Giocata n° 16, GEN: yaoi, PG ASTA: Nicholas Wolf

Nicholas Wolf di Adaralbion x Sarah Gray di Xasar

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    wolfw
    Giocata Numero: 16
    Personaggio Asta: Nicholas Wolf
    Roler del personaggio: Adaralbion
    Genere: Yaoi
    Vincitore: Sarah Gray di Xasar

    Offerte che sono state fatte al personaggio d'asta:

    Sarah: un modello a scelta di Kawasaki, uno di Ducati, uno di Yamaha, uno di Honda, per un totale di 4 moto già immatricolate, assicurazione contro furti, incendi e danni di sorta pagata dall'offerente + un garage a pochi isolati da casa vostra, custodito, sorvegliato e con sistema di sicurezza. Nessuna rata da pagare. Inoltre avrete una tuta da moto nuova, o una giacca con stivali a scelta del pg + esprimere due desideri + un fumetto di una o due pagine su una scena d'amore tra Nicholas e Imriel, a colori (acquerelli), da ricevere prima previa scanner e poi previa diretta consegna

    Junya: una cena gratis al ristorante dove lavora

    Sion: una torta cucinata apposta per Nicholas + un bacio + Una fan fiction, su chi le pare, come vuole e un crossover, con chi vuole.

    Imriel: Jude Dewis

    Motivazioni della mia scelta:

    Scegliere non è stato semplice, ma ho dovuto farlo dato che questo è il gioco.
    Si potrebbe pensare che la mia scelta sia andata su ciò che ha offerto Xasar per il disegno, che mi fa gola ammetto, ma i fattori "materiali", o meglio, le offerte alla roler, sono le ultime che ho guardato.
    In realtà in questa asta mi sono stati offerti tutti personaggi con cui già ruolo: Junya è un mio partner nella role HeiXJunya, Sion è un mio partner nella role NezumiXSion e Jude è un mio partner nella MathiasXJude.
    Tutti uke, tremendamente appetitosi per Wolf, ma sui quali sinceramente non mi sono sentita di mettere le mani, non in questo contesto.
    Per di più non ho mai sperimentato di ruolare Nicholas con una donna, ha interagito una volta in un cammeo di un'asta tra Lle e Simdaka, ma sono curiosissima di vedere come reagirà a Sarah.
    C'è infine da dire che io e Xasar non abbiamo nessuna role, non abbiamo mai relazionato in questo ambito, e quindi credo che sia una bella cosa per lo meno provare.
     
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  2. Xasar
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    Sarah11
    Sarah

    Mondo ignaro ed incredibile. Non avrebbe mai pensato a suo tempo di poter vivere così a lungo e sperimentare quelle emozioni. Non sapeva se definirle tali, ma per lei vincere nuovamente quell'asta dopo così tanto tempo l'aveva come fatta ringiovanire. Quanta ironia in questo. Parlare di gioventù e vecchiaia proprio lei, che così a lungo era stata vecchia e giovane, ma tutt'ora si presentava con una mente saggia, ma capricciosa ed egoista, dentro un corpo semplice eppur bellissimo d'una ragazzina di 17 anni.
    Non aveva perso tempo nel far recapitare al signor Nicholas quel biglietto misterioso, chiuso e sigillato in una busta con un marchio in ceralacca. Sopra non v'era alcuno stemma, ma al suo interno le chiare istruzioni e l'indirizzo dove trovare il suo recapito.
    Che la festa abbia inizio. ghignò nell'alzarsi da quella poltrona e dirigersi fuori. Sperava che nonostante l'aspetto lussuoso, il suo accompagnatore potesse apprezzare la sua scelta.
    -A più tardi Signor Wolf.- salutò così, prima di dileguarsi ancora una volta verso la porta d'ingresso.

    CITAZIONE (Xasar @ 7/2/2011, 22:48) 

    The Bakasaka Hotel
    ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦
    7 Stelle


    image_hotel_exterior_night_1

    Un luogo moderno intriso di un'antica tradizione. Gli ambienti interni in completo contrasto con gli esterni, sembrano voler gridare la loro immortalità ed eleganza a tutti coloro che, ricchi e sfondati, hanno l'onore di avventurarsi oltre la Hole, verso le sue pregiate stanze, raffinate e bordate di oro.

    Hole
    Stanza numero 407


    Attese nella sua stanza. Si sedette comodamente sulla poltrona più vicina alla finestra, sfoggiando il suo abito migliore. Era sera, all'incirca le 22, per lei il momento migliore per un incontro di tale portata. Ogni volta era stata così e lei non vedeva alcuna ragione per dover cambiare le proprie abitudini.
    Si lasciò illuminare da un fascio di luna calante. La luce filtrava appena attraverso il vetro, baciando la sua pelle chiara e l'abinitono rosso smanicato che la ricopriva fino le ginocchia. I pensieri andarono direttamente ad incrociarsi con il buio parziale della stanza, acquietando i suoi sensi e quel piccolo langurino che l'aveva scosso le papille gustative.
    Non c'è fretta alcuna... no, non c'era. Lei sapeva attendere nell'ombra come una tarantola, attendendo che la sua preda ignara si facesse avanti spontaneamente nella sua tana. Calpestando la tela, rendendo vivo nell'aria il suo odore, avrebbe rivelato a lei la sua presenza.
    Aveva dato esplicito ordine al personale dell'hotel di preavvertirlo di bussare, prendere l'ascensore e non le scale. Tutt'una serie di misure atte magari a renderlo inquieto. Adorava insinuare il dubbio nel cuore delle persone. Che fosse poi un uomo che aveva a che fare direttamente con la morte, ancora meglio. Aveva lasciato la porta appena schiusa, in modo da far filtrare appena la luce giallastra del corridoio.
    Che peccato che io non possa piacergli... sghignazzò da sola, lasciando che i suoi due occhi castani s'illuminassero di porpora, brillando in quel buio argenteo. Una foto al negativo, dove ogni cosa era visibile a metà. Era veramente un peccato che a lui non potessero piacere le donne, che non avesse avuto più tempo da dedicargli. Magari con qualche piccola cosa avrebbe potuto fargli cambiare temporaneamente idea, ma discostò questo suo pensiero al più presto.
    Udì i passi, al consapevolezza del suo avvicinarsi, dell'imminente incontro. Voltò appena la coda dell'occhio, accavallando le gambe lentamente. Il gomito sostava su un bracciolo, sostenendo parte del peso del suo busto e di quel viso di porcellana, adagiato tranquillamente sul palmo.
    -Benventuto Signor Wolf. Prego, venite avanti.- lo incitò con voce sottile, come un sibilo. Un sorriso distendeva i suoi lineamenti occidentali, incorniciato dai lunghi capelli chiari. Lo sapevo che non poteva resistere al richiamo dell'adrenalina. So che è questo quello che volete.
    Attese la sua entrata totale, prima far crescere velocemente due tralci sulla porta e chiuderla con un tonfo alle sue spalle. Fu semplicemente in quel frangente che ella si alzò. Lenta come lo scorrere di una goccia di pioggia sulla pelle. Distese le gambe che sorressero il suo peso così morto, eppure tutta la sua vitalità di ghiaccio.
    Dolce ed innocente. Un aspetto che avrebbe ingannato anche i più astuti. Ma lei era la tarantola, un ragno che tesseva la sua tela non per cacciare, ma per puro sadico divertimento. La stessa che aveva intrappolato Damon Salvatore 50 anni prima, o Beethoven qualche secolo fa.
    -Abbiate pure paura.- morbida, languida come la rugiada in un bocciolo di rosa -Quella droga che vi scorre nel sangue è fatta anche di questo.-
    Beate apparenze, voi che celate tutti i segreti del mondo in uno sgrigno illusorio. Nascondete ogni piccolo dettaglio in uno specchio d'acqua così grande da increspare la truce realtà. Ma non era d'acqua che era fatta Sarah Gray, bensì di terra e fiori, così come l'era anche il suo dono. Brandì così la sua consapevolezza e la fece nascere da terra.
    Spighe e germogli di Oleandro che afferrarono i piedi dell'ospite, trattenendolo inchiodato al suolo con la loro robustezza e flessibilità. Forse, non gli sarebbe neanche convenuto toccarli.
    -Perdonate la mia rudezza- cercò di avanzare verso di lui, mostrando false scuse ed un sorriso altrettanto bugiardo -ma amo giocare sopra ogni altra cosa.-
     
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    Nicholas

    Osservando in silenzio la sala d'asta che si svuotava, Nicholas si trovò a pentirsi non una, e nemmeno 2, ma bensì 4 volte della scelta fatta: ognuna delle quali, chissà come mai, gli avevano colpito gola e basso ventre, ogni qual volta lo sguardo gli era caduto su uno dei culetti che, a passo cadenzato, erano scivolati via nell'oscurità, verso l'uscita.
    Persino ad osservare quello di Imriel, che non solo conosceva molto bene, ma che con la divisa perdeva molto della sua gustosa e appetitosa forma, un senso di "colpa" estremamente pungente, l'aveva fatto irrigidire da capo a piedi, come se in quell'esatto istante in cui il Sergente Maggiore, accompagnato da Joscelin ed un Jude imbarazzato alla morte, Nicholas si rendesse effettivamente conto di ciò che si era negato.

    Accidenti: un'occasione persa dietro l'altra, un ondeggiare di soffici glutei dietro l'altro... ma ormai la sua scelta l'aveva fatta. Non c'era modo di tornare indietro, e non era nemmeno nella sua natura farlo: non si sarebbe fermato per qualcosa del genere, di occasioni se ne era fatte scappare in abbondanza durante tutto l'arco della sua esistenza sbandata, e ciò non era mai stato motivo di angoscia nè, tantomeno, ripensamenti.
    Semplicemente in quel momento gli rodeva aver rinunciato ad una serie di infinite possibilità che aveva immaginato con ognuno dei ragazzi presenti in sala (sì, Imriel compreso, anche se non era incluso in alcuna offerta), possibilità che includevano molta lingua, in diverse parti del corpo.
    Non necessariamente le sue.

    Vabbè, era andata, aveva scelto di passare del tempo in compagnia della Sig.na Sarah Gray e così avrebbe fatto, perchè dopotutto, se aveva preferito scegliere lei invece dei culetti, aveva i suoi buoni motivi.

    Si ritrovò poco dopo a stringere tra le dita un biglietto sigillato da cera lacca rosso intenso: all'interno, indirizzo ed orario nel quale sarebbe avvenuto l'incontro.
    Un Hotel a 7 stelle mh? La ragazza aveva intenzioni più che serie. La cosa lo fece sorridere: essere gay portava, sovente, degli svantaggi.

    --

    All'orario prestabilito Nicholas lasciò la sua moto al parcheggiatore ed entrò nell'immensa hall del Bakasaka con in volto dipinto un sorrisino soddisfatto. Sorrisino che non scomparve nemmeno quando il concierge, inchinandosi elegantemente al suo passaggio, fece una smorfia di disgusto fissandogli gli stivali.
    "Ho un appuntamento con la Sig.na Gray" disse Nicholas al recepionist in giacca e cravatta, il quale lanciò un'occhiataccia di totale disapprovazione al resto del suo abbigliamento: rigorosamente in pelle nera.
    Nicholas gli sorrise affabile. Sapeva di non essere per niente adatto al contesto, ma gli capitava spesso e la cosa non era mai stata un problema: di solito era il contesto stesso ad abituarsi alla "dimensione" della sua presenza, e non il contrario.
    Fu accompagnato comunque verso gli ascensori e gli furono date le indicazioni per raggiungere la stanza che la Sig.na Gray aveva preso per l'occasione.

    Non appena raggiunta la porta semi-aperta, come se la ragazza avesse percepito la sua presenza nonostante lo spesso strato di moquette rossa che ricopriva i corridoi dell'albergo smorzasse di molto il suono dei suoi passi, Nicholas si sentì invitare all'interno da una voce suadente ma tutt'altro che gentile.
    Non se ne preoccupò ed entrò ritrovandosi in poco tempo a fare i conti con qualcosa che non aveva mai provato in vita sua: rimase attonito a fissare la porta che si chiudeva alle sue spalle, e poi si ritrovò immobilizzato da quella strana "magia" che gli fasciò i piedi.

    Sinceramente, non sapeva proprio cosa diamine stesse accadendo ma, paura? Non era quello che provava.
    Stupore si, nel trovarsi di fronte a cose che la sua mente non riusciva proprio a spiegargli, e anche un attimo di smarrimento, nel comprendere nel profondo, da qualche parte, che probabilmente si era infilato in un grosso guaio.
    Ma paura... assolutamente no.

    Sorrise, prima fissando i germogli, poi alzando gli occhi sulla sua ospite, e nel momento in cui incrociò i suoi rise.
    Piano, una risata composta, ma profonda e sincera, nulla di sforzato "E questo, che sarebbe?" chiese, inarcando un sopracciglio, totalmente rilassato nonostante i fatti inspiegabili che lo stavano coinvolgendo suo malgrado "Se ti piace giocare, bambina.." aggiunse subito dopo "..stai sbagliando proprio modo." un altra breve risata lo scosse, mentre tornava a guardarsi i piedi e a scuotere il capo subito dopo. Tornò a fissarla, aprendo le braccia e mostrando i palmi "Sei scorretta. Totalmente, irrimediabilmente scorretta. Ti diverti così?" chiese, ostentando tutta la sicurezza che in quel momento sentiva scorrergli addosso.
    Abbassò le braccia e chinò la testa su un lato, continuando a sorridere "Non sei molto confidente nelle tue capacità, vero? Se hai bisogno di questi trucchetti per ottenere ciò che desideri" ridacchiò brevemente ancora una volta, guardandola come avrebbe guardato Joscelin che faceva i capricci quando non voleva andare a dormire: lo stesso sguardo pieno di compassione e affetto, di comprensione, perchè dopotutto aveva a che fare con dei bambini...
     
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  4. Xasar
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    Sarah11
    Sarah

    Sorprendentemente il Signor Wolf non era un essere umano come gli altri. Stupito ma non tremante di terrore. Ciò condì il volto della vampira d'una lieve sorpresa, un po' come una maestra si stupisce di quanto sia diligente un proprio alunno, così lei.
    Incrociò le braccia dietro la propria schiena, ciondolandosi sulle punte dei piedi come una ballerina. Intanto avanzava, lentamente. Ogni parola dell'uomo sfioravano delicate i suoi timpani, probabilmente senza sapere quanto quel suo dire la rafforzassero invece d'indebolirla. Lo guardava sorridendo, le labbra completamente distese. Continuava a nascondere dietro di esse due diamanti perfetti, le armi di cui ella disponeva per ferirlo, ma attese quieta e si avvicinò a lui come un ragno.
    Bambina. Che nomignolo ironico le aveva appena affibbiato. Certo, capricciosa ed egoista, dalle fattezze illusorie come tale. Eppure nel suo piccolo poteva vantare forse cinquecento volte gli anni suoi.
    Aveva l'aria fiera di chi non è intenzionato a scomporsi. Niente male. Ella non avrebbe certo lottato per farlo cedere, al contrario se fosse ceduto non gliel'avrebbe impedito.
    Ma se volete che io sia una bambina...
    -Scorretta, dite?- chiese ridendo, soffice e vellutata come l'ultima neve primaverile. Sostò per un singolo istante davanti a lui, guardandolo dal basso, lasciandosi sovrastare da quell'altezza imponente rispetto alla sua. Così grande, eppure così piccolo davanti a lei. Alzò gli angoli bella bocca, proprio come una bambina, senza arrabbiarsi dei gesti che egli aveva sputato a profusione. Fece finta di stare al gioco.
    Voltò alla sua destra e gli girò attorno, con estrema lentezza, esaminandolo dalla testa ai piedi. Sì, Nicholas Wolf, vi siete cacciato in un grosso guaio chiamato Sarah Gray. Il punto è... ne uscirete illeso?
    Egli rise, con tanta naturalezza da sembrare agli occhi di lei quasi forzato. Probabilmente non aveva idea che quelle cose ai suoi piedi non erano dei semplici trucchetti, ma un'arte magica delle più potenti. Un piccolo colpo assestato all'altezza della sua giugulare con un colpo di frusta e sarebbe morto. Uno squarcio nella gola, profondo abbastanza da poterci infilare tutte le dita di una mano.
    Beata ignoranza osò sollazzarsi lei. Le dita accarezzavano dolcemente la pelle sui propri avambracci.
    -Sono io a dettare regole qui e a condurre il gioco, mi pare.- rise di nuovo, sottile ed affilata -Voi invece, dovete essere molto confidente nelle vostre, se riuscite ad ostentare tanta tranquilità e superiorità.- si fermò dietro di lui, lasciandogli libera visuale sul resto della stanza. Tetra, buia. La luce della luna accarezzava solo i contorni degli oggetti vicini, scolpendo sul fine parquèt la sagoma indelebile della finestra. Un grosso fantasma bianco che terminava poco più avanti dei piedi dell'uomo, come se fosse l'ultima speranza alla quale aggrapparsi, la luce infondo al tunnel. Clausola che Sarah Gray non aveva previsto. Non le piaceva lasciar troppa scelta al suo pasto. Adorava essere una burattinaia senza scrupolo alcuno e se si presentava l'occasione, divorare senza troppi indugi.
    Allentò la presa dalle rispettive braccia e ne alzò una. La punta dell'indice, l'unghia appuntita alla sua estremità rigò la carne del collo in un solo movimento. Aveva cercato l'arteria carotidea e l'aveva trovata abilmente. Ghignò nella penombra, senza lasciar intendere oltre al suo ospite quali fossero i suoi reali scopi, anche se probabilmente li aveva già capiti. Era stata disposta a dargli tutto, ma lui adesso, per quel poco era suo. Questi erano i termini dell'asta, l'aveva comprato a buon mercato.
    Si sporse dolcemente in avanti, si alzò sulle punte dei piedi senza tuttavia arrivare dove voleva. Dei germogli di rampicante crebbero da sotto il pavimento, accanto a quelli di Oleandro e la sollevarono silenziosamente, permettendole di raggiungere il collo del Signor Wolf, il suo lobo ed il timpano, ai quali sussurrò dolcemente. Come una fioca cantilena, la sua voce non fece altro che trasporre qualche nota di quella melodia nella sua testa. Soffiò così, languida, forse ipnotica e scese su di lui, sul suo collo. Rapida come la cuspide di uno scorpione, le zanne da ragno colpirono la tenera carne. Uno spruzzo purpureo tra le proprie labbra, mentre inettava dentro di lui la sua di adrenalina. Sì, perchè con un solo morso, una stretta altresì letale, ella poteva regalare a chiunque la sensazione di un estremo piacere e la carica adrenalinica di un tuffo senza paracadute in un precipizio.
    Un assaggio. Non aveva bisogno d'altro. Si staccò così rapidamente da non dargli neanche tempo di reagire e scese dal suo piedistallo, senza tuttavia liberarlo o curarlo come faceva di solito con le proprie vittime. No, voleva vedere il suo sangue sgorgare via lentamente, vedere come con l'adrenalina riusciva a restare in vita.
    -Sì, mi diverto così.- rispose poi alla sua precedente affermazione, forse un po' in ritardo. Si leccò le labbra, conscia che da quella posizione egli non poteva vederla.
     
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    wolfw
    Nicholas Aveva seguito i suoi movimenti prestandole tutta l'attenzione di cui era capace, osservandola con il solito sorriso ad incrinargli le labbra, mentre lei si spostava nella stanza e parlava, sorridendo a sua volta, di regole e giochi.
    Ne aveva fatti tanti lui, di giochi, e anche in quel momento, a chilometri di distanza, c'era qualcuno che gli sussurrava tra i ricordi a quante, meravigliose, regole doveva sottostare per mantenere ciò che di più bello gli era capitato in vita sua.
    Ma nonostante tutto, nonostante l'attenzione che le prestava, una totale, indiscussa concentrazione tutta per lei, Nicholas ancora una volta si ritrovò a pensare a quanta scorrettezza e tremenda noia, tutto quel teatrino gli stava mettendo addosso.

    Sorrideva sì, ascoltava, guardava, percepiva, ma con una leggerezza che non avrebbe mai riservato a qualcosa di fondamentalmente attraente come la Sig.na Gray si affannava di essere, tentando con ogni trucco, gesto, tono e sorriso, di apparire estremamente... non gli veniva la parola... forse... dominante?
    Facile così.
    Anche lui sarebbe stato capace di sembrare forte e pericoloso agli occhi di chiunque, se l'avesse prima bloccato senza lasciargli capacità di movimento o reazione, e poi avesse imbastito tutta una serie di situazioni per metterlo in soggezione.
    Naa... che inutile spreco di energie, non era il suo stile, affatto, nè qualcosa che potesse colpire, in modo prorompente, la sua curiosità o voglia di scoprire, capire e comprendere.

    E dire che, sul serio, più ci pensava, in quegli istanti, e più ci aveva pensato, nei momenti che avevano preceduto quell'incontro, più si rendeva conto di "sapere", non comprendeva come ma restava una spina conficcata nei suoi ragionamenti, o forse più in profondità, che Sarah Gray era interessante.
    Aveva notato subito la sua innaturale bellezza, e anche se le donne non avevano quel "preciso ascendente" sulla sua persona, non era uno di quegli uomini che non sapevano riconoscere qualcosa di bello solo perchè non era di suo gusto: ma tra quelle note melodiose ed armoniche di cui Sarah era ammantata, e che l'avevano fatta spiccare come una lucciola pulsante nella sala d'asta, aveva anche notato qualcos'altro. Qualcosa che l'aveva portato lì, curioso e fremente.
    Qualcosa che ora sembrava svanire, come un dettaglio insignificante, schiacciato sotto la coltre soffocante che anticipa il disinteresse.

    Fu un istante però, nonostante fosse convinto di aver pensato a lungo, in realtà non erano passati che una manciata di secondi, e ora Sarah gli stava alle spalle, sentiva il suo respiro contro l'orecchio, ma non sorrideva più e forse nemmeno lei.
    L'attimo dopo, quello in cui aveva preventivato di voltarsi e cortesemente chiederle di interrompere quell'incontro perchè con certe "regole", come lei le aveva chiamate, non era assolutamente disposto a proseguire la serata, si perse.
    Totalmente, inesorabilmente, sentì ogni pensiero dissolversi, spazzato via da un vento bruciante che lo fece boccheggiare, mentre lo stomaco gli si svuotava totalmente, lasciando solo un enorme grandissimo buco dentro il quale sentì defluire violenta la sua capacità di ragionamento.
    Ogni sentimento e sensazione che aveva provato fino a quel momento, cominciarono a mescolarsi, unirsi, a creare alla velocità della luce, nuove sensazioni e nuovi sentimenti. Colori, sapori, odori, la pelle che si riempiva di violenti brividi, l'estasi che violenta prendeva possesso del suo corpo, del suo pensiero, della sua anima.

    E poi tutto tornò reale, vero e presente, persino lui.

    Si ritrovò a fissare la stanza di fronte a sè, che era sempre rimasta lì, lo sapeva, ma che fino a poco prima vorticava come ogni altra cosa all'interno e all'esterno di quelle quattro mura, e per qualche secondo non ebbe la forza di rispondere, la sua mente troppo sconvolta nel percepire l'intero corpo in "accelerazione", quando poco prima era stato così calmo, quasi spento, annoiato.
    Ora invece aveva il cuore in tumulto, un galoppare frenetico di battiti in successione: lo sentiva nelle orecchie, nella gola, persino nelle iridi. Battere, battere, battere. Cristo!

    Deglutì, ancora immobile, lo sguardo fisso di fronte a sè, cercando di riordinare i pensieri e dare una spiegazione a ciò che aveva appena provato, ma ci rinunciò presto, preferendo invece voltare la testa per osservare il volto di Sarah. Non lo fece con l'intenzione di ricercare nel suo sguardo quella spiegazione che lui non riusciva a darsi, nè per guardarla male, minacciandola, semplicemente la guardò, come aveva fatto fino a qualche minuto prima con i complementi d'arredo che li circondavano "Ti diverti male" sentenziò con voce tranquilla "Estremamente male" sorrise, ne aveva ancora facoltà, e lo scoprì mentre i muscoli del viso gli facevano piegare le labbra, in un modo così naturale da risultare quasi sforzato.
    Ma era sincero, Nicholas era un uomo fin troppo vero e reale, fin troppo inamovibile nella sua personalità, e solo ad una persona era concesso sconvolgerlo da capo a piedi.
    E quella persona non era Sarah Gray.

    Lentamente alzò una mano, per toccare il punto in cui sentiva il collo bruciare, e si osservo le dita dipinte di rosso intenso, quel rosso che gli pulsava nel cuore troppo velocemente.
    Inarcò un sopracciglio a quella vista, mentre si concentrava a strusciare i polpastrelli tra loro "Non puoi lasciarmi segni.." disse, alzando di nuovo lo sguardo su di lei "..se lo fai mi metti nei casini" ridacchiò e cercò con lo sguardo qualcosa che avrebbe potuto aiutarlo a pulirsi.
    Intravide una piccola pila di morbidi asciugamani adagiata su una sedia, e li indicò con una mano "Me ne passeresti uno?" chiese, senza più pretendere di essere lasciato libero di muoversi "Su, non fare quella faccia" proseguì, osservandola attentamente, sapendo che forse non le tornava vederlo così tranquillo. Probabilmente era abituata a vedere gli uomini scattare impauriti o caderle ai piedi dopo che aveva fatto provare loro, quel che aveva fatto provare a lui.
    Ma è una cosa già detta: solo ad una persona Nicholas aveva concesso di sconvolgerlo, e non per sua totale volontà, ma perchè solo quella persona era capace di farlo. Assurdo vero? Forse sì, forse un giorno sarebbe spuntato qualcun altro con quello "strano potere", ma non era quello il giorno.

    "Sai.." proseguì Nicholas in tono molto confidenziale, dopotutto lei si era concessa certe libertà, concedendo a lui nel contempo, di comportarsi in modo del tutto naturale, come se stesse rivolgendosi ad un'amica di vecchia data "..mi sembra che i giochi che piacciono a te, sono gli stessi che piacciono agli animali molto pigri" l'osservò con occhi divertiti "Per spiegarla meglio, mi sembri un gatto che, annoiato dalla sua esistenza di gatto, non ha più voglia di andare a caccia di topi vivi, ma preferisca dar zampate a quelli morti e ci si diverta pure.." quella era l'esatta impressione che le dava il suo atteggiamento "..è un peccato" commentò in seguito "E' uno spreco di abilità che, sinceramente, potresti sfruttare meglio" si osservò i piedi brevemente, poi chinando la testa, guardò quei rampicanti che sbucavano da terra e la sollevavano di parecchi centimetri dal pavimento "Sinceramente, se vuoi sapere come piace divertirmi a me, la caccia è molto più allettante. La preda che fugge, il raggiungerla, catturarla, ma soprattutto lasciarla libera poi.." sorrise tra sè, convinto "..sapendo che tornerà spontaneamente" alzò gli occhi per fissarla nei suoi "Perchè è questo che fa un vero cacciatore: porta la preda ad una resa naturale, perchè acquista di gusto sapere che, senza costrizione, trucco od inganno, ciò che prima ti temeva e sfuggiva, è pronto poi a fare qualsiasi cosa per lasciarsi prendere da te" rise piano, poi di nuovo voltò la testa e indicò gli asciugamani "Dai passamene uno che mi si macchia la maglia e poi, cazzo, mi tocca sorbirmi una menata assurda su quanto "siano difficili da togliere dai tessuti le macchie di sangue"...!!" rise, perchè Imriel partiva come una locomotiva impazzita se si trattava di "macchie che non si toglievano" e poi guardò Sarah "Tu non hai idea di quanto possa essere stressante, passare una serata a farsi insegnare quanti tipi di candeggina, ammorbidente, detersivi, smacchiatori esistano sulla faccia di questo pianeta" rise ancora "Quindi, per favore?" provò a chiederlo con gentilezza, sperando che gli concedesse di non farsi uccidere da Imriel una volta tornato a casa.
     
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  6. Xasar
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    Sarah11
    Sarah

    Per quanto violenta, per quanto tenace fu la sua presa, capace di scatenargli all'interno quelle tali emozioni, i guitti di tranquillità appartenenti a Nicholas Wolf furono evidenti ed immancabili. Forse, tanto quanto lo furono quelli di Sarah Gray, tornata a sorreggersi con i propri piedi su quella pavimentazione fredda e scura. Il volto di lui sorridente, i nervi ancora tenacemente aggrappati alla propria sanità, irremovibile sul voler cedere all'irrefrenabile voglia di dimenarsi e dibattersi. Devi essere un uomo di sano controllo, Nicholas.
    Ma a lui si limitò a sorridergli a sua volta, sferzante e nel contempo tranquilla. Lentamente prese ad allontanarsi da lui, terminando il suo giro al perimetro dell'Oleandro per tornare a quella poltrona, la stessa che l'aveva sorretta all'entrata del suo ospite. La voltò dolcemente, facendola cigolare appena sul liscio parquèt, fino a rivolgerla verso l'uomo. Aria per nulla turbata, nè dalle sue parole nè dai suoi probabili pensieri. Non gli rispose, nè commentò. Si limitò a sedersi ed accavallare le gambe, fino a posare gli occhi di vivida porpora su di lui, osservare ogni singola goccia di sangue fluire dalla ferita sul collo.
    Quando lo sguardo di lui tornò su di lei, con quello che sembrava quasi un ordine seguito da una fievole risata, il suo sorriso si allargò dolcemente, provando un estremo gusto a vederlo lì, nell'essere più naturale possibile, ma totalmente inconsapevole di quelle che erano state le vere intenzioni di lei fin dall'inizio. Una chiara conferma arrivò dalle succesive parole, quelle che suonarono alle orecchie della vampira come un racconto, una favola con una morale piena di accuse e consigli dediti solo a farla sentire in colpa, farla vergognare di quello che aveva fatto e di quello che era, proprio come se fosse stata una bambina frettolosa alla quale si doveva ad ogni costo insegnare come cacciare o come divertirsi. Essere paragonata ad un gatto annoiato che gioca con i topi morti, la fece sghignazzare non poco. Quindi tu saresti il topo morto? Intrappolato come sei, mi sembri più la mosca nella tela del ragno che ha appena finito di dibattersi dopo aver realizzato che altrimenti la situazione non si risolve.
    Lo lasciò parlare, senza interromperlo minimamente, per quanto la sua opinione potesse non essere condivisa da lei stessa. Nei dialoghi sapeva essere una buona ascoltatrice ed una persona estremamente educata, anche se dai modi effettivamente rudi. Eppure, una volta che ebbe terminato e che per l'ennesima volta le ebbe chiesto di passargli quei maledetti asciugamani, per non farsi ammazzare da Imriel, il suo compagno, le fu impossibile non ridere di gusto. Era effettivamente incredibile quanto egli avesse più paura di farsi uccidere da una persona che non l'avrebbe mai ucciso veramente che da una vampira asssetata di sangue e indolente di fronte alla morte.
    Dovette coprirsi la bocca con una mano, stringere gli occhi per l'effettiva comicità che trovò in quelle sue parole. Per quanto non le interessasse degli effettivi pensieri che Nicholas Wolf le aveva riservato, sembrava essere quanto mai più interessata al perchè dovesse aver paura del suo compagno. Argomento che avrebbe toccato immediatamente dopo avergli dato la possibilità di ragionare almeno su un suo errore di calcolo.
    -Io vi ho fatto delle offerte, Signor Wolf. Nessuna costrizione vi è stata imposta nell'accettarle. Semplicemente vi han fatto gola, come l'odore di nettare all'interno della bocca di una pianta carnivora sia allettante per un insetto. Certo, non nego che per vostre indubbie preferenze vi sareste volentieri allietato con qualche giovane ragazzo e dal bel fisico, ma non è solo a voi che avete pensato in quel momento. Ed io, da cacciatrice quale sono, ho messo in palio questo tentativo, attendendo pazientemente. Eppure siete arrivato nella mia stanza con le vostre gambe, proprio come l'insetto nella bocca della pianta carnivora ci arriva con le proprie ali, sperando di trovare chissà quale meraviglia o di passare chissà quale serata.- sospirò flebilmente, tornando a poggiare la mano su quel bracciolo e la testa allo schienale, rendendo la sua posizione più comoda possibile. Continuò poi, ancora più morbida -Sapete, mille anni sono lunghi e noiosi. I secoli si susseguono uno dopo l'altro senza che nulla cambi se non il panorama e la moda. Dell'abitudine di cacciare mi son annoiata. Uno sforzo inutile e che non riusciva più ad appagarmi dopo secoli di gioco. I giorni passavano e lentamente ho cominciato ad essere un ragno che tesse la sua tela. Come esso attendo che le prede si gettino dentro di essa e ne rimangano intrappolati, come adesso lo siete voi all'interno del mio Oleandro. Certo... a differenza del ragno io dò un incentivo migliore, ho il fascino dalla mia parte e so usare le parole al momento giusto. Tuttavia, quando un insetto rimane intrappolato nella mia tela non pianifico mai di lasciarlo andare e farlo tornare da me spontaneamente, perchè nessuno vale tanto. Nemmeno voi, Signor Wolf.-
    Disgiunse le gambe e le accavallò nell'altro senso, sporgendosi appena al limitare di quella poltrona per farsi baciare dai raggi della luna. Uno scintillìo nei capelli rassomigliò ad una mano gentile, un ricordo troppo lontano ma ancora indelebile che l'accarezzò senza un fremito. Un sospiro e il dolce rammentarsi che a lei quella vita era cessata d'esistere nel momento stesso in cui il suo destino s'era macchiato di tale bestemmia. Ma nessun urlo era abbastanza potente da squarciare il tempo.
    -Siete solo un pasto che ho voluto pagare ad un'asta, come può esserlo del buon caviale comprato nella migliore pescheria. Non rappresentate niente di speciale per me, se non l'ennesima dimostrazione che posso materialmente dare ed ottenere ciò che voglio. Per quanto riguarda dolci pensieri e fette della gratitudine degli altri, nè faccio volentieri a meno.- parole afferrate con calma, sistemate sulla lingua e raccontate con estrema flemma. La pancia bagnata di sangue la rendeva quieta, più di quanto non lo fosse effettivamente stata. Forse perchè arrabbiarsi non sarebbe servito a niente, se non a renderlo ancora più caparbio e maledettamente sicuro di sè. Debolezze, il mondo dei vivi ne era pieno, così come l'era stata anche la sua vita. Non voleva che nella sua non-vita continuassero a sussistere al costo di pesarle sulle spalle, come una malefatta sulla sua insulsa coscienza. Non era più umana, non più. Non aveva congetture o simili dubbi da porsi. Era schietta e fredda, unica nel suo genere in quanto a potere ed immortalità. Nessun timore, nessuno...
    -Non avete capito?- chiese poi, scrutandolo, mentre si sollevava un asciugamano dal mobiletto, aiutato da un rametto di alloro a protendersi verso di lui. Una richiesta vacqua...sarebbe servito a fermare il sangue quello straccio, da solo? Forse solo a non sporcare a terra e i suoi preziosi vestiti -Voi stasera qui potreste morire, non rivedere più le persone a cui tenete, non poter andare più in giro a fare il Latin Lover. Eppure non credo sia questo quello che vogliate... altrimenti non mi avreste pregato di darvi questo ridicolo straccio.-
     
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    Nicholas rise.
    In modo del tutto spontaneo e tranquillo, mentre premeva l'asciugamano sulla ferita che, si accorgeva solo ora, era bella profonda e buttava sangue a volontà.
    Aveva provato un certo brivido a sentirsi dire che sarebbe potuto morire lì e in quell'istante, che non avrebbe potuto più rivedere Imriel.. e Joscelin, ma nonostante tutto rise perchè "Nessuno mi ha mai dato del caviale sai?" tra un tremore e l'altro "Devo prenderlo come un complimento?" chiese, perchè sul serio, essere paragonato a del caviale lo spiazzava alquanto, e lo faceva ridere "Non potrei essere tipo... una bella aragosta di quelle polpose o non so, qualcosa di più grosso?" la osservò divertito "Il caviale per come la metti la metti, è minuscolo! Non ho niente in comune col caviale io." precisò, facendole poi un occhiolino giocoso.

    Si rendeva conto del rischio che stava correndo, non era un totale coglione come spesso Imriel gli ricordava di essere, ma lui lo faceva con il preciso intento di punzecchiarlo e dimostrargli tutto il contrario: sempre bisognoso di rassicurazioni il Sergente Maggiore.. e lui gliele dava volentieri.
    Ma nonostante tutto non si sentiva affatto, come dire, in pericolo? E non perchè la Sig.na Gray non avesse messo ben in chiaro le sue capacità o la sua ferocia che celava magistralmente dietro un bel vestitino e un aspetto quasi umano, ma semplicemente perchè Nicholas sapeva di non aver lasciato niente in sospeso con nessuno. Se non proprio con la sua ospite, che sembrava aver frainteso parecchie cose e quindi, meglio precisarle prima che continuasse con quella sua linea di pensiero all'apparenza logica, ma del tutto sbagliata.
    Si schiarì la voce, girando l'asciugamano per premerlo poi più forte sulla ferita e la fissò intensamente, senza però smettere di sorridere "Credimi, non è mia intenzione offenderti, sei una ragazzina così carina che se mi piacessero le donne forse ti farei una corte sfrenata, ma sinceramente, ti rendi conto che sei un cadavere?" lo disse con un'espressione assolutamente comprensiva dipinta in volto, quasi impietosito, sicuramente dispiaciuto "Ora, non che sia abituato a incontrare tutti i giorni persone come te, ma lavoro con persone morte quasi tutti i giorni da più di 7 anni, e tu sei una di quelle a tutti gli effetti. Puoi usare tutti i trucchi che vuoi, sia magici che di quelli comprati in profumeria (e per essere chiaro: sei dannatamente brava a truccarti! Te lo dice un esperto), ma resti comunque qualcosa di non vivo." fece una pausa, lasciando scorrere lo sguardo sul suo corpo, dal viso alle braccia scoperte, fino alle gambe, lisce e dalla muscolatura perfetta.
    Divenne serio "All'inizio, alla casa d'asta di Eligor, ho pensato che fosse la stanchezza.." alzò lo sguardo sui suoi occhi mentre un angolo della bocca saettava verso l'altro "..sai, il mio uomo è stato abbastanza convincente da farmi passare una notte insonne.." dettaglio forse inutile da precisare, ma gli piaceva parlare di Imriel, era diventato così naturale includerlo nei suoi discorsi, che ormai nemmeno ci faceva più caso "..e quindi.." continuò "..ho notato che avevi qualcosa di strano ma, non capivo cosa. Poi via via più ti guardavo, più guardavo gli altri, più mi rendevo conto di cosa c'era che non andava: sei immobile. Totalmente immobile, come solo le statue e i morti sanno essere. La tua pelle, bellissima pelle, è priva di vita, e non parlo di colore eh? Non fraintendermi, hai un bel colorito" precisò, non voleva sul serio offenderla, ma chiarire il concetto "Ma nonostante tutto è statica, si vede che non c'è alcuna.. come esprimere il concetto senza andare nello scientifico? Nessuna scintilla, nessuna evoluzione, niente di niente. E quando ho notato questo, quando mi sono reso conto che sotto la tua pelle ogni movimento era totalmente innaturale, ogni gesto, irrimediabilmente sbagliato, ho voluto accettare la tua offerta per capire" tossì appena e sospirò, di sangue ne stava perdendo abbastanza quindi cominciava un pò a risentirne "La mia intenzione era di venire qui, di toccarti, di sentire se la pelle delle tue mani è davvero così glaciale come sembra e poi parlare, chiederti perchè questa scelta, cosa stai cercando, cosa ti manca e cercare di capire perchè accetti tutti i giorni della tua non-vita, di essere morta" fece un'altra pausa per lasciarle modo di comprendere in toto le cose che le aveva detto, poi proseguì "E questo si allaccia al tuo discorso sul mio rischio di morire: ammazzami pure se ti fa piacere, non ho lasciato niente di sospeso con le persone che amo, al limite, l'unica cosa che può comportare un mio prematuro decesso è che tra qualche giorno tu mi seguirai a ruota. E non è una minaccia eh? No no, non sono tipo da minacce, non fraintendere: ma io a casa ho qualcuno che mi aspetta, e che se scopre che mi hai ammazzato, smobiliterà mari e monti per darti la caccia - e stavolta nel vero senso del termine -, trovarti e farti soffrire ogni pena che puoi immaginare prima di farti fuori. E la differenza dove sta? Che io, una volta morto, so più o meno che fine farò. Ma tu? Che fine fanno i morti che sono già morti e non hanno voluto rimanersene morti?" chiese, con genuina curiosità "Hai paura di morire, vero? Altrimenti non avresti vissuto 1000 anni. Io non ho paura." sentenziò, per poi sorriderle gentile "L'eternità rende così spaventati, spauriti, soli?" chiese.
     
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    Sarah

    No, decisamente vedeva più appropriata la sua figura al caviale piùttosto che ad un'aragosta. Le venne da sorridere a quel suo tentativo scherzoso di farle appioppare un'idea più consona alla sua persona, ma non gli diede troppa retta. Si limitò a ciondolarsi sulla poltrona.
    Lo guardò asciugarsi il sangue con l'asciugamano, tamponarlo e rallentare ogni fuoriuscita sanguinolenta dal proprio collo. Quale tentativo pressocchè inutile il suo. Chiuse gli occhi, lasciando che l'odore acre e metallico di quella bevanda curiosa invadesse la stanza. Le mura ed il pavimento sembravano voler assorbire nuovamente quella fragranza, proprio com'era successo con Raiden, proprio come sarebbe potuto accadere con Mezzo. Già, quell'uomo... chissà che fine aveva fatto.
    Egli si schiarì la voce, ma Sarah non alzò gli occhi su di lui. Continuò a tenerli chiusi, fissava un vuoto buio come neanche da addormetati si poteva fare, persa totalmente in un mondo diverso, un mondo suo. Lì non poteva essere toccata, ferita, ma chi avrebbe potuto farlo del resto? Nicholas Wolf. Osò, probabilmente più di quanto avrebbe dovuto. Le sue parole andarono a colpire un punto non più così tanto schermato, il gelido cuore artico che non batteva più al suo interno.
    Aprì gli occhi in un solo battito di ciglia, puntando gli iridi incandescenti verso l'uomo. Silenziosa, le sue sopracciglia s'aggrottarono lievi. Una dolce ruga sul suo volto, le labbra cambiarono completamente forma. L'indifferenza truce si prese possesso momentaneamente della sua immagine. Non v'era più un sorriso, nè uno sguardo carico di derisione. C'era attesa e concentrazione, il momento di un altro passo falso.
    Un cadavere... pensò, facendogli eco dentro la propria testa ... lo so bene.
    Rimembranze tristi e violente del suo passato. L'abbandono, la fuga, la trasformazione. Tutto si riflesse in lei, nelle sue pupille scure e vuote.
    Lo stette ad ascoltare, pur conscia che lei non si fosse mai truccata in vita sua, che quello fosse il medesimo aspetto di quando era morta. Statica però, completamente immobile ed immutabile. 1000 anni da ragazzina. Bè, almeno poteva vantare di essere stata sia giovane che vecchia nello stesso istante, ma a che prezzo?
    Egli non era venuto lì per le sue offerte, ma per capire e vedere con i suoi occhi. Capire "perchè accetti tutti i giorni della tua non-vita, di essere morta"
    -Perchè non accettarlo significherebbe morire veramente.- un sussurro impercettibile. Gli occhi si chiusero nuovamente alla luce di quelle parole.
    "Che fine fanno i morti che sono già morti e non hanno voluto rimanersene morti?"
    -Scompaiono nel nulla, poichè la loro morte violenta li priva completamente dell'anima.- la sua bocca si dischiuse nuovamente, con lentezza, rivelando le punte di quei pericolosi canini.
    "L'eternità rende così spaventati, spauriti" paura di cosa? lei non poteva morire, non ci sarebbe stato alcun modo possibile per farla fuori. La rigenerazione della quale era stata dotata al momento della trasformazione, si era sviluppata così tanto in soli mille anni che adesso era veramente immortale. Non era solo una creatura che non poteva invecchiare, ma nessun'arma, nessun anatema, poteva sperare di abbatterla. Eppure... "soli?"
    Ricordò nuovamente sè. I giorni felici passati al feudo. Suo fratello Erick accompagnava ogni loro pomeriggio con una dolce melodia del suo flauto di pan. Adam la portava in spalla quando si faceva male. La fuga da casa, l'accoglienza di quel lord delle terre lontane e poi... la frantumazione di sè stessa, della sua essenza primaria. Era come se fosse quel giorno. Sentì la propria anima andare in pezzi, scivolare come polvere dalle sue mani e rimanere inerte, priva di ogni forza. Il freddo, il gelo e la morte come unici compagni. Ogni persona che l'aveva mai conosciuta e alla quale si era mai affezionata era perita per le ingiurie del tempo, della breve vita. Nonostante tutto lei si era sempre e solo nutrita, non aveva mai trasformato nessuno per non regalare quelle medesime sofferenze ad un altro essere umano. Meglio la morte, senza alcun dubbio. Ma se all'inizio della sua immortalità ne era spaventata, negli ultimi secoli l'aveva bramata più di ogni altra cosa, pur conscia che ciò non sarebbe mai potuto accadere. E' come tentare di accoltellare l'aria. Per questo non la spaventò l'avvertimento di Nicholas, nè la determinazione di Imriel. Avrebbe potuto farlo fuori e piegarlo come un fuscello, ma si risparmiò dal dirlo.
    -Sei uguale agli altri.- ora ne aveva la conferma. Rassegnata, il suo sguardo cupo s'addolcì. Se dentro di lei aveva covato la speranza di aver trovato una persona che non la paragoasse ad un semplice cadavere, ora ogni speranza era persa per sempre.
    Mezzo Estragon aveva visto della vita in lei. Com'era stato possibile che fosse l'unico a vederla? Ancora le sue parole le risuonavano in testa, martellandola e spaventandola come mai l'era stata in vita sua "Sei più viva tu di chiunque altro" a sentire Nicholas invece, il drogato di caffè appariva tremendamente cieco o decisamente pazzo.
    Non so neanche io più a cosa credere.
    Sapeva soltanto di riuscire a provare emozioni e sensazioni, rabbia, dolore, gioia. Qualcosa che ad un cadavere non era concesso di fare. Ma era sufficiente?
    Si alzò dalla sua poltrona, sospirò insofferente e si avvicinò nuovamente al suo ospite, scostando il panno che egli teneva premuto contro la ferita. Bastò un solo semplice tocco in quello squarcio e in una piccola scia di fumo rossastro, iniziò a rimarginarsi velocemente. Le dita fredde di lei scorsero lungo il suo collo bollente, circoscrivendo il contorno di quei segni. Non vi fu più traccia di cicatrici o quant'altro, come se il fatto non fosse mai avvenuto.
    Senza movimenti aggiuntivi, gli arbusti di oleandro che tenevano saldi i piedi dell'uomo a terra, tornarono a far parte della pavimentazione.
    Rimase in piedi davanti a lui, guardandolo stanca. Non sorrise nè lo minacciò come avrebbe fatto usualmente. Si limitò a fissarlo negli occhi, forse dispiaciuta. Forse era lui il cieco e non Mezzo.
    -Se voi aveste vissuto almeno la metà dei miei anni, sapreste che alla miea età non si può più provare paura per sè stessi. Potrei uccidervi, aspettare che il vostro compagno venga qui sperando vendetta e far fuori anche lui, figlio compreso. Non posso morire semplicemente, non posso essere esorcizzata, questo perchè non sono una vampira comune e non un semplice cadavere. Ma sapete, sono stata definita così e disprezzata da talmente tante persone che, onestamente, mi ha reso insofferente ai commenti e alle opinioni degli altri. Eppure, sono sempre la persona che ero... è vero, non posso più crescere, cambiare, invecchiare, morire... il mio cuore non batte più da molto tempo... ma i miei sentimenti da allora non sono cambiati. Sono sempre la stessa Sarah Gray.- abbassò lievemente la testa, proprio come una bambina colpevole di aver rovesciato il barattolo dei biscotti -Essere vivi... è veramente solo un dato biologico?-
     
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    La sua intenzione non era stata affatto quella di offenderla, l'aveva già precisato prima di cominciare ad imbastire tutto quel discorso, ma il risultato, insieme a quello sperato ovvero essere liberato, era stato proprio quello.
    Mentre sentiva la carne sfrigolare sotto il tocco gelido delle sue piccole e graziose dita affusolate, l'osservò attentamente, in silenzio, valutando ogni sua parola, soppesandola, cercando di comprenderne il significato recondito, perchè uno o più di uno dovevano per forza averlo: un essere così antico doveva per forza parlare e non dire, dire ma non tutto, perchè in quel secolo di vita aveva visto passare davanti ai suoi occhi così tante cose, così tante vite, da non riuscire forse a ricordarsele tutte.
    O forse sì, e la cosa gli appariva ancora peggiore.

    Quando la vide chinare la testa e si ritrovò a fissare le sue ciocche perfette, di un colore eterno che sembrava catturare tutta la luce della stanza e anche quella poca che proveniva dalla notte all'esterno della stanza, sorrise. Fu automatico il gesto successivo, quello di alzare la mano, poggiargliela sulla testa per un millesimo di secondo e poi lasciarla scorrere giù, a scaldare il profilo del suo volto col palmo bollente che l'aveva sempre caratterizzato "Oh finalmente.." commentò, un tono di voce dubbioso ma non più divertito, semplicemente dolce anche se la fredda pelle che stava accarezzando avrebbe forse meritato un tono tremante e sorpreso "..ora si, che sei te stessa" aggiunse, chinandosi appena sulle ginocchia per scrutarla negli occhi e sorriderle.
    Non aveva paura di lei, non quel tipo di paura che una preda avrebbe palesato nell'essere chiusa nella stessa stanza con un cacciatore efferato come Sarah, perchè lei lo era, una graziosa bestia assetata di sangue nel più puro e semplice significato del termine.
    Non ne aveva avuta nemmeno per un istante, nemmeno quando l'aveva messo sadicamente di fronte al fatto che poteva non rivedere mai più Imriel.
    Quel che provava era curiosità e, assurdamente, comprensione.
    Non si spiegava il perchè, ma piuttosto che vedere Sarah come un essere "superiore" e invincibile, la vedeva come una ragazzina sola e troppo abituata a portare una maschera da lei stessa creata, per potersi rendere conto di quanto erano invece semplici le cose, anche nella sua "condizione" se così la si poteva definire "Allora Signorina Sarah.." le disse, sorridendole mentre allontanava la mano dal suo volto, per spostarla sul collo, mandandole indietro i capelli, oltre la spalla "..cosa è che realmente volevi da me? Non penso spaventarmi nè farmi credere di essere in trappola. Cos'è che realmente desideri da uno come me che, diciamocelo, non è che sono niente di speciale." ridacchiò "Mi hai dato del caviale dopo tutto" aggiunse, facendole l'occhiolino "Qualsiasi cosa tu voglia potresti provare a chiedermela no? O a conquistarla se preferisci, che gusto c'è a prenderla con la forza?" chiese ancora avvicinandosi di più, inspirando il profumo in cui era immersa, come se una nube di intoccabilità la circondasse completamente, e guardandola in ogni angolo del viso, memorizzando ogni tratto, ogni impercettibile espressione che ora gli sembravano molto più vere e sincere "Prova. Magari non sono poi davvero come tutti gli altri.." suggerì.
     
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  10. Xasar
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    Sarah

    Sentì una mano sopra la sua testa e la voce dell'uomo cambiare completamente. Istintivamente alzò lo sguardo, poi il volto. Tutto era cambiato in meno di qualche secondo. Era cambiata lei, era cambiato lui, come se tutto fosse stato progettato sin dall'inizio. Si sentì tremendamente stupida e piccola, una vera bambina, quella che era sempre stata infondo. Forse perchè morire a 17 anni e rimanere per sempre tale ha il suo peso, per quanto ci si sforzi d'ignorare le cose.
    Ma egli la trattò come se l'avesse sempre attesa ed ella ne fu lievemente turbata. Essere sè stessa, che significava? Sarah pensava di essere sè stessa ogni sacrosanto giorno passato a vedere le cose cambiare, subirne il peso assieme a quello della propria esistenza ultraterrena. Non aveva dimenticato ciò che era, non aveva costruito niente di ciò che si mostrava essere. Forse il suo vero io non era altro che la stanchezza del mondo odierno, di quel vivere e rivivere continuamente i solit giorni e condirsi di persone quell'animo che non aveva più.
    Sentì il palmo di lui premere contro la sua guancia. Un calore tremendo al quale non era più abituata. Neanche le mani del Signor Estragon avevano questo tepore, anche se avevano palesemente il colore del bruciato. Nicholas era come un fuoco che divampava, sprigionava tutta quell'energia e la rilasciava in un respiro tra le proprie dita. Le ricordò vagamente Erick, quel giorno, il suo salvataggio. Quando la prese in braccio era del medesimo calore, come una fiamma viva.
    Cosa voleva veramente da Nicholas che non potesse ottenere in nessun altro modo? Forse solo l'ennesima anima da tormentare o forse l'ennesima persona che avrebbe contribuito a farla crescere e non viceversa.
    L'aveva capito solo in quel momento. Nicholas era un uomo vero, qualcuno che non si lascia scoraggiare dai momenti avversi e non gliel'avrebbe mai detto. Un orgoglio impossibile da spezzare quello di lei, così come le catene che la tenevano inchiodata alla vita, come un fantasma con ancora qualcosa da compiere.
    -Nulla in particolare...- si limitò a rispondere, sottile e vellutata. Continuava a tenere lo sguardo basso, gli occhi che lentamente spegnevano il loro rosso acceso per donarle nuovamente il vivido castano di sempre. Vuoti e privi di una reale luce, ma in quel momento si alzarono, cercando lo specchio in quelli di Nicholas. Illuminati da quel breve raggio di luna che spostandosi aveva inziato a percorrere la figura dell'uomo, le sembrarono due strani diamanti azzurri.
    -Scusatemi per il disturbo arrecatovi.- sussurrò per ridacchiare infine -E se vi ho dato del caviale...- cercò di sorridergli, qualcosa che aveva fatto difficilmente nella sua vita, per lo meno in modo sincero e non irrefrenabilmente spregevole.
    Alzò il palmo della propria mano destra allo scostar di capelli che il biondo le provocò. Gli rivolse le dita e dal centro di esso nacque un piccolo seme. Avvicinandosi glielo mise nella tasca dei pantaloni, molto abilmente e rapidamente.
    -Conservatelo. Piantatelo magari... sboccerà presto e diventerà il fiore che desiderate. Non ho altro da potervi offrire al momento oltre alle promesse che vi ho fatto e che troverete non appena tornato a casa.- sospirò, lasciando che i germogli di prima spalancassero nuovamente la porta. L'invito se non il permesso di potersi congedare. La sua vita era salva, lei l'avrebbe lasciato andare con diversi pro.
    -Voglio solo che lo lasciate crescere... e che per tutte le volte che dovete lavorare con i morti, voi ricordiate che avete trovato un cadavere che può muoversi e parlare.- ultime parole, arretrò dolcemente di qualche passo, continuando a sorridergli. Calda e rassicurante. No, mi sbagliavo... non sei come gli altri.
    Si sedette nuovamente alla sua poltrona, immergendosi nella sua oscuriutà. Chiuse gli occhi, abbandonandosi ai suoi pensieri. Lo abbandonò così, con mille risposte non date e mille perchè.
    -Addio, Nicholas Wolf. Grazie per la visita.- si perse nel suo mondo, ancora una volta.






    "Benvenuto in mia casa, entrate libero e franco e uscitene poi sano e salvo e lasciate un poco della felicità che portate con voi"

    Dracula, nel libro di Bram Stoker

    Edited by Xasar - 3/10/2011, 20:46
     
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    Ciò che gli dispiaceva di più era vedere che, quella possibilità di dialogo tra loro, era nata troppo tardi, allo scadere del tempo che era stato concesso loro di passare insieme.
    Accettò il suo regalo, non avrebbe potuto fare altrimenti, interrogandosi sul suo significato, chiedendosi, allo stesso tempo, che tipo di fiore sarebbe sbocciato: sperava non una pianta carnivora, visto il soggetto, e la cosa lo fece sorridere proprio mentre lei tornava a sedersi sulla sedia, come una bellissima statua su un trono fatto appositamente per lei.
    L'osservò per qualche secondo, dicendosi che no, non avrebbe mai potuto dimenticare lei e l'esperienza che gli aveva concesso di provare, qualcosa che mai si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte lungo il percorso della propria vita, ma che invece era avvenuto proprio lì, tra loro.

    Sorrise poi, di nuovo, e di nuovo le si avvicinò e si chinò per portare la bocca vicino al suo orecchio. Non era sicuro che lei lo stesse ascoltando, magari era già lontana, chissà dove e chissà con chi, ma forse quelle parole l'avrebbero raggiunta ovunque fosse andata, e forse... ancora forse, l'avrebbero fatta sorridere sinceramente ancora una volta "Comunque aragosta. Non caviale. Assicuro che aragosta mi si addice di più" precisò, concedendosi un'altra breve risata e poi di sfiorarle la guancia con la propria mentre si ritraeva, tornava a guardarla dall'alto ancora un secondo e la salutava "A rivederci Signorina Sarah" le disse, e poi si girò ed uscì, senza chiudersi la porta alle spalle.

     
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    Vi ringrazio di aver partecipato.
    Procedo ad assegnare i punti asta (PA), controllate il vostro saldo qui .

    Edited by Lle - 3/10/2011, 21:25
     
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    wolfw
    "Grazie a te dolcezza" occhiolino.
     
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