Kabuki

Forma di teatro giapponese

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    Con il termine kabuki (歌舞伎) si indica una forma di teatro sorta in Giappone all'inizio del '600.


    Origini

    Le origini leggendarie di questa forma teatrale risalgono agli ultimi anni del '500 e fanno riferimento a danze eseguite, sulle rive del fiume Kamo a Kyōto, da un gruppo di danzatrici sotto la guida di Izumo no Okuni.
    La parola Kabuki è formata da tre ideogrammi: 歌 ka (canto), 舞 bu (danza), 伎 ki (abilità).
    Gli ideogrammi scelti a formare il nome sono l'equivalente fonetico della parola kabuki, derivata dal verbo kabuku ("essere fuori dall'ordinario"), che stava ad indicare l'aspetto e il vestiario in voga al tempo di Toyotomi Hideyoshi (1536-1598) e caratteristico dei cosiddetti kabukimono: il loro stile fu poi adottato nelle prime danze di Okumi.

    All'inizio recitato solo da donne, in seguito alla proibizione per motivi di morale, interpretato solo da uomini anche per le parti femminili. Gli attori specializzati nei ruoli femminili sono chiamati onnagata.

    Il Kabuki fin dai primi tempi del suo sviluppo, mantenne forti legami col teatro dei burattini, cioè il cosiddetto Jōruri (designato in seguito come Bunraku), infatti la struttura delle due forme espressive era analoga.
    Il Kabuki fu l'espressione teatrale favorita dei cosiddetti chōnin (lett. abitante della città), cioè della emergente classe borghese cittadina che comprendeva commercianti, professionisti, artigiani. Quindi di fatto si tratta di una forma popolare, intendendo rivolta ad uno strato ampio della popolazione.
    La novità di queste opere consisteva nella rappresentazione di fatti, solitamente drammatici, realmente accaduti. Anzi spesso tra l'accaduto e la rappresentazione trascorreva pochissimo tempo. Quindi la rappresentazione teatrale costituiva un vero e proprio mezzo di comunicazione che portava a conoscenza di un gran numero di persone l'accaduto.

    Caratteristiche

    Per capire a fondo il Kabuki bisogna considerare che, quando parliamo di forma teatrale, facciamo mentalmente riferimento al significato che questa espressione artistica ha avuto in occidente, a partire dalla Grecia. Ma la struttura del Kabuki è molto diversa dallo schema del teatro occidentale e ciò ha portato taluni a giudizi abbastanza riduttivi.
    Di fatto le opere non trattano mai argomenti di ordine generale, questioni esistenziali o riflessioni filosofiche derivanti dall'analisi degli avvenimenti. Quindi sono del tutto assenti situazioni quali, ad esempio, un monologo shakespeariano sulla caducità della vita umana o considerazioni dei protagonisti su questioni di carattere politico.
    Ciò non è che il riflesso del pragmatismo dei chōnin e di quella che era la loro ideologia.
    Anche la trama e la caratterizzazione dei personaggi sono abbastanza fragili.

    Le opere sono spesso confezionate a più mani, ognuno dei coautori si occupava di una singola sezione. Il che comportava scarsa unitarietà dell'insieme. In compenso le singole parti, spesso rappresentate autonomamente in sorta di raccolte di scene celebri, sono compiute nella loro struttura.
    Come per il Nō, e del resto per tutta la cultura artistica giapponese, vale, anche per il Kabuki, il principio secondo cui non viene assegnata preponderanza, come in occidente, alla comunicazione verbale. E spesso ciò comporta un lettura più difficile e sottile (soprattutto per un occidentale) delle singole situazioni.
    Le vicende sono espresse attraverso l'emotività dei singoli personaggi, il particolare prevale sempre su considerazioni morali o politiche di carattere generale. Ma proprio per questo la tensione emotiva è altissima così come la comunicazione, spesso non verbale, di situazioni emotive forti.

    Struttura scenica

    Per quanto riguarda la struttura, nei primi tempi, le rappresentazioni avvenivano su semplici piattaforme che non mettevano al riparo dagli agenti atmosferici.
    Col tempo le strutture divennero più complete, fino alla costruzione di edifici veri e propri, alcuni dei quali tuttora esistenti.
    Un elemento molto particolare della struttura è il cosiddetto hanamichi (ponte dei fiori) cioè una passerella che gli attori percorrono prima di giungere alla ribalta. Questa soluzione scenica fu mutuata dal teatro Nō.
    La creazione del palcoscenico girevole (mawari butai) alla fine del '700, cioè in netto anticipo rispetto all'occidente, rispondeva all'esigenza di repentini cambi di scena derivanti da un'evoluzione della tecnica scenica che richiedeva ritmi dell'azione sempre più serrati.

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    Kabuki

    Il kabuki è una delle arti drammatiche tradizionali del Giappone. La sua origine risale alla fine del XVI secolo e, grazie ad una continua evoluzione, è giunto ora ad uno stato di perfezione classica. Sebbene non sia fiorente come una volta, il teatro kabuki conserva una grande popolarità e attira ancora un pubblico piuttosto numeroso.
    Il maggior sviluppo del kabuki si ebbe durante il periodo Edo (1600-1867), quando la distinzione fra la classe dei samurai e il resto della popolazione era più rigida che in qualsiasi altro periodo della storia giapponese. L'arte del kabuki era coltivata particolarmente dai mercanti di allora, i quali erano diventati sempre più potenti economicamente, ma rimanevano socialmente inferiori, poiché non appartenevano alla classe dei nobili.
    Per essi il kabuki rappresentava forse un potente mezzo artistico per esprimere i loro sentimenti e le loro emozioni alla luce di queste circostanze. E' questa la ragione per cui i temi fondamentali dei drammi erano sopratutto i conflitti esistenti tra l'umanità e il sistema feudale ed è sopratutto merito di questa componente umana dell'arte se questa forma di teatro ha guadagnato una così durevole popolarità in quel tempo e continua ad averne oggi.
    Un aspetto caratteristico del kabuki è il fatto che non vi sia nessuna attrice. Tutte le parti femminili sono interpretate da attori chiamati "onnagata". Tuttavia bisogna ricordare che in origine il kabuki era interpretato principalmente da donne.
    In seguito, però, poiché con la crescente popolarità, numerose attrici cominciavano ad essere l'oggetto di troppe attenzioni da parte degli ammiratori le autorità, pensando che questo fenomeno avrebbe portato ad una grave corruzione tra il pubblico, nel 1629 bandirono ufficialmente le donne dalle scene teatrali.
    Comunque, poiché il kabuki come forma artistica era gia gradita al pubblico, subentrarono immediatamente gli uomini che continuano a rappresentarlo ancora oggi. Il bando delle donne dalle scene durò effettivamente per circa 250 anni, e in questo periodo il kabuki perfezionò l'arte dell'onnagata. Così, quando l'interdizione fu tolta, non vi era comunque più posto per le attrici; anzi, l'onnagata era diventato elemento essenziale di questo genere teatrale, che avrebbe rischiato di perdere per sempre la sua qualità tradizionale, se privato di esso.

    Un'altra importante caratteristica è il fatto che il kabuki ha riunito in sé tutte le forme precedenti del teatro giapponese. Tra le arti tradizionali da cui ha tratto le proprie tecniche sceniche e il proprio repertorio, in primo piano vi sono il teatro nou e il kyougen.
    Oggi il numero dei giapponesi che ama il nou è di gran lunga inferiore a quello di coloro che prediligono il kabuki, anche se va tenuto presente che la maggior parte del repertorio del kabuki che gode di vasta popolarità è tratto o ispirato a drammi nou.
    Un altro genere teatrale cui il kabuki si è ispirato è il teatro delle marionette (bunraku), il cui sviluppo è parallelo al primo kabuki. Poiché però nel kabuki si dava maggiore importanza all'attore che ad altri aspetti artistici, quale ad esempio il valore letterario dell'opera, durante il XVII secolo alcuni grandi scrittori, ivi compreso Chikamatsu Monzaemon (1653-1724), hanno abbandonato il kabuki a causa del predominio dei suoi attori e si sono dedicati al teatro delle marionette, dove il loro genio creativo poteva svilupparsi senza restrizioni di sorta.
    Di conseguenza ci fu un periodo in cui le marionette furono preferite agli attori e il bunraku divenne più popolare del kabuki. Per porre rimedio a questa situazione, il kabuki ha cominciato a trarre dal bunraku la maggior parte dei suoi drammi. Così oggi più della metà delle opere classiche del kabuki, se si eccettua un gruppo di danze drammatiche, proviene dal bunraku.
    Un ultimo esempio della tendenza del kabuki a riunire in sé tanti elementi diversi giunse alla fine del XIX secolo con l'introduzione in questa forma di arte di un certo realismo letterario.
    Prima della nascita del kabuki, il popolo giapponese non aveva mai conosciuto un teatro così straordinario, così ricco di colore e fascino, che difficilmente altri teatri al mondo hanno forse potuto superare.

    Repertorio

    Nel repertorio tradizionale del kabuki vi sono circa 300 opere. A queste, in tempi recenti, ne sono state aggiunte delle nuove, scritte da autori non direttamente collegati a questo tipo di teatro. In passato, invece, i drammi venivano scritti quasi esclusivamente dai drammaturghi del teatro stesso.
    I drammi possono essere divisi in tre categorie a seconda dell'argomento e dei personaggi:

    Danza drammatica (Shosagoto). In questo tipo di dramma, in cui gli attori quasi esclusivamente danzano con l'accompagnamento della musica vocale e strumentale, viene raccontata in genere una storia completa; talvolta, però, si tratta solo di danze frammentarie. Molti drammi di questo tipo traggono le loro origini dal nou e dal kyougen.

    Dramma storico (Jidaimono). Opere che rappresentano fatti storici o racconti drammatizzati di guerrieri o nobili. Molte di esse sono tragedie austere, alleggerite soltanto da dei momentanei sprazzi di comicità. I testi sono prevalemtemente tratti dal bunraku. Agli eroi di questi drammi si chiede di fare i più grandi sacrifici, come nel caso dei protagonisti di "Chushingura", uno degli adattamenti più noti di un'opera del bunraku, in cui si racconta la storia di 47 ronin.

    Dramma familiare (Sewamono). Opere che rappresentano la vita delle classi povere. Il dramma familiare è essenzialmente una storia realistica, tuttavia non è raro vedere opere in cui la recitazione e la messa in scena danno un effetto di irrealtà, poiché vengono accentuati aspetti superficiali quali l'elocuzione e i colori piuttosto che la consistenza logica della trama.

    Per quanto riguarda l'origine, le opere possono essere classificate nei tre seguenti gruppi:

    Opere adattate dal nou e dal kyougen. Un gran numero di danze comiche è stato tratto, come già si è detto, dal kyougen. Le danze di argomento più serio sono, invece, state tratte dal nou. Esse sono caratterizzate da un'estrema grazia e dignità che riflette la nobile atmosfera delle origini. La scenografia deriva direttamente dal teatro nou e consiste in un solo pannello di fondo in cui è raffigurato un vecchio pino e in due quinte laterali su cui è dipinto un bosco di bambù.

    Opere adattate dal bunraku. Questi drammi, il cui testo è rimasto in gran parte quello delle origini, sono ancora rappresentati nello stile particolare del teatro delle marionette. Un cantore con il suo accompagnatore si siede a destra della scena, su un palco visibile a tutti gli spettatori, ma contrariamente al teatro delle marionette, in cui tutto il testo viene recitato e cantato dal cantore, qui sono gli attori a pronunciare le battute del dramma, mentre al cantore viene lasciata solo la parte narrativa e descrittiva.

    Opere scritte appositamente per il kabuki. Questi drammi sono stati scritti esclusivamente per il kabuki e tra essi vi sono opere di considerevole valore artistico.

    Recitazione

    La bellezza della forma, uno dei principi estetici fondamentali su cui si fonda l'arte del kabuki, è più efficacemente messa in evidenza dalla recitazione, l'aspetto più importante di questo teatro.
    Quando un attore di kabuki si prepara per un ruolo di un'opera classica, è usanza che cominci con lo studiare lo stile perfezionato dai suoi predecessori. Questo stile, anche se in origine era destinato a produrre un effetto realistico, con il passare del tempo è diventato estremamente stereotipato e simbolico.
    E' così che anche in un dramma realistico i gesti, persino i più insignificanti, si avvicinano spesso più alla danza che alla recitazione e quasi tutti i movimenti sono accompagnati dalla musica.
    Vi sono numerosi casi in cu il simbolo è spinto ad un tale grado di astrazione che l'azione stereotipata del personaggio non è più attinente ad un'interpretazione razionale della parte, né in diretto rapporto con essa.
    Una speciale tecnica del kabuki, conosciuta con il nome di "mie", si accorda meglio forse con questo principio di bellezza della forma. Essa viene impiegata in alcuni momenti culminanti o alla fine di un dramma classico dall'attore pricipale che assume per un attimo una posizione che può definirsi pittoresca e tiene lo sguardo fisso incrociando gli occhi. In tal modo si mette in rilievo la tendenza del kabuki a dare grandissima importanza alla bellezza statuaria.
    L'aspetto formale si rileva anche nella parte vocale della recitazione. In un'opera essenzialmente realistica che tratti un soggetto di vita quotidiana, il discorso non è naturalistico, ma denota una certa idealizzazione dell'elocuzione. In particolare, i lunghi monologhi hanno una cadenza seducente, trovandosi a metà strada tra un canto e una normale conversazione.
    Questo aspetto si nota ancora di più quando i dialoghi e i monologhi sono recitati, come spesso avviene, con l'ausilio dell'accompagnamento musicale. In questo modo si rende l'azione scenica più ritmica e i movimenti assomigliano sempre più ad una forma di danza.

    Colori

    Un'altra caratteristica fondamentale del kabuki è la sua bellezza spettacolare. Le sue scene, i costumi e i trucchi, infatti, sono generalmente conosciuti negli ambienti teatrali come i più variopinti e stravaganti del mondo.
    Si potrebbe anche dire che la popolarità odierna del kabuki sia dovuta alla sua bellezza pittorica. Gli spettatori infatti possono trarre pieno godimento dal meraviglioso spettacolo dato dall'accostamento dei colori che si presentano davanti ai loro occhi, anche quando non sono particolarmente attratti dalla trama del dramma rappresentato.

    Musica

    La musica è parte integrante dell'arte del kabuki. Vari sono gli strumenti musicali adoperati sia per accompagnamento che indipendentemente, ma il principale è senza dubbio lo shamisen, strumento a tre corde, simile alla balalaika, che si suona con un plettro.
    Quando il sipario si apre sulla scena di un dramma, sia esso storico o familiare, la musica comincia a dare vivacità all'atmosfera, altrimenti inanimata, della scena. I musicisti stanno nell'angolo sinistro del palcoscenico, nascosti alla vista del pubblico. La musica serve da sottofondo a tutta la rappresentazione; annuncia l'entrata in scena del protagonista, il quale agisce e recita sempre con il suo accompagnamento.
    Nel caso di una danza drammatica, invece, i musicisti sono visibili agli spettatori e la musica assume un ruolo dominante.
    La musica del kabuki viene classificata, a seconda della scuola cui appartiene, in circa dodici categorie. Tra di esse, quelle maggiormente in voga oggi sono "nagauta", "tokiwazu", "kiyomoto" e "gidayu"; quest'ultima viene utilizzata sempre nei drammi tratti dal bunraku.
    A parte la musica, nelle rappresentazioni di kabuki vengono adoperati vari tipi di effetti acustici. Il più particolare tra questi è senza dubbio il suono di due bacchette di legno che, ripetuto ritmicamente, segnala l'apertura e la chiusura di un dramma; esse vengono usate anche come strumento a percussione durante la rappresentazione.

    Teatro e scena

    I teatri del kabuki in Giappone vengono costruiti oggi, senza eccezione, nello stile occidentale per quel che concerne l'edificio e le attrezzature sceniche, ma hanno mantenuto alcune caratteristiche tradizionali:

    Hanamichi (passerella fiorita). Si tratta di un passaggio che collega il lato del palcoscenico con il fondo della sala attraverso la parte riservata agli spettatori, all'altezza delle loro teste. E' in pratica un'altra via per l'entrata e l'uscita degli attori, oltre a quelle già esistenti ai due lati della scena. Tuttavia l'hanamichi non serve solo come passaggio, ma è parte integrante del palcoscenico: su di esso, infatti, all'atto di entrare o uscire, gli attori spesso eseguono alcune delle scene chiave della rappresentazione.

    Mawari butai (scena girevole). Inventato per la prima volta in Giappone, circa 300 anni fa, questo dispositivo fu più tardi introdotto all'estero. Permette di cambiare scena molto rapidamente senza interrompere l'azione.

    Proscenio. E' più basso e più largo di quello dei teatri americani ed europei. Il palcoscenico ha la forma di un lungo rettangolo, invece di quella quasi quadrata degli altri teatri. Il sipario è di cotone a strisce di colore rosso scuro, verde e nero e non viene tirato su come in molti teatri occidentali, ma si apre lateralmente.

    Attori

    Ciò che più distingue il kabuki dalle altre forme drammatiche è forse la grande importanza che esso dà agli attori. La maggior parte delle opere classiche di questo teatro è stata scritta da drammaturghi legati ai vari teatri. Di conseguenza gli autori dei drammi erano pienamente consapevoli della qualità e delle debolezze di ogni attore, come pure delle loro preferenze e perciò hanno cercato di scrivere opere che mettessero in risalto il valore e il talento di questi attori. Questi ultimi, poi, considerando i drammi come un mezzo pe mettere in mostra le loro capacità drammatiche, non di rado cambiavano le battute e la trama, a seconda del loro temperamento.
    In ultima analisi, tuttavia, dobbiamo ammettere che il successo del kabuki si deve essenzialmente alla bravura degli attori, cui del resto si chiede un grande impegno. Infatti, poiché l'arte drammatca del kabuki si basa su una speciale forma di rappresentazione, ciascun attore deve sostenere una speciale preparazione. Questo comporta che chi aspiri a diventare attore del kabuki debba cominciare la preparazione sin dall'infanzia, e tale preparazione dato il carattere di questa forma di teatro, che può essere considerato come una sorta di dramma musicale, deve comprendere anche la danza e la musica tradizionale giapponese.
    Degno di nota è il fatto che gran parte della tecnica drammatica del kabuki non può essere acquisita senza l'aiuto delle esperienze fatte dagli attori dei tempi passati e trasmesse da padre in figlio. Di conseguenza oggi vi sono famiglie di attori che si trasmettono questo mestiere da ben diciassette generazioni.
    Questa situazione è dovuta, da una parte, al sistema feudale che vigeva nel periodo Edo, con la sua venerazione per la famiglia, dall'altra, alla natura stessa di questo teatro, che, esigendo una lunga e accurata preparazione, favoriva questo sistema familiare, cui, peraltro, si deve forse il merito di aver mantenuto il kabuki così vivo ed attuale.
    Un tempo era comune che un attore recitasse soltanto nel ruolo in cui eccelleva; questo stimolava da parte sua uno studio approfondito ed esclusivo dei personaggi che impersonava, sia maschili che femminili. Oggi questa specializzazione è molto meno diffusa, data anche la maggiore versatilità degli attori.
    Fa eccezione, tuttavia, l'onnagata. Il segreto della sua bellezza, quale ci appare sulla scena, infatti, deriva forse dal fatto che ci si trova davanti a una bellezza femminile creata artificialmente, attraverso l'osservazione di uomini che per lungo tempo hanno studiato il comportamento e la psicologia del sesso opposto.
    Nell'epoca feudale gli attori del kabuki, pur se molto popolari, erano ritenuti comunque socialmente inferiori; oggi la loro condizione è cambiata a tal punto che alcuni di essi sono divenuti per elezione membri dell'Accademia delle Arti del Giappone, il più alto onore che in Giappone possa toccare ad un artista.
    Generalmente gli attori del kabuki sono conosciuti, oltre che con il loro nome, anche con un nome d'arte o di casata che in giapponese si chiama "yago". La funzione di questi nomi è veramente singolare: gli spettatori entusiasti del loro beniamino, infatti, sono soliti acclamarlo all'entrata in scena o in momenti cruciali della rappresentazione, urlando il suo nome d'arte.
    Durante la rappresentazione appaiono sulla scena dei personaggi che non sono attori. La loro presenza si nota sopratutto nel momento in cui si apre il sipario; sono delle figure incappucciate, vestite di nero, che stanno proprio dietro gli attori. Note con il nome di "kurogo" (figura in nero), esse muovono i vari accessori sulla scena e fungono da suggeritori. Non essendo attori, si presuppone che il pubblico ignori la loro presenza.

    Il kabuki oggi

    La storia del teatro mondiale dimostra che un'antica arte drammatica, se raggiunge un stato di perfezione, è capace di sopravvivere alla prova del tempo, anche quando gli elementi letterari che la compongono non sono più di attualità.
    Ne è prova la situazione in cui si trova oggi il kabuki, che, pur non rappresentando la vita del Giappone moderno, gode ancora di grande popolarità.
    La ragione di ciò risiede forse nel fatto che esso ha ormai una sua forma cristallizzata, per cui è sempre stato e sembra ormai destinato ad essere una delle glorie di cui la nazione è orgogliosa.

    ARAGOTO: nel kabuki, indica lo stile dell'eroe dalle dimensioni eccessive, sovrannaturale, rude, amato specialmente nell'area di Edo, in contrapposizione al wagoto, lo stile delicato prediletto nell'area di Kyoto ~ Osaka.

    ASHIKAGA: nome della famiglia di vari shōgun che esercitarono un influsso importante nella storia del noh durante il periodo Ashikaga (1392 ~ 1568).

    ATO ~ ZA: retro del palcoscenico, luogo dove siedono i musicisti.

    BIWA: termine giapponese corrispondente al cinese p'i ~ p'a, liuto a forma di pera, il biwa fu importato in Giappone durante l'ottavo secolo e divenne uno strumento molto popolare prima di essere sostituito dallo shamisen alla fine del sedicesimo secolo.

    BUGAKU: letteralmente “danza ~ musica” o “danza ~ intrattenimento”. Uno dei principali generi di teatro giapponese, introdotto dalla Cina nell'ottavo secolo d.C. ed ancora rappresentato in una forma sostanzialmente invariata. Il termine consiste nella lettura giapponese degli ideogrammi cinesi che indicano la musica della corte “corretta ed elegante”, pronunciati ya~yue.

    BUNRAKU: nome popolare per il teatro dei burattini, che deriva dal famoso burattinaio Uemura Bunrakuken. Sin dal tardo secolo diciottesimo questo nome ha sostituito nell'uso comune il più antico termine Jōruri.

    BUYŌ: danza. Usato spesso come kabuki buyō, col significato di danza tradizionale kabuki.

    BUYŌ GEKI: nel kabuki, drammi accompagnati dalla musica jōruri che mettono in risalto principalmente la danza.

    CHIDŌ: colui che guida la processione all'inizio di uno spettacolo gigaku.

    DADAIKO: grande tamburo gagaku.

    DAIKAGURA: spettacoli di strada della danza del leone e di giochi di prestigio; anche una grande rappresentazione di musica e di danze sacre al santuario di Ise.

    DŌKEYAKU: ruolo comico, soprattuto nel kabuki.

    DOMA: nel primo kabuki, la platea di fronte al palcoscenico principale, senza alcun riparo dalla pioggia.

    EDO: nome della capitale dello shōgunato Tokugawa (l'attuale Tokyo) durante l'epoca di Edo (conosciuta anche come periodo Tokugawa 1603 ~ 1867).

    FURI: movimenti e gesti quotidiani convenzionalmente stilizzati nel bunraku ed in altre forme di spettacolo.

    FUROAGARI NO ASOBI: scena erotica ambientata in un bagno pubblico nel primo onna kabuki.

    FURYŪ: in origine la parola si riferiva a qualcosa di elegante. Lo scopo primitivo della rappresentazione delle danze popolari conosciute come furyū era quello di allontanare le pestilenze. Dalla fine del periodo Heian e per tutto il periodo Kamakura furyū indicò parate, processioni e gruppi di danzatori caratterizzati da costumi colorati ed eleganti.

    GAGAKU: classica musica di corte importata dalla Cina durante l'ottavo secolo. Nell'uso comune, la parola gagaku spesso indica anche le danze di corte bugaku.

    -GAKU: nella composizione di molti termini giapponesi che si riferiscono allo spettacolo viene spesso tradotto in italiano come “musica”. Tuttavia il suo significato è di solito più vasto e corrisponde anche ad “intrattenimento”.

    GAKUNIN: musicisti di corte della famiglia imperiale.

    GAKUYA: spogliatoio; camerino.

    GEISHA: intrattenitrice professionista, specializzata in varie arti come il canto e la danza.

    GEMPUKU: cerimonia di rasatura dei capelli della fronte (maegami) che segnava per un ragazzo il raggiungimento della maggiore età.

    GEZA: una stanza per i musicisti costruita sul palcoscenico del kabuki, alla sinistra del pubblico e nascosta alla vista degli spettatori.

    GIGAKU: musica e spettacoli per le funzioni religiose buddiste importati dal sud della Cina all'inizio del settimo secolo d.C.

    HAIUKU: breve poesia di diciassette sillabe.

    HAKAMA: gonna pantalone, abbigliamento convenzionale dell'uomo.

    HANAMICHI: “la via del fiore”. Un ponte che unisce la destra del palcoscenico con la parte posteriore dell'orchestra. L'anamichi è ampiamente usato nel kabuki per entrate e uscite spettacolari.

    HEIAN: nome del periodo della storia giapponese (794 ~ 1192) durante il quale il bugaku raggiunse il suo massimo splendore.

    HIKIMAKU: sipario usato nel kabuki.

    HONBUTAI: il palcoscenico principale.

    ISHŌ: costumi teatrali.

    JIDAIMONO: nel kabuki e nel jōruri brani d'epoca basati su materiali storici o semi ~ storici.

    JŌRURI: nome dell'eroina di un dramma per burattini estremamente popolare fino agli ultimi decenni del sedicesimo secolo, che è stato usato per designare il genere dei burattini fino all'inizio del diciannovesimo secolo, quando è stato sostituito dal nome bunraku.

    KABUKI: forma tradizionale di teatro popolare che ebbe origine alla fine del sedicesimo secolo e presto divenne lo spettacolo teatrale di maggior successo nei quartieri di piacere delle grandi città. È considerato al giorno d'oggi, insieme al noh, il più importante contributo giapponese al teatro mondiale.

    KABUKI MONO: individui che, durante il primo periodo Tokugawa, espressero il loro anticonformismo attraverso una serie di proteste stravaganti contro il rigido ordine della società Tokugawa.

    KAGURA: contrazione eufonica di kamu ~ mura, il posto della divinità; spettacolo degli dei o per gli dei; spettacoli di musica, danza e pantomima eseguiti prevalentemente nei templi shintoisti.

    KAMAKURA: capitale dello shōgunato durante il periodo Kamakura (1192 ~ 1333).

    KAMISHIMO: kimono convenzionale da uomo, che consiste in una tunica rigida senza maniche (kataginu) per la parte superiore e una lunga gonna pantalone detta hakama.

    KANGENGAKU: musica puramente orchestrale del gagaku, in opposizione alla musica accompagnata dalla danza (bugaku).

    KANNUSHI: prete shintoista.

    KAOMISE KŌGYŌ: “spettacolo che mostra il volto”. Nel kabuki, lo spettacolo annuale che presenta la compagnia dell' anno al pubblico.

    KATA: termine ampiamente usato nella danza classica per la descrizione del movimento teatrale tradizionale, col generico significato di “modello”, “forma”. Nel significato più comune kata si riferisce ad un modello stabilito di spettacolo, per lo più connesso alla recitazione, ma applicabile anche ad altri elementi della rappresentazione. Specialmente nel kabuki , i kata sono ereditati e trasmessi come preziosi patrimoni di famosi attori.

    KATAKIYAKU: nel kabuki il ruolo di un malvagio.

    KATSUREKIMONO: dopo la restaurazione Meiji, rappresentazioni kabuki che presentavano nomi, eventi e costumi storicamente esatti.

    KAWARAMONO: gente della riva del fiume. Durante il periodo Tokugawa, gli attori kabuki erano chiamati kawaramono o kawara kojiki (mendicanti della riva del fiume), a causa del luogo in cui originariamente allestivano i loro palcoscenici.

    KEISEI: cortigiana. Stesso significato di yūjio.

    KESHŌ: termine generico per il trucco del kabuki.

    KIZEWAMONO: drammi kabuki dell'inizio del diciannovesimo secolo dedicati alla descrizione dei poveri, degli sventurati e della malavita. Sono chiamati anche masewamono.

    KUGE: la nobiltà della corte imperiale, in quanto distinta dall'aristocrazia samurai.

    KUMADORI: trucco creato per i ruoli aragoto nel kabuki. Ci sono circa cento tipi di kumadori, consistenti in sistemi di linee spesse di differenti colori, che rappresentano qualità come rettitudine (rosso) o paura e malvagità (blu).

    KYŌGEN: il termine kyōgen si usa sia da solo che in associazione con altre parole per indicare un testo drammatico. Può anche indicare la forma comica del teatro tradizionale.

    MA: pausa. Importante concetto dell'estetica dello spettacolo giapponese, che esprime il vuoto spazio ~ temporale da cui il movimento appare e nel quale muore. Comprende inoltre il significato di “sincronizzazione”.

    MAWARI BUTAI: palcoscenico girevole.

    MEIJI: periodo storico (1868 ~ 1912) che prende il nome dell'imperatore Meiji. La restaurazione Meiji segnò la fine dello shōgunato Tokugawa, la riapertura al mercato internazionale e l'inizio del processo di modernizzazione e occidentalizzazione in tutti i campi incluso il teatro.

    MIE: nel kabuki la posa finale che si raggiunge nei momenti culminanti e che riassume i sentimenti particolari dell'attore.

    MIKO: in origine una strega, una medium, una sciamana; oggi il termine designa principalmente giovani donne al servizio dei santuari shintoisti

    MOMOYAMA: (anche Azuchi ~ Momoyama). Nome del periodo della storia giapponese (1573 ~ 1603) durante il quale ebbero luogo le prime danze kabuki.

    MUROMACHI: nome di un periodo della storia giapponese (1333 ~1573). Il periodo Muromachi si sovrappone al periodo Ashikaga (1392 ~1568) ed anche ai periodi Namboku (1336 ~ 1392) e Sengoku (1467 ~ 1568). È particolarmente significativo per il teatro grazie alla nascita e allo sviluppo del nōgaku.

    MYŌ: incomparabile incanto, meraviglioso, sublime. È raggiunto dall'attore al massimo delle sue capacità artistiche, quando recita senza sforzo, senza alcun artificio, all'unisono con il mondo della natura.

    NAGAUTA: “canzone lunga”. La musica più popolare per lo shamisen. Raggiunse il suo massimo splendore nella prima metà del diciannovesimo secolo. La musica nagauta è il cuore della musica kabuki.

    NARA: antica capitale del Giappone, che dette il nome al periodo Nara (710 ~ 794).

    NEMBUTSU: ripetizione della preghiera Namu Amidabutsu, spesso tradotta come “omaggio ad Amida Budda”, fu molto popolare tra le sette amidiche del buddismo. Il nembutsu odori era una danza durante la quale veniva cantato il nembutsu. L'adattamento del nembutsu odori fatto da Okuni alla fine del sedicesimo secolo è considerato l'origine del kabuki.

    OBI: fascia per la vita.

    ŌDŌGU: nel kabuki, l'attrezzatura di scena in generale.

    ODORI: danza. Questo termine viene usato per molti tipi di danza in diverse tradizioni, tra le quali la più importante è il kabuki.

    OIE ~ SŌDŌ: nel kabuki, il modello della contesa di famiglia, che indica i drammi che trattano della successione al potere in una casa feudale.

    OKUNI: la leggendaria fondatrice del kabuki, che fiorí tra la fine del sedicesimo secolo e l'inizio del diciassettesimo secolo. Era una miko del tempio Izumo nella provincia di Shimane, a Okuni viene riconosciuto il merito delle prime danze kabuki nonchè l'originale adattamento della drammaturgia noh al kabuki.

    OKUNI KABUKI: il periodo delle origini del kabuki, approssimativamente dagli ultimi anni del sedicesimo secolo agli inizi del diciassettesimo.

    OMOZUKAI: nel bunraku il principale operatore dei burattini.

    ONNAGATA: nel kabuki, attore che rappresenta ruoli femminili. Lo stesso significato di oyama.

    ONNA KABUKI: kabuki di donne. Dall'inizio del diciassettesimo secolo al 1629. questa fase della storia del kabuki è caratterizzata dalle esibizioni delle prostitute (yūjo, da cui il nome yūjo kabuki) che eseguivano danze stravaganti e sensuali.

    OTOKODATE: in generale, uomini dallo spirito cavalleresco. Nel kabuki, i ruoli otokodate rappresentano uomini del popolo idealizzati come eroi che coraggiosamente osarono insorgere contro l'ingiustizia, a difesa dei deboli e degli oppressi.

    RAMBU: letteralmente “danza disordinata”. Il termine veniva usato durante il Medio Evo come sinonimo per il sarugaku dei sarugaku hōshi professionisti. In alcuni casi la parola indicava anche danze comiche, rappresentate da membri non professionisti della corte.

    RŌNIN: samurai senza padrone.

    ROPPŌ: tecnica per entrare o uscire dal palcoscenico. Svariati passi roppō differenti vengono usati specialmente per le uscite spettacolari, ad esempio il tobi roppō o roppō volante.

    SAJIKI: gallerie con un lato coperto nell'edificio teatrale del primo kabuki.

    SAMURAI: guerrieri. La classe militare che dominò la società giapponese dal dodicesimo al diciannovesimo secolo.

    SANGAKU: spettacoli misti importati dal continente in vari periodi a cominciare dall'ottavo secolo. Includevano una varietà di acrobazie, giochi di prestigio, burle, atti magici, scene comiche, danze e canzoni popolari.

    SARUGAKU: “musica della scimmia”, o “spettacolo della scimmia”. Alla fine del decimo secolo la parola sarugaku prese le funzioni della parola sangaku, indicando la stessa varietà di spettacoli misti. Il sarugaku mise in risalto l'elemento della pantomima comica del monomane (imitazione) e infine si sviluppò nel sarugaku noh, la tradizione dalla quale (verso la metà del quattordicesimo secolo), nacque il noh classico.

    SARUWAKA: un ruolo comico nel primo kabuki.

    SATORI: l'illuminazione buddista.

    SCIAMANISMO: religione popolare che crede nel potere degli spiriti che possono essere influenzati solo dallo sciamano. In Giappone, sin da tempo immemorabile, lo sciamanismo si diffuse nei primitivi rituali shintoisti ed occupò un posto molto importante nella pratica del buddismo popolare. I riti sciamanici sono una rilevante fonte dello spettacolo, specialmente nel kagura e nel noh.

    SCIAMANO: “stregone” che può viaggiare con lo spirito in altre dimensioni e fungere sia da medium che da guaritore. Il tipo più diffuso di sciamano in Giappone fu la miko, una praticante professionista delle tecniche dell'estasi. La miko, cosí come i preti shintoisti, i monaci buddisti e altri asceti, entrava in comunicazione con le divinità, le anime dei morti, gli spiriti degli animali, si faceva possedere da loro e agiva come medium di comunicazioni soprannaturali di altre dimensioni.

    SHINTOISMO: la via degli dei; la religione indigena del Giappone.

    SEWAMONO: nel jōruri e nel kabuki, drammi familiari; ossia, rapresentazioni che riflettono la vita della gente comune nel periodo Tokugawa.

    SHAMISEN: strumento a corda che divenne molto popolare nella seconda metà del sedicesimo secolo e sostituí il biwa nel primo jōruri. È uno strumento di rilievo nella musica kabuki.

    SHŌGUN: capo del governo militare chiamato shōgunato (1185 ~ 1868). Lo shōgun deteneva un potere dittatoriale sotto l'autorità nominale dell'imperatore. La corte dello shōgun, dapprima a Kamakura ed in seguito a Kyoto, divenne il centro più importante della nuova cultura samurai. I sistemi dello shōgunato Tokugawa ebbero grande influenza nel determinare il corso di sviluppo di forme teatrali come il kabuki e jōruri.

    SHOSAGOTO: nel kabuki, rappresentazioni che consistono solo o principalmente in danza. Spettacoli di danza.

    SHŌWA: nome del recente periodo della storia giapponese sotto l'imperatore Hirohito, iniziato nel 1926 e terminato nel 1989.

    SUPPON: botola scenica ed elevatore nell'hanamichi.

    TACHIYAKU: ruolo maschile principale nel kabuki.

    TAISHŌ: periodo recente della storia giapponese (1912 ~ 1926) dal nome dell'imperatore Taishō.

    TAKABUTAI: nel bugaku, il classico palcoscenico all'aperto.

    TATAMI: le tradizionali stuoie usate in molte case giapponesi come copertura per il pavimento.

    TATE: nel kabuki, tecnica di lotta in scena, che comprende circa duecento sequenze stilizzate.

    TATESAKUSHA: nel jōruri e nel kabuki, il drammaturgo principale.

    TSUKURIMONO: materiali di scena.

    UHŌ NO GAKU: nel gagaku, musica della destra. Include composizioni musicali di origine coreana e mancese e gli elementi assimilati dal gigaku. Chiamata anche komagaku.

    UHŌ NO MAI: nel bugaku, danze della destra. Sono accompagnate da uhō no gaku, musica della destra.

    UKIYO: durante il periodo Tokugawa, “il mondo fluttuante” dei quartieri di piacere, che divenne il nuovo centro culturale di Edo. Ukiyo~e sono le stampe incise su un blocco di legno e altre forme di pittura che ritraggono quel mondo.

    UTA: poesia, canzone.

    WAGOTO: nel kabuki, lo stile dell'eroe gentile, romantico, opposto all'aragoto.

    WAKAOYAMA: nel kabuki, il ruolo di una donna giovane e bella.

    WAKASHU: un ragazzo che non ha ancora subito la cerimonia che segna il raggiungimento della maggiore età; ossia prima della rasatura dei capelli della fronte. Il termile wakashu kabuki designa un periodo del primo kabuki, dalla proibizione dell'onna kabuki del 1629 al 1652, durante il quale le danze di giovani prostituti divennero molto popolari nei quartieri di piacere delle grandi città.

    YAKKOGATA: il ruolo di un servo.

    YARŌ KABUKI: il kabuki rappresentato da uomini adulti, che seguí l'abolizione del wakashu kabuki nel 1652.

    YŪJO: prostituta. Le scene yūjo kai (acquisto di una prostituta) erano molto popolari nell'onna kabuki, detto anche yūjo kabuki.


    Kabuki Genere popolare del teatro giapponese creato nel 1568 dall'attrice Okuni, che si esibiva a Kyoto in danze religiose eseguite da sole donne. Nella sua prima fase il kabuki volgarizzava elementi del teatro Nō, genere rivolto all'aristocrazia. Dopo il 1628, anno in cui alle donne venne vietato di recitare nel kabuki a causa della natura licenziosa degli spettacoli, i ruoli femminili furono affidati a uomini giovani o a ragazzi. Anche a loro, tuttavia, e per gli stessi motivi, venne impedito di calcare la scena. Nel 1664, a Osaka, venne infine introdotta una forma di kabuki che impiegava attori maschi e adulti anche nei ruoli femminili.

    I più importanti drammi kabuki vennero scritti verso la fine del XVII secolo da Chikamatsu Monzaemon, che traeva i suoi soggetti dal mito, dalla storia e da eventi contemporanei. Va tuttavia osservato che, nonostante l'esistenza di un testo drammaturgico, il più delle volte gli attori non esitavano a cambiare intere scene. Fu per questo che Chikamatsu, stanco di veder rimaneggiati i propri testi, finì col cambiare genere e si mise a scrivere per il bunraku, il teatro di burattini.

    Tratti caratteristici del kabuki sono l'azione vivace, spesso violenta, e una recitazione volta a sottolineare la virilità dei personaggi maschili tramite una profonda intonazione vocale in contrapposizione alla fragile sensualità espressa da quelli femminili. Dramma storico o racconto realistico, si tratta sempre di uno spettacolo sontuoso: gli attori vestono costumi stravaganti, che cambiano spesso nel corso della rappresentazione, indossano enormi parrucche e sono truccati in modo tale che il loro viso sembri una maschera. Le entrate in scena dei personaggi chiave avvengono a mezzo dell'hanamichi, un ponte rialzato che attraversa tutta la sala e si collega al palcoscenico. Quanto all'allestimento, abbondano effetti elaborati con ricorso ad apparizioni e trabocchetti. A partire dal XVII secolo venne introdotto un palcoscenico girevole che oggi costituisce uno dei tratti più caratteristici del kabuki.


    Il teatro Kabuki

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    Come in una eterna magia - dal Giappone antico a quello contemporaneo - danza, mimo e recitazione si fondono in un'antica forma di teatro che ci conquista con le emozioni e la gestualità più che con le parole.

    Il Kabuki è una rappresentazione teatrale tradizionale che unisce danza, mimo e recitazione, nata a Edo (l'antica Tokyo) nel XVII secolo e tramandata fino ai giorni nostri con caratteristiche quasi immutate. Il termine Kabuki, originariamente sinonimo di "comportamento provocatorio", al giorno d'oggi viene ricondotto più semplicemente all'insieme dei tre elementi che lo compongono: ka ("canto"), bu ("ballo") e ki ("conoscenza tecnica").

    Ma una radice, per così dire, "trasgressiva" si ritrova anche nella sua storia: inizialmente era una forma di spettacolo imperniata sull'espressione corporea (non priva di allusioni sessuali) eseguita da sole donne e per questo tacciata di immoralità e proibita, nonostante l'immediato successo di pubblico.

    Una volta bandite le compagnie femminili, ne divennero protagonisti ragazzi dagli 11 ai 15 anni, ben presto sostituiti, sempre per problemi di morale pubblica, da attori maschi di età adulta. Proprio in conseguenza al divieto alle donne di recitare, si originò la figura dell'onnagata, ovvero dell'attore specializzato in ruoli femminili, come già accadeva nella tragedia greca e nella nostra commedia dell'arte. Questo tipo di recitazione en travesti, però, non serve semplicemente a imitare gli aspetti superficiali di una donna, ma a riprodurre l'immagine ideale e l'essenza stessa della femminilità. Oltre alla mimica e alla danza, anche il trucco, i suntuosi kimono e la postura contribuiscono a rendere la grazia, l'eleganza e il portamento femminile. Pari importanza è attribuita alle figure maschili perché il Kabuki è, innanzitutto, un "teatro degli attori", imperniato su vere e proprie star specializzate in personaggi diversi, prima ancora che sulle trame delle rappresentazioni. Le storie portate in scena sono sostanzialmente di due tipi: quelle di ambientazione storica, con riferimenti all'epoca dei samurai, e quelle a sfondo familiare e quotidiano. Spesso si ispirano a "canovacci" già usati nel teatro Noh o nel Bunraku (teatro delle marionette).

    Altre caratteristiche del Kabuki sono l'impostazione e la modulazione della voce (tratto che serve a differenziare ancor più i vari personaggi), lo studio della gestualità, la spettacolarità nell'esecuzione. Gli attori apprendono fin da bambini dai loro maestri sofisticati modelli di movimento che dovranno poi riprodurre in scena, perché ogni gesto ha una specifica funzione narrativa e simbolica. Ad esempio, solo spostando un ventaglio in aria l'attore riesce a raffigurare elementi del paesaggio come una montagna o le onde del mare. Oppure ricorrendo persino all'assenza totale di moto, bloccandosi in una posa di particolare espressività per sottolineare il culmine drammatico di una scena.

    L'allestimento del palcoscenico contribuisce non poco agli straordinari effetti cui il pubblico del Kabuki è solito assistere, anche grazie all'intervento di "servi di scena" per le sequenze più spettacolari, come nel caso della tecnica del bukkaeri, cioè del cambio repentino in scena del costume e la scoperta di un altro sottostante dai colori sgargianti per sottolineare una trasformazione interiore del protagonista.

    Il Kabuki ha affascinato molti autori occidentali, fra cui il teorico Roland Barthes (impressionato dal valore semantico della gestualità degli attori), la scrittice Marguerite Yourcenar, in anni più recenti, l'autore teatrale e mimo Lindsay Kemp (negli anni Novanta ha portato in scena una piéce intitolata Onnagata).
     
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