli, ma in maniera così insignificante che non aveva neanche il desiderio di citarle.
    Alla sua domanda non rispose, si limitò ad odiarla e, per quanto comprensibile fosse, lasciò severamente la ragazza con l'amaro in bocca, un retrogusto che si sarebbe dovuta aspettare una volta assaggiato quello che doveva. Lo guardò assottigliando gli occhi dolcemente, accasciandosi a terra con le ginocchia, portando egli con sè, facendolo accomodare sul tatami freddo, la testa poggiata ancora sulla sua spalla, ma le gambe a terra. Con la mao sulla nuca lo strinse a sè, strusciandosi appena al lobo del suo orecchio mentre il ragazzo risultava quasi evanescente nel suo sussurro, nel suo chiedere spiegazioni, una motivazione, così intensamente, con così tanta caparbietà che riuscì appena a smuoverla. Sbattè gli occhi una, due volte, senza che il morbido e languido sorriso sulle sue labbra venisse intaccato e fu allora che gli baciò al tempia. Esse si poggiarono dolci e delicate sulla sua pelle, non più violente e dure come lo erano state in precedenza, quasi volesse dargli un briciolo di soddisfazione, di dolcezza ed amore che non sarebbe mai riuscita a provare.
    Lo trattenne tra le sue braccia, ascoltando i battiti del suo cuore, invidiandoli per quanto fossero tenaci, quanto esso fosse giovane e forte, persino davanti alla morte. Non riusciva a distaccarsi, non poteva allontanare il corpo caldo del ragazzo dal suo, freddo e senza vita. Chiuse appena gli occhi,, assaporando il suo odore, il suo sapore, mentre le labbra appena si aprivano, scostandosi, sibilando appena ma in modo comunque potesse sentire -Questa è la mia natura... e mi piace.- eccolo, il motivo che cercava della sua aggressione, Sarah gliel'avrebbe spiegato senza tanti problemi o giri di parole -Oltretutto la curiosità con la quale vi siete posto... mi ha spinto a rispondervi nell'unico modo in cui ero sicura che mi avreste creduto.- quasi canticchiò il suo ultimo concetto, quasi a voler fare dell'auto-ironia. Riaprì gli occhi sorridendogli senza scoprire i propri canini, seppur conscia che ormai conoscesse il suo segreto. Girò appena la testa del ragazzo, costringendolo a guardarla negli occhi, sollevandolo da quel giaciglio che era diventato la sua spalla coperta dal kimono. Il viso grazioso di lui divenne per lei nuovamente irresistibile a tal punto che dovette trattenersi dal desiderio di morderlo di nuovo. Fosse stato per lei, l'avrebbe sfinito dei suoi stessi baci immortali, fino a lasciargli poche insignificanti gocce di vita, ma non poteva e non voleva.
    Odiami pure... odiami con tutte le tue forze...
    -Ne avete avuto abbastanza? Era per questo che avete voluto incontrarmi. Lo so, non c'è bisogno che mentiate con me. Eravate sì ansioso di ricevere le spade, ma anche di scoprire il mio segreto. Io invece ho scelto di incontrarvi perchè vi ritenevo un uomo degno di ricevere la mia presenza, di accogliere questo mio bacio e goderne i prezzo senza doversi far strappare la vita. La domanda è... ora che lo sapete, cosa ne farete? Lo direte a chiunque per darmi la caccia?- abbassò nuovamente la mano nel dirlo, stringendolo a sè per le spalle, percependo i propri seni aderire perfettamente al petto di lui, ogni sua curva riempita da quelle dell'altro. Il suo odore fresco di sangue riempire le sue narici. Per un attimo lo confuse con il proprio per rivedere quella scena dentro di sè, quel giorno che non sarebbe mai dovuto avvenire. Non sarebbe vampira oggi, non avrebbe aggredico Koichi.
    Stringiti a me... liberati dell'angoscia di cui ti ho riempito.
    Sollevò entrambe le braccia, le mani che andarono ad afferrare il suo volto, tenendolo fermo immobile davanti a lei, davanti a quegli occhi che adesso tornavano castani e spenti. fu un attimo. Portò le sue labbra così vicine a quelle di Koichi che per un lungo istante poteva sembrare che un bacio li stesse legando. Si soffermò soltanto davanti ad esse, lasciando che il suo fiato, intriso del sangue del ragazzo, lo invadesse.
    -Oppure volete liberarvi di ogni preoccupazioni divenendo tale l'essere che io stessa sono?- una domanda, un quesito. Sarebbe bastato semplicemente bere il sangue di lei adesso per far chiudere quel ciclo. In cuor suo la bella e fredda vampira, sperava che quello studente potesse fare effettivamente la scelta più saggia.
     
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  8. Dark_knight
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    Koichi

    Man mano che il tempo tra le sue braccia passava, Koichi sentiva la paura scomparire... fu allora che ogni fibra del suo corpo fu costretta ad accettare il fatto che, se il cuore era impazzito, non era per il terrore che inizialmente l'aveva colto completamente impreparato.
    Le parole di lei cercarono di rassicurarlo, dicendogli di non averne... ed, a supporto del fatto, Sarah gli carezzò il capo, passando una mano tra i capelli. Ne avvertiva la freddezza, che tanto aveva odiato di primo impatto...

    Era davvero una vampira... i suoi occhi vuoti, privi di forze per fissare qualcosa o qualcuno, sembravano spenti. Ma rasserenato, si abbandonò ancora di più a lei... fidandosi. Non c'era molto spazio per il suo orgoglio, in quel momento. Anzi. Non ce n'era per nulla.

    La seguì a terra, poggiandosi a terra con le ginocchia... così docilmente che davvero non riuscì a non chiedersi dove fosse il Koichi di sempre. Smise di graffiarla, limitandosi a tenerla stretta a sè. Si sentiva un bambino - il bambino che non era mai stato veramente - in un sogno... un sogno in cui vedeva qualcosa che avrebbe voluto tenere per sè, qualcosa che - forse - aveva sempre desiderato. Ma, razionalmente, sapeva dall'inizio che quel qualcosa era destinato a scomparire al termine del sogno. A svanire con le luci dell'alba, lasciandolo come prima.

    Fu quando avvertì le labbra della vampira sfiorarle una tempia che chiuse gli occhi, accennando ad un sorriso a lei parzialmente nascosto.

    Qualche istante dopo arrivarono, inaspettatamente, le spiegazioni che lui stesso aveva richiesto. Riaprì piano gli occhi, come dopo un lungo sonno, sforzandosi di ascoltarle fino in fondo... di provare a capirle. Avevano un loro senso... Sarah assecondava la sua natura come poteva. Koichi al contrario la sopprimeva, temendola. Tanto, forse, da non sapere quale fosse la propria vera natura...
    "Capisco..." si limitò a dire in un ennesimo sussurro. In effetti non gli bastava come risposta, ammise silenziosamente a sè stesso. Mancava la motivazione del perchè lei avesse voluto incontrarlo.

    Motivazione che arrivò pochi istanti dopo. Non prima, però, di averlo fissato intensamente, con un sorriso. Koichi aprì completamente i suoi occhi, perdendosi in quelli di lei, mentre le proprie labbra disegnavano qualcosa di completamente neutrale. Fu impossibile non accennare ad un tenue rossore sulle gote... sensazione così sconosciuta al ragazzo che fu percepita come uno sgradevole calore.
    Ascoltò le sue parole, incantato come sempre, dedicando tutta l'attenzione che i suoi sensi gli consentivano in quel momento.
    Scosse la testa lievemente, sorridendo in modo così lieve da apparire impercettibile. "No... e a che pro poi?" domandò ad entrambi accennando uno sbuffo che gli uscì dal naso, come il principio di una risata. Non aveva motivo di fare una cosa simile... senza contare che non era abituato a far risolvere agli altri i suoi eventuali problemi. E, solo al pensiero di farlo, avvertiva una morsa gelida attanagliargli lo stomaco.. che fosse qualcosa di simile al senso di colpa? "Se avessi intenzione di nuocervi... preferirei farlo direttamente, non certo tramite qualcun'altro..." il tono di voce si era un po' calmato, ma il cuore continuava a non dargli pace, facendo fluire velocemente nelle sue vene il suo caldo sangue.

    Poteva anche essere lei una vampira e lui un comune mortale, ma Koichi confidava talmente tanto nelle sue abilità che se solo ne avesse avuto l'intenzione, avrebbe davvero potuto credere di avere una possibilità contro lei. Ma, ad ogni modo (e fortunatamente per lui) non v'era traccia di un simile sentimento nella sua persona... poteva odiarla per ciò che gli aveva fatto, forse... ma non a tal punto da volerle far male.

    Stretti com'erano l'uno con l'altra, era facile avvertire - anche attraverso il kimono da lei indossato - le forme femminili che la contraddistinguevano. Erano morbide... inaspettatamente morbide.
    E per quanto lui sapesse che dovevano essere di un freddo cadaverico, non riuscì a non percepire una sorta di confortante calore... che fosse merito del poco sangue che lei aveva preso direttamente dal suo corpo? O magari era frutto della sua immaginazione e nulla più...
    Ma volle con tutte le sue forze pensare che fosse, almeno in parte, merito suo.

    All'improvviso, poi, le mani di Sarah afferrarono il suo volto, tenendolo ben fermo davanti a lei. Mani fredde... più fredde, quantomeno, della sua temperatura corporea. Il suo rossore, non poteva evitarlo, si fece più vivo... sopratutto nel momento in cui le labbra dei due arrivarono quasi a sfiorarsi. Ma non era lussuria quella che provava nei suoi confronti... non gli venne l'istinto di procedere oltre, di tentare di assaggiare le sue labbra - all'apparenza - morbide. Le stesse che, pochi istanti prima, avevano assaggiato il suo sangue bollente... le stesse che emanavano, ora che le aveva così vicine lo percepiva distintamente, un odore ferroso e lontanamente sgradevole.

    Non ebbe tempo comunque di controbattere. Solo sciolse l'abbraccio con cui la cingeva, sentendo già la mancanza di quella sensazione.

    La domanda che arrivò successivamente gli raggelò il sangue nelle vene, ed i suoi occhi mostrarono senza ritegno tutto lo stupore che una simile proposta gli aveva causato. "Io..." il rossore in Koichi si spense così come la luce durante un blackout, mentre il suo tono apparve poco sicuro, dubbioso.
    "Non ho mai desiderato l'immortalità..." confessò subito il ragazzo, calmandosi dopo il panico iniziale. Messo davanti ad un simile bivio, forse in molti avrebbero pregato per diventare un vampiro.

    Lui non aveva legami con nessuno, se non con il suo cognome. Non avrebbe dovuto lasciare nessuno indietro, e avrebbe potuto vivere per sempre... libero, come aveva sempre sognato.
    Ma sarebbe stata davvero vita, la sua? Forse sì... forse no. Ma senza dubbio si sarebbe liberato dalle catene che lo opprimevano non per merito suo, e nell'orgoglio smisurato di Koichi, questa era una cosa difficilmente accettabile. "Sembri avere la mia età..." riflettè poi lui ad alta voce, guardandola con occhi che, pian piano, si stavano addolcendo. Chissà, invece, da quanto tempo Sarah viveva in quelle condizioni... chissà in che modo era stata trasformata in vampiro. Erano domande a cui, lo sapeva, non avrebbe ottenuto risposta. Mai. Tanto che non si sprecò nemmeno di chiederle, temendo comunque di invadere la sua privacy.

    "Voglio liberarmi da solo dai miei demoni, se mai ce la farò. Credo tu..." ma, questa volta, si corresse subito "voi... possiate capire...". Fu lui adesso a prendere l'iniziativa, e con la sua mano sovrastò quella di lei, senza applicare troppa forza.

    Le sorrise in modo sincero per la prima volta. Ma subito il sorriso si fece amaro... Sarah, lui lo sapeva, presto sarebbe andata via. Sentì quasi l'urgenza di dirle chissà cosa... di confessarle che nessuno l'aveva mai abbracciato a quel modo, che nessuno gli aveva mai sfiorato le labbra, che nessuno gli aveva mai toccato il volto. Ma Koichi sapeva anche essere crudelmente realista con sè stesso... quella ragazza che aveva davanti era una vampira, e solo lei poteva sapere da quanti anni stesse calcando il suolo. Di persone come lui, ne era certo, ne aveva incontrate a migliaia, e altre ne avrebbe incontrate in futuro. Si ritrovò a desiderare di poter lasciare un segno su di lei... qualcosa che potesse durare per sempre... proprio come lei aveva fatto con il ragazzo.
    Ma cosa poteva lasciare ad una persona che, potenzialmente, poteva vivere in eterno? La domanda non trovò risposta nella sua testa...

    "Com'è... successo a voi? E' stato... doloroso?" le parole gli sfuggirono dalle labbra senza controllo. Sarah... voleva istintivamente saperne di più. Capire com'era fatta dentro, avvertire un'emozione coglierla nel tono della sua voce... forse non ce l'avrebbe fatta, non s'illuse.
    Si diede dello stupido... solo pochi istanti prima s'era ripromesso di non farle domande simili... ma l'istinto, che solitamente albergava lontano dal suo essere, adesso lo stava facendo agire in modo differente dal solito.
     
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  9. Xasar
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    ~Sarah #4

    La presa di lui si fece morbida, leggera sulle sue spalle, mentre la seguiva a terra completamente accondiscendente. Non si faceva più particolari domande, forse ogni suo dubbio s'era finalmente dissipato. Era arrossito più volte, era dunque così imbarazzato di ricevere le sue attenzioni? Non poteva in alcun modo negare che fosse carino, così come non poteva rifiutare i ricordi che il suo tenero sguardo suscitava nella sua testa. Nel suo volto, nei suoi occhi timorosi ma all'apparenza decisi, quell'orgoglio che si era infranto tra le dita di lei, tutto ciò la portava ad associarlo al fratello perduto, ad Erick.
    Erick...
    Sapeva però che quella visione non era reale: tornò molto in fretta a Koichi, più di quanto si fosse aspettata normalmente. Era giusto... infondo erano diversi. Erick non sarebbe mai arrossito al suo tocco. Aveva vissuto la sua esistenza solo per ritrovarlo, per tornare ad abbracciarlo proprio come ora stava facendo con il ragazzo umano. Chi era tra i due ad aver più bisogno di contatto fisico? Forse entrambi in ugual modo, ma per cause totalmente diverse. Sarah non aveva idea del perché Koichi non avesse rifiutato quel suo abbraccio, nonostante inizialmente -schifato- l'avesse intimata a non toccarlo, ma per lei significava ricevere calore umano, sarebbe andata oltre se fosse stato necessario, non le interessava l'opinione di lui, era un tepore che non avrebbe più vissuto di persona. Ogni carezza, ogni piccolo bacio che gli concedeva, non erano che modi che lei aveva per sentirsi di nuovo umana, ancora capace di provare un sentimento diverso dalla totale apatia per il mondo. Una persona diversa si era da sempre celata in lei, coperta dalla stessa maschera da vampira sadica e crudele che -nella sua malvagia esistenza.- aveva sempre trovato qualcosa che la spingesse ad aprirsi, a rivelare la sua natura inconscia, il suo lato buono.
    Non era mai stava veramente cattiva, così come non aveva mai desiderato essere ciò che era diventata. Una maschera che forse non si sarebbe mai infranta, un destino che sarebbe rimasto immutato. Non sarebbe cambiato mai niente per nessuno al mondo, tanto meno per Koichi.
    Non sarebbe arrivato a nessun orecchio il suo segreto... meglio così.
    Quando ella toccò le sue guance, così calde al suo contatto gelido, proponendogli la vita eterna, si era aspettata quella risposta più di quanto lo fossero state le mani del ragazzo sopra le sue. Che strana ironia nascosta o disillusa la sua. Non lo avrebbe trasformato comunque, neanche se la sua risposta fosse stata . Strano a dirsi, ma non aveva mai concesso quel dono a nessuno e probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Era un passo che non era disposta a fare, non ancora. Non era pronta a legarsi a tal punto, ad avere una relazione così profonda, neanche con qualcuno che fosse così simile all'uomo che aveva amato, d'un amore fraterno, quando era in vita.
    Forse mai o forse un giorno, dipendeva se si sarebbe mai innamorata e di chi. Se fosse stato un essere umano solo allora, per vivere per sempre assieme, per sconfiggere la morte, gli avrebbe dato il suo bacio immortale.
    In un qual modo fu sollevata di quella risposta, così non dovette dirgli l'amara verità, costringendolo a vivere quegli ultimi attimi assieme come un uomo illuso. Lo lasciò semplicemente credere che quell'eventualità sarebbe potuta verificarsi. Fu il momento in cui gli sorrise, dolcemente, come non aveva mai fatto fino a quel momento dal loro incontro. Sincera, come solo lei nella sua immutabile e consacrata esistenza poteva essere.
    Un paradiso destinato a durare quanto un misero sputo di pioggia, un silenzio piacevole rotto da un rombo assordante, un quesito dannato e al tempo stesso sacro. Come hai potuto?
    Flashback veloci, indistinti, che passarono davanti agli occhi di lei, spenti e privi di vivido colore. Poche scene di vita vissuta le furono distinguibili in quell'inferno., eventi che avevano segnato la sua vita e l'inevitabile morte.
    Una corsa in un prato fiorito, isolato e totalmente al sole, attorniato da colline alberi radi, assieme ai due fratelli, i loro sguardi e i volti sorridenti. Un flauto di Pan che cantava le sue soffici note, rispecchiandosi sull'acqua del fossato assieme al suo compositore ed all'ascoltatrice. I canti degli animali che provenivano dal bosco, quante emozioni e quante paure ne erano derivate quando sentiva i lupi ululare e i cervi gemere. Adam ed Erick fare la lotta rotolando giù dalla collina del loro feudo, ridendo come poveri pazzi e lei ad inseguirli ridendo. Infine la promessa che sarebbero stati assieme per sempre tutti e tre, per seguirsi un destino obbligato: sposa a diciassette anni con un uomo più vecchio di ben vent'anni. Il rifiuto... ne seguì poi la sua fuga.
    Quelle scene divennero più nitide... si manifestò un viale alberato di vecchi platani, secchi, nella notte scura e senza luna, ai piedi di una vecchia rocca. Accolta da un uomo bellissimo, giovane, capelli argentei e occhi di ghiaccio che la portò alla sua tavola, una cena con gli ospiti. Non ne rimase neanche uno, tutti vennero impalati come se fossero eretici e lei lì, con la sua paura, incapace di scappare, di reagire. Si lasciò condurre in un corridoio oscuro, difronte ad un grandissimo specchio dove si consumò il suo bacio... era un vampiro. ERA UN VAMPIRO.
    Gli occhi le diventarono lucidi mentre continuava a ricordare l'inferno che divampava. Un letto freddo come la morte sulla quale venne poggiata dopo essere stata quasi dissanguata, poche forze solo per accorgersi quello che stava avvenendo a lei, al suo corpo, ai suoi vestiti... strappati... e lei invece...
    Stupr... con il sapore del sangue di lui più tardi a invaderle la bocca, a rendere eterna quella sua sofferenza, i suoi sogni dannati.
    ...
    Ci fu un'assordante silenzio nel dojo, giunto nell'immediato sussulto.
    Il labbro inferiore di lei tremò per un istante, mentre le sue iridi si stringevano, tingendosi improvvisamente di cremisi scarlatto. Un brivido lungo un'intera vita la percorse interamente e -per la prima volta in quell'incontro- non riuscì, non poté, controbattere. Lo fissò come se egli fosse un essere mostruoso, come se rappresentasse la paura più pura e lasciò andare la presa dalle sue guance così velocemente che parvero scomparire.
    Digrignò i denti, colta da un'improvvisa, strana, rabbia che non le permise di controllare i suoi istinti, la sua sete irrazionale di morte. Pericolosa e mortale... Koichi aveva toccato l'unico argomento che poteva renderla effettivamente tale, non conscio del pericolo che adesso stava correndo.
    Alzò le mani di nuovo al suo volto, stavolta affondando le dita violentemente nella carne morbida delle guance, spaccandola, mentre la sua testa di piegava verso il basso, minacciosa. L'oscurità attorno ai suoi occhi veniva dissipata solo dalla flebile luce che essi emettevano, vivida, eterea, scarlatta.
    Non poteva saperlo... non poteva saperlo... non poteva saperlo... si ripeteva in quel briciolo di sanità che le era rimasta.
    Il silenzio, nessun singhiozzo.
    Non ti ucciderò... come una promessa, come una calma che si era imposta, una pazienza che non sentiva più di avere. Ritirò le dita dalla sua carne dopo aver emesso un mugolio sofferente, simile ad un singhiozzo privo di lacrime.
    Tornò a poggiare i palmi sulle sue guance, mentre il suo potere curava la ferita: non sarebbe rimasta neanche una cicatrice a segnare il suo dolcissimo volto. Con esse sarebbe scomparso anche il dolore.
    -Poteva essere l'ultima volta che facevate una domanda così curiosa e spudorata... E' un consiglio: non immischiatevi in affari e problemi più grandi di voi. Potrebbe esservi fatale...- la sua voce era ora quasi timida, come insicura, mentre accarezzava la sua pelle calda. Non aveva idea con quale forza d'animo era riuscita a placarsi, sapeva solo che era stato necessario. Acquietare il suo animo appena in tempo aveva evitato una tragedia. Odiava non potersi controllare sempre...
    Da un grande potere... derivano grandi problemi e seccature...
    Le veniva da piangere, ma non per Koichi, non per la morte che stava per portare, bensì per il suo maledetto passato che non poteva in alcun modo cambiare. l'avrebbe fatto volentieri, uno sfogo le serviva, ma non l', non con lui... probabilmente da nessuna parte e con nessuno.
    Si alzò in piedi lentamente, senza lasciare la presa su di lui fino all'ultimo momento. Un tocco dolce che svanì com'era iniziato, nel semplice voltargli le spalle. Era tempo di andare, di togliersi da quella situazione ed andare a soddisfare i propri vizi e capricci. Non era mai stata una persona caritatevole, normalmente qualcuno così sfacciato sarebbe morto in pochi secondi, ma nel caso di Koichi aveva una strana sensazione... la coscienza le diceva che se l'avesse fatto, qualcosa sarebbe cambiato drasticamente. Era troppo abituata alla sua immutabile esistenza per accettare dei cambiamenti -sopratutto drastici- senza che qualcuno potesse darle modo di scegliere.
    In questo caso preferiva non rischiare.
    -E' tempo che vada. Per la tua sicurezza meglio se non ci vediamo mai più e se dimentichi quanto avvenuto stasera.- un sospiro. La quiete.
    Nessun rimorso....
     
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  10. Dark_knight
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    Koichi

    Vivere quei momenti con intensità, sapendo che presto sarebbero finiti, era diventato il suo comandamento temporaneo. Avesse saputo che, così facendo, avrebbe rischiato la vita, probabilmente c'avrebbe ripensato più volte. O forse no.

    Tuttavia emozionarsi come mai prima d'ora gli risultava facile, fin troppo.

    Aveva rifiutato, in un moto d'orgoglio, l'immortalità che Sarah sembrava volergli donare... forse se ne sarebbe davvero pentito in futuro, ma il sorriso che lei gli dedicò fu la più dolce delle ricompense per la sua abnegazione. In quel momento realizzò con sicurezza che non avrebbe avuto rimpianti.
    Non sapeva bene come interpretare quel sorriso... ma era certo che avrebbe voluto vederlo più volte nel suo passato. Totalizzare ottimi punteggi nei vari esami che le scuole giapponesi proponevano in modo cadenzato, acquisire alla sua giovane età il rango di 2° dan di kendo, comportarsi educatamente con tutti gli uomini d'affari che incontrava con suo padre... nulla di tutto questo era mai stato sufficiente per una sola parola di conforto, figurarsi per un semplice sorriso sincero.
    Ma, d'altronde, Koichi s'era oramai abituato e rassegnato... lui era solo il rimpiazzo per un morto: suo fratello. Ma un rimpiazzo resta sempre un rimpiazzo... non potrà mai raggiungere l'originale, nè tantomeno sostituirlo per davvero. Provarci era uno sforzo immane, che richiedeva incredibili dosi di sacrificio... in ogni senso possibile del termine.

    Ma, immaginava, la vita di una vampira non doveva essere molto più semplice. E negli occhi lucidi di Sarah, lesse la risposta che voleva...
    Sì. Sicuramente era stato doloroso.
    No. Non era una cosa facile.
    Koichi non era di certo sadico, nè avrebbe avuto motivo di esserlo con lei... tanto che le sue labbra fecero per aprirsi, così da dirle che non importava, e che la sua risposta l'aveva già ottenuta, quantomeno in parte.
    Ma le reazioni della vampira subirono una escalation così rapida che il ragazzo vi si trovò completamente spiazzato di fronte ad esse.
    In un solo, rapidissimo istante, Sarah smise di sfiorargli il volto in quel modo gentile e rassicurante, mentre gli iridi le si tingevano per l'ennesima volta di quel rosso spettrale.
    Nel contempo, le delicate e fredde mani di lei tornarono a toccargli il volto, questa volta martoriandogli le guance con le unghie, con la chiara volontà di ferirlo.

    Spalancò i suoi occhi azzurri, trovandosi nuovamente in una situazione che non potè non giudicare pericolosa. Ma, differentemente dalla prima volta, la sensazione fu molto diversa... più che preoccuparsi per la propria incolumità, si preoccupò seriamente di aver ferito in qualche modo la persona che aveva davanti. Era senza dubbio così, non v'era altra spiegazione.
    Fece tempo solamente a ritrarre la mano che aveva poggiato sopra quella di lei che Sarah lo stupì di nuovo, sembrando risvegliarsi dal torpore innaturale e ferino che l'aveva colta, tornando a poggiare i suoi palmi sul proprio volto. Avvertì nuovamente quella sensazione di calore, percependo quello stimolo bruciante della sua pelle che rimarginava... lo stava curando di nuovo...

    Distolse lo sguardo da lei, come un bambino durante un rimprovero, sentendo le parole della vampira, ma non riuscendo a reagire veramente ad esse. Era solo grato di poter godere ancora del suo tocco... non gli interessava nulla del fatto che lei avesse bevuto il suo sangue prima, o che l'avesse ferito appena pochi istanti fa. Era tutto in secondo piano... era abituato ad essere ferito dalle persone, non c'era nulla di nuovo in quello.
    Mosse i suoi occhi sopra le casse contenenti le spade, realizzando finalmente che non erano quelle ciò che aveva voluto davvero dall'asta... era solo un contatto umano da qualcuno che, attivamente, voleva conoscerlo.
    Ed era ironico pensare come una cosa simile, così calda e piena di sentimento, potesse arrivare da un freddo vampiro costretto a nutrirsi del sangue altrui. Una creatura che, leggendariamente, doveva essere nemica degli umani.

    Solo quando la vide alzarsi, Koichi tornò a guardarla, a voler cercare il suo sguardo come se gli fosse mancato. Ed intimamente lo sapeva... sapeva che il momento dell'addio era arrivato.
    Aveva abbandonato, in passato, compagni di classe, maestri delle più disparate discipline, ed anche un fratello. Ma oggi, per la prima volta, stava odiando quel momento.

    Quella misteriosa ragazza in kimono, dapprima lasciò la presa dal suo volto... poi, in un movimento che parve eterno, gli diede le spalle.
    Il freddo ragazzo si strinse in un abbraccio, come se percepisse il gelo attorno a lui, mentre una sensazione di vuoto già lo pervadeva, ferendolo molto più di quel morso e di quei graffi.
    Tuttavia, nonostante questo, sorrise appena alle parole di Sarah, che gli chiedevano di dimenticarsi di quanto accaduto in quella sede.

    Scosse la testa in segno di diniego, testardo. "Sapevo già dall'inizio che, dopo oggi, non vi avrei più rivisto... e posso accettarlo, capirlo...". Mosse una mano in avanti, facendo un mezzo passo in direzione di lei. Poggiò il palmo tra le sue scapole, con il braccio ben teso, più distante che poteva dalla vampira.
    Il tessuto del kimono era ruvido, spesso... freddo, ma a Koichi parve una delle cose più calde e delicate mai toccate in vita sua. "Ma non dimenticherò mai quanto successo oggi. E' una promessa." sussurrò, sicuro che lei potesse sentire quanto il suo tono era emozionato in quel momento. Occhi umidi, faticava a trattenere le lacrime. "Non... giratevi... lasciatemi la mia dignità di samurai. Ve ne prego..." continuò, sforzandosi con successo di mantenere un tono quantomeno serio ed uniforme, non rotto da singhiozzi od altro.
    Non avrebbe sopportato di farsi vedere in simili condizioni da nessuno, tantomeno proprio da Sarah, persona per cui nutriva un rispetto assoluto. "Siate felice... addio." disse infine. Aveva deciso che quelle sarebbero state le sue ultime parole... sapeva che con una sola parola in più sarebbe scoppiato in lacrime, in un pianto incontrollato.

    E, con il suo cuore, augurò nuovamente felicità per quella persona... perchè per quanto potesse essere una vampira, non poteva non considerare Sarah la più umana delle persone che la vita gli avesse messo davanti.

    Edited by Dark_knight - 10/4/2011, 14:54
     
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  11. Xasar
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    ~Sarah #5

    Obbiettare, a cosa serviva veramente? Gli occhi di lei che si erano trasformati così rapidamente da castano a rosso e viceversa, ora non avevano più il coraggio di guardare in quella direzione che così velocemente aveva rifiutato. Un contatto, un abbraccio quasi eterno, il sapore del suo sangue in bocca, creolo e così vivo, la spingevano a non andarsene ed al tempo stesso a non voltarsi. Sarebbe stato un errore madornale, sarebbe stato forse il più grave di tutta la sua eternità. Si accorse che, nonostante si fosse sempre creduta una folle egoista, una donna priva di sentimenti, viziata fino al midollo, la sua natura umana rimaneva ben celata dentro di lei senza mai scomparire, per ogni volta tornare a bussare al suo cuore di fredda pietra che si scioglieva come ghiaccio.
    Non si sarebbero mai più rivisti e forse era giusto così. Età così simili ma nel tempo così distanti che non potevano in alcun modo comprendersi. Persa nel vuoto più totale, nell'assoluto silenzio delle sue parole, Sarah ascoltò e si permise di fare un piccolo sforzo di capire, di annientare i conflitti che stavano nascendo dentro di lei. Non dimenticare però, forse... era troppo. Una sicurezza che si permise di non avere, un dispiacere che sarebbe stato meglio non provare, eppure non poteva rifiutarsi in alcun modo. La rabbia verso sè stessa era la più grande che avesse mai provato: un cuore all'apparenza forte che poteva rivelarsi più debole all'occasione.


    Sentì qualcosa che non si aspettava minimamente di poter percepire in un momento come quello. La mano di Koichi si era poggiata dolcemente sulla schiena di lei, sulla colonna vertebrale, nella fessura tra le due scapole, a freddo contatto con il suo kimono fiorito che ora le sembrava totalmente stonato ad un incontro del genere. Poi le sue parole... e stavolta ella non mancò di udirle perfettamente, in parvenza non più di un silenzio assordante ma di un quieto rimbombo. Una promessa che suonava più come una minaccia, un'amara e magra consolazione che però le diedero la forza di sorridere e non mostrarsi agli occhi del ragazzo. Era più vecchia di lui, nonostante il suo corpo fosse comunque quello di una diciassettenne, ma la sua mente era ben più saggia e matura. Non potè che commuoversi davanti a ciò che ella stessa era stata un tempo -giovane, insucura, umana- e che non sarebbe mai più stata.
    Una voce calda, poco ferma, come se venisse scossa da qualcosa di violento, da un'emozione più forte del proprio controllo, aveva pervaso le labbra di Koichi, rendendolo come un piccolo cucciolo solo in mezzo al nulla, privo di protezione alcuna. Le fu chiesto di non voltarsi per lasciare chissà quale dignità, una richiesta che non riuscì ad accontentare, sopratutto dopo l'ultimo augurio prima dell'addio. Era ridicolo che le si portassero invane speranze di felicità, poichè quella vera era ormai persa da tempo. E poi... non era tipa da accontentare così le persone, soddisfare le loro richieste a buon mercato senza avere neanche la consuetudine di ribellarsi. Fu così che contro ogni volere, divino o meno, la schiena di lei si inarcò appena, spostandosi di lato e giandosi afferrò la mano di Koichi tenendola saldamente nella propria destra.
    Gli era davanti, sovrastandolo con la propria autorità, ma al tempo stesso con tutta la dolcezza di cui poteva essere capace. Allungò verso di lui due dita libere, verso quegli occhi resi limpidi come due umidi cristalli dai suoi sentimenti veri, chiusi dentro di sè da quello che sembrava uno stupido e maldestro orgoglio. Ve le strofinò appena, come ad asciugare le lacrime non acora cadute, quasi a volergli dare l'incoraggiamento di cui aveva strenuamente bisogno anche lei. Sì sentiva simile a lui più di quanto avesse pensato inizialmente, poteva sentirlo, capirlo, forse meglio di chiunque altro. In qualche modo entrambi erano soli.
    -Siete... solo uno sciocco...- lo rimproverò scrutando in quel mare azzurro che erano le sue finestre sul mondo, un tono che non era malvagio, per nulla arrabbiato -...non esistono più i Samurai, e voi... siete un essere umano.- ...Con tutte le possibili debolezze, con tutti i sentimenti che sarebbe giusto tu provassi... semplicemente metti da parte l'orgoglio e non vergognarti mai di ciò che sei.
    Lasciò andare la sua mano, liberando le proprie che portò immediatamente alle spalle di Koichi, avvicinandolo un ultima volta a sè con tutta la grazia e dolcezza che poteva. Un ultimo abbraccio nel quale ella non pensò più a niente, non rimuginò più sul proprio passato e si lasciò andare al nulla totale. Sarebbe però servito anche al ragazzo, un ultimo piccolo regalo prima della partenza, prima che le loro strade si dividessero per sempre. Era lei che non lo avrebbe mai dimenticato: lei poteva vivere per sempre, lui era solo un comune mortale con una vita estremamente breve. Di questo se ne dispiacque.
    Il mento di lei che poggiava appena sulla sua spalla, le mani che lo avvolgevano e lo tenevano avvinghiata ad egli, tutto le ricordava quel momento precedente all'inverso, dove ora era lei a sorreggersi, ad essersi buttata un ultima volta tra le braccia altrui in un tentativo di consolare sè stessa e il ragazzo. Niente da fare, non riusciva a sopportare gli addii strappalacrime.
    -Sii felice... Koichi.- un ultimo saluto, una piccola confidenza riservata per la persona più vicina a lei di quanto fosse immaginata. Con tutta probabilità, se avessero avuto occasioni di conoscersi meglio, egli sarebbe potuto diventare forse la persona a lei più casa dopo i suoi fratelli, ma per adesso le bastava così. per la prima volta il tempo le era stato nemico -non le era stato concesso di averlo incontrato in altre circostanze- ed ora ne pagava il prezzo. Poteva però essere certa che delle sue spade avrebbe fatto buon uso, che le avrebbe custodite gelosamente. Per un attimo fu tentata dal cancellare dalla sua testa gli ultimi avvenimenti ma qualcosa la bloccò. Forse l'idea che qualcuno avesse apprezzato così tanto la sua visita, di aver trovato qualcuno a lei compatibile, della sua età distante ma viva, un ragazzo che non se la sentiva di far diventare il rimpiazzo per suo fratello. No... Koichi non meritava di essere il rimpiazzo di nessuno.
    Sarai solo tu... unico ed inimitabile, per tutta la vita, ragazzo mio.
    Alzò la testa dal suo riposo e volse nuovamente le sue labbra sulle sue. Occhi chiusi, labbra appena. Si poggiarono su quelle di Koichi dolcemente, come soffici piume, stampando su di esse un bacio castissimo come non era mai stato l'inferno di Sarah, come mai si era dimostrata la sua lussuria. Di voglie inerenti non ne aveva, solo un saluto.
    Lo lasciò andare, senza guardarlo di nuovo in volto, senza proferire altra parola e tornò a voltargli le spalle, stavola per incamminarsi fuori dal dojo facendolo rimanere lì, dietro di lei, ad osservare il tempo scorrere ignaro, di secondo in secondo e di minuto in minuto. I passi di lei come sempre leggeri, scomparvero dietro la porta d'ingresso, facendo tornare tutto alla quiete eterea del luogo.
    Fuori la sera, i ciliegi e i frutteti in fiore lasciavano morbidamente calare i propri petali lungo le vie, seguite dalla vampira. Dentro di lei un piccolo vuoto colmato da una presenza ora importante che non avrebbe mai più avuto modo di incontrare.
    Vorrei che piovesse...
    Sì, l'avrebbe voluto. Ora come mai, il suo animo reclamava che il cielo piangesse al suo posto.
     
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