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Giocata Numero: 17
Personaggio Asta: Aleksander Iacobus Kazati
Roler del personaggio: ~The Old Rhasyel
Genere: Hentai
Vincitore: Xasar
Offerte che sono state fatte al personaggio d'asta: Tre desideri da esaudire nel limite delle possibilità della stessa offerente.
Motivazioni della scelta: In quanto unica offerente, Sarah Gray di Xasar si è aggiudicata il figone sopracitato. C'è anche da dire che in caso di partecipazione di più persone/PG, l'offerta lo avrebbe allettato lo stesso, perciò è di per sè molto probabile che sarebbe stata scelta in ogni caso.. -
Xasar.
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The Bakasaka Hotel
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7 Stelle
Un luogo moderno intriso di un'antica tradizione. Gli ambienti interni in completo contrasto con gli esterni, sembrano voler gridare la loro immortalità ed eleganza a tutti coloro che, ricchi e sfondati, hanno l'onore di avventurarsi oltre la Hole, verso le sue pregiate stanze, raffinate e bordate di oro.
Hole
Stanza numero 407
•Sarah❀
Non si scompose minimamente alla reazione del ragazzo, osando definirla tra sè e sè decisamente "esagerata". Non le sembrava proprio il caso di prendersela per averlo chiamato Signor Kazati, ma non potè che sorridere a quella sua scelta di proloquire con lei. Si alzò così dal proprio posto, lo sguardo dai fluidi occhi porpora che lo scrutavano in cerca del nulla. Girò appena sui propri tacchi prima di voltarsi verso l'uscita della casa d'aste.
Una cosa era certa, lei non avrebbe preso ordini da nessuno, tantomeno da un ragazzino che vantava soltanto un cinquecentesimo dei suoi anni. Millenni alle sue spalle e ne aveva viste di cose, passate altre, ma non si sarebbe mai fatta mettere i piedi in testa.
-Liberatelo pure. Confido che mi seguirete senza fare storie.- proferì prima di allontanarsi, salutando eligor con un cenno della testa. Talmente abituata alla sua presenza che sicuramente sapeva che fosse lo stesso anche per lui.
Via da quel luogo, attraverso le strade impervie della città. Nessun mezzo per dirigersi al posto prestabilito, nè un taxi, nè un'altra sorta di passaggio. solo e soltanto le proprie gambe. Aleksander la stava seguendo, sì, anche se probabilmente con più riluttanza di quanto avrebbe sperato. Poco male. Sarebbe giunto dinnanzi alla sua dimora e cosa avrebbe fatto? Avrebbe continuato a tenere in volto quell'espressione corrucciata o si sarebbe finalmente disteso.
La vampira non fiatò, non disse una singola parola per tutta la durata del tragitto, limitandosi ad ignorarlo e sorridendo tra sè e sè. I suoi pensieri rincorsero Mezzo, la solidarietà verso quell'uomo che ora era chissà dove. Lo attendeva, incuriosita dal suo presente, il suo passato, vogliosa di guardare in lui, approfondire a livelli più decisi la loro conoscienza. Un pensiero rivolto a te, drogato... per un attimo l'aroma di caffè volle avvolgerla, ricordarle quanto ne fosse impregnata la sua casa. Rimembrò l'incontro con la cacciatrice, Hikaru, e ne rimpianse la fuga così prematura.
Ebbe giusto il tempo di riprendere i contatti con la realtà che la facciata dell'hotel si innalzò davanti a loro. Fu allora che voltò finalmente la sua attenzione verso il russo e lo invitò ad entrare senza tanti convenevoli.
Varcata la soglia dell'ingresso, il proprietario ed un facchino la accolsero calorosamente, chinando la testa mentre il rpimo di questi le porse la carta magnetica della sua stanza. La prese, morbida come un giglio, ringraziando doversosamente, prima di avviarsi verso l'ascensore ed attendere l'ingresso del ragazzo. Aveva il torso scoperto, una bella pelle lesa da innumerevoli cicatrici. Non le era difficile immaginare come se le fosse procurate, ma indagare non le interessava troppo. La sorprese semplicemente che i due dell'hotel non avessero fatto caso alla persenza del ragazzo, forse per il suo strano abbigliamento o forse perchè dire qualunque cosa contro i gusti di Sarah era un serio errore.
Una volta che fu entrato premette il tasto numero 4, l'ultimo piano. La direzione era la sua stanza, la 407.
Lungo silenzio all'interno di quella piccola scatola colma solo di un cadavere ed un essere vivo. Gli occhi rossi di lei continuavano a brillare, persi nel vuoto avanti a sè. L'istinto predatorio, la voglia di cacciare, non si erano mai annullati in lei. Quel giorno aveva preferito fare il ragno che si procaccia del cibo, invece di attendere nella sua dimora come una tarantola. Scelta errata? No, non proprio.
Quando le porte dell'ascensore si aprirono davanti al suo volto non esitò ad uscire. Percorse il corriodio con estrema calma. I suoi passi s'ingranfevano silenziosi su quella finissima moquèt di color oro. Arrivò davanti alla porta della propria stanza, rifinita da piccoli intarsi argentei ed incisi sulla sua sommità vi erano le cifre che la numeravano. Passò la carta magnetica lungo una fessura a lato e si aprì in uno scatto.
-Prego.- sussurrò appena, l'aria disinvolta mentre entrava per prima, lasciando che le soffici luci tenui della stanza illuminavano tutto d'un color caldo tramonto.
Si tolse le scarpe, posandole accanto al suo letto, calpestando il parquèt con i piedi scalzi e freddi, senza sentire alcuna differenza, per poi andare a sedersi alla sua solita poltrona, rivolta ora verso Aleksander. Gli fece poi cenno di sedersi su una accanto a lei con un delicato gesto della mano. Di lei uno sguardo avido, una nebulosa carica pronta ad esplodere ad un minimo passo falso di quella pulsar.
-Ditemi dunque...- proruppe accavallando le gambe e sistemandosi più comodamente sulla sua poltrona, lasciando che i suoi riccioli ricadessero morbidi sulle spalle chiare e pallide -... quali sono i vostri desideri?- un sussurro lieve, poco più di un sibilo. L'oscurità era tagliata da quel bagliore incandescente sul suo volto. Altro che kalinka, in lei c'era il fuoco e la natura che divampava, che assaporava ogni istante, ogni attimo in cui egli respirava diffondendo il proprio aroma nella sua stanza. C'era ancora l'odore del sangue di Nicholas Wolf, per quanto ancora sarebbe rimasto?. -
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Xasar.
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•S arah❀
Riusciva a leggere la diffidenza nei suoi occhi, in quel giallo demoniaco che in qualche modo le fece mal pensare di lui. Gli sorrise comunque gentilmente, ammettendo a sè stessa di sentirsi un palmo sopra di lui in molte cose, ma stette comunque ad ascoltarlo, osservare ogni suo minimo movimento ed il blaterare nervoso su quella poltrona. La luce lo sfiorava appena, giocando con i suoi lineamenti, rendendolo intrigante ed al contempo misterioso.
Aveva notato solo in quel momento che le manette gli erano tornate come per magia ai polsi. Che fosse un individuo così pericoloso da dover costringere Eligor a tenerlo imprigionato a forza? Sarah stentava a crederci. Eppure in tutti i suoi pensieri, qualcosa di lui la sorprese, costringendola ad aggrottare lievemente la fronte nella speranza di capire a cosa si stesse riferendo. Parlò di un pagamento, qualcosa in cambio e probabilmente aveva ragione... ma quel "lei" così forzato che le diede, non potè evitarle una soffice risata divertita. Evidentemente non doveva stargli molto simpatica, ma non se ne curò oltremodo.
Intanto, in una parte remota della suite un fischio preannunciava che un po' di lieto relax era pronto. Solo 3 minuti d'infusione e il tè si sarebbe servito. Prezioso, nero ed ambra, un aroma del tutto particolare. Non vedeva decisamente l'ora di berlo.
Aleksander ritirò poi quella sua curiosità, prendendo posizione con un "tanto la morte non m'interessa" facendo salire gli angoli della bocca della giovane vampira in un valzer da sogno. lo guardò come se quella fosse la più divertente delle sfide, gli occhi luminosi che lo circoscrivevano come giochi di stelle nel cielo. Ma davvero? si ritrovò a pensare con tremenda flemma.
Non gli rispose, almeno per il momento. Primo desiderio, nulla di cui lei non potesse occuparsi quando fosse venuto il momento. Fece ciondolare la mano come se fosse la cosa più facile del mondo, incitandolo a proseguire.
Il secondo la fece rimanere lievemente stupita. Tutte quelle persone che lei aveva prelevato dalla casa d'aste non s'erano mai interessate al suo passato e non si erano chiesti come fosse potuta divenire una vampira. Era forse strano e particolare che proprio Aleksander, uno a cui lei non stava neanche tanto in grazia di potersi interessare di simili concetti? Ancora una volta non gli rispose.
Ascoltò ogni cosa avesse da esprimere ed ogni suo più strano modo di dire al quale lei stessa rimase spiazzata. Ci fu sempre silenzio ed alla fine egli optò per tenersi l'ultimo per dopo. Perchè rifiutare delle simili richieste? Non erano niente di particolarmente difficile.
Una teiera e delle tazze da tè vennero portate su un tavolino al centro, tra le due poltrone, da spirali di piante scure. In quel limbo tetro di penombra era un po' come se fluttuassero nell'aria. Due contenitori, uno per Sarah, uno per Aleksander e vennero riempiti entrambi di favoloso tè nero bollente, una dolce concessione che ella volle fargli per essere suo ospite. Si sporse appena dal suo trono per afferrare con estrema delicatezza il piccolo manico di porcellana bianca e portarlo a sè, alla propria bocca, tornando comoda come non mai. E poco prima di bagnare le labbra in quel liquido scuro e perfetto, rispose con estrema tranquillità -Considerateli esauditi.-
Un lungo sorso, come se il calore di esso non la disturbasse affatto. Se lo gustò come un perfetto antipasto e lo rimise sul piattino poco dopo, annichilendo un pensiero -Anche se è strano...- iniziò col dire -... Non sembro piacervi affatto, eppure volete che io vi parli di me.- si leccò sottilmente le labbra, senza dargli modo di intravedere la sua stessa dentatura.
-Inoltre, non so come interpretare il vostro "No, di figli di puttana ne ho visti tanti, ma con quegli occhi mai", sembra quasi che voi mi stiate insultando in qualche modo. Nel dubbio vedrò di ignorare questo genere di volgarità. Non le apprezzo e non le apprezzerò mai.- commentò educatamente prima di accavallare le gambe nell'altro senso. Non voleva scatenare un assurdo dibattito e sopratutto di litigare non aveva molta voglia. Si limitò a passare sopra a quella svista così volle chiamarla, perchè non v'era altro nome.
-Ad ogni modo ho promesso di esaudire i vostri desideri e dunque non mi tirerò indietro.- Per quanto faccia male. fece un sospiro e prese un altra sorsata di tè prima d'iniziare -Dunque... Il mio nome lo conoscete già, sono nata il 2 Febbraio del 1003 d.C., in un periodo di invasione anglosassone, comunemente chiamato dagli storici come "Eptarchia". Terza di tre figli del Lord John Gray e sua moglie Elisabeth Dust.- neanche si rese conto neanche che quel prologo era lo stesso fatto a Mezzo Estragon, così continuò come se nulla fosse -I miei due fratelli in ordine di nascita sono Adam ed Erick, ma con quest'ultimo avevo un rapporto speciale, forse perchè passavo la maggior parte del mio tempo con lui mentre l'altro era in giro assieme a nostro padre per imparare ad essere in vero Lord. Anni di cui non mi lamento affatto, sono stati felici e spensierati, almeno fino a quando non ho compiuto il mio diciassettesimo compleanno.- fece una pausa, sorseggiò ancora il suo tè. Un breve attimo di silenzio, lasciò che la tensione continuasse a ferire la propria mente e quella di lui, mentre ancora una volta allontanò le labbra umide da quella tazzina -Ero stata promessa in sposa ad un Lord, un uomo di venti anni più grande di me. Un tipo odioso, di quei tipi che pensano soltanto alla caccia e a divertirsi con le donne. Coloro che non conoscono l'amore o le vere amicizie. Mio padre sperava che un'alleanza con lui ci avrebbe scongiurati da possibili problemi futuri, ma io sono stata egoista e non ho voluto pagarne il prezzo. Quella stessa sera sono scappata dal feudo, ho vagato per la foresta e ho attraversato un vasto territorio a piedi. Trovai rifugio infine ed ospitalità presso un altro feudo, un Lord di cui ignoravo addirittura l'esistenza. Sembrò intenerito e mi invitò alla sua tavola... stava dando un banchetto in quel momento. Hyram Stark, un uomo giovane, occhi di ghiaccio, capelli argentei... avvenente abbastanza da ammaliare chiunque.- l'ultimo sorso e la bevanda finì, lasciando la fondata sporca delle foglie. Posò tutto sul tavolo e tornò a fissare il proprio ospite con l'aria apparentemente stanca -Non avrei mai potuto immaginare che a quello stesso banchetto potessero raggiungermi degli schizzi enormi di sangue. In men che non si dica, Hyram aveva ucciso tutti, risparmiando me. Ero ancora lì, in mezzo ai cadaveri smembrati di quegli sconosciuti, incapace di credere a quello che avevo visto, quando egli mi chiese di fare un giro nel suo castello.- si alzò in piedi, stufa di stare seduta, iniziando a camminare verso la finestra della sua stanza. Il vestito rosso che aveva scelto d'indossare, lo stesso della sera in cui aveva incontrato Nicholas, svolazzò morbido.
-I miei ricordi sono ancora vividi e freschi, come se fosse appena successo. Mi condusse a quell'enorme specchio intarsiato d'angeli dorati, ammirò e rimirò la mia pelle chiara, mentre io ero incapace di muovermi dal terrore... Fu un attimo... le sue zanne affondarono nella mia carne, sentii il crepitio del mio collo che veniva squarciato.- quano fu vicino abbastanza a quella finestra, ne spostò delicatamente le tende, posando gli occhi sulla luna là fuori e poi sulla città che incombeva sotto i suoi stessi piedi, ogni persona alla sua maledetta mercè. Che cosa patetica ed inutile.
-Mi portò nella sua stanza, approfittando del fatto che io fossi completamente inerme per riempirmi la bocca del suo sangue, prima di violare per sempre questo mio corpo, renderlo impuro, macchiato per l'eternità.- la sua voce tremò per un attimo, poi riuscì a continuare -Sono morta in un inverno freddo quanto l'inverno a Mosca, ma nonostante tutto sono riuscita a scappare... mio fratello venne a portarmi via da lì, ma ad un caro prezzo... Erick, i suoi bellissimi occhi azzurri erano spariti e di essi non rimanevano altro che due vetri color sangue. Anche lui era diventato un vampiro. E sempre lui, per proteggermi, ha ucciso i nostri genitori, per permettermi di vivere... sempre se questa si può chiamare vita. Io però arrabbiata, non volli sentire le sue giustificazioni... così lui decise di andarse, credendo che lui fosse la causa delle mie sofferenze ed Adam lo seguì.- si voltò a quel punto verso Aleksander, squadrandolo, sforzandosi di guardarlo, di rimanere seria nonostante tutto -Sono mille anni che non li vedo, che vago su questa terra alla loro ricerca. Ho visto persone nascere e morire davanti ai miei occhi e per mia sfortuna ricordo ognuna di loro. Oggi sono qui, dopo aver conosciuto un drogato di caffè che ha rischiato la sua vita per me quando non ne avevo bisogno e dopo aver scoperto che quella casa d'aste non è altro che un modo per passare il mio stramaledetto tempo.-
Si allontanò dalla finestra, camminò lentamente verso Aleksander, passo felpato e tranquillo dei piedi nudi sul freddo legno cerato. La luce dei suoi occhi si spense, come se sul fuoco fosse stata buttata una feroce secchiata d'acqua. Il color castano di essi riprese vita. Soppesò ogni suo pensiero e cercò di renderlo più reale possibile mentre si sedeva sul bracciolo della poltrona di lui, prendendosi le mani palmo a palmo, facendo incrociare le dita tra loro come una bella preghiera. Se le guardò a capo chino, riflettendo a voce alta -Eppure, ogni persona che ho trovato mi ha stranamente arricchito, mi ha trasmesso qualcosa di unico ed irripetibile...- rise piano, mentre di piccoli tralci crescevano lungo le sue stesse braccia, come una vellutata carezza -Non sono che una vampira generata da un'essere infinitamente più potente di me. Non posso morire in nessun modo... e questa è una tragedia.-
Si voltò appena, allontanando le proprie mani l'una dall'altra, protendendo la sinistra verso il collo di Aleksander, accarezzandolo con il dorso dell'indice. Lo sguardo stanco, la voce pure -In cambio non voglio altro che un assaggio di voi.- uscì dalle sue labbra con un tono caldo e sensuale. Forse in qualche modo rassicurante.
Edited by Xasar - 13/10/2011, 18:13. -
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Xasar.
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•S arah❀
Rivisse ogni istante, ogni momenti di quei terribili attimi della sua vita. Il sangue, le urla, lo stridio della carne che veniva dilaniata ed il dolore dentro di lei. La consapevolezza che il suo animo era infranto, perduto per sempre, nessuno gli avrebbe potuto ridare quello che lei aveva perso. Nè la sua verginità, nè la sua vita mortale.
Così, mentre sfiorava il collo del ragazzo, vide in lui quel cambiamento, quella lucentezza strana e particolare peer un istante. Gli occhi ferini che s'illuminarono di una strana rabbia, percepì attraverso le pulsazioni del suo sangue l'ira, il dolore. Qualcosa... era come metallo ma fu un attimo. Tornò normale, come se non fosse successo assolutamente nulla e non parve essersi accorto di quali cambiamenti si erano presi possesso del suo corpo. Era abbastanza esperta per capire che un semplice essere umano non subifa alcuna trasformazione così radicale in così poco tempo. Non andava, non così.
Rimase però catturata dalle sue parole, da quel proferire per nulla impaurito, nè scoraggiato. Una domanda che valeva una vita, che avrebbe potuto rompere per sempre le barriere che ella stessa aveva eretto davanti a sè, ma era presto, era azzardato, ma la toccò quel tanto che bastava per percepire la differenza di temperatura che intercorreva tra i due. Le gelida, lui caldo. Sarebbe sempre stato così fino a che a toccarla era un semplice essere umano, ma lui non lo era, probabilmente no. chissà se ne era consapevole.
-Sì, vorrei essere umana. Debole e mortale. Vorrei poter respirare e sentire il calore sulla mia pelle... invecchiare, avere dei figli- Io, ho pure dimenticato cosa sia l'amore... rispose semplicemente, concedendosi quell'ultimo pensiero al proprio cuore, la consapevolezza di non saper provare più quel sentimento a lungo dimenticato. Provava attrazione, sì, ma nulla più. Nessun tipo di gelosia, nessun tipo di possessione.
Nonostante tutto -No, non ho bisogno di una mano... solo qualcuno ogni tanto che mi distragga.- sorrise nel proferir quelle parole. Lo guardò con tutta la semplicità possibile, abbandonando i ricordi ancora, forzandoli ad uscire dalla propria testa, scalciandoli poderosamente e mettendo un furioso divieto almeno per quella sera. Aveva letto in quell'opuscolo quanto potesse essere stata difficile la vita di Aleksander e probabilmente lui l'aveva odiata anche per questo. Non si sarebbe mai aspettata di vederlo così aperto, disponibile verso di lei, un cambio d'atteggiamento che non avrebbe mai attribuito ad un irato come sembrava in quel momento. Che dentro di sè nascondesse un lato più dolce, sensibile di quello che aveva visto fino a poco prima? Probabile, niente era da escludere, così come egli sembrava dannatamente simile a lei. Fiero, determinato, orgoglioso. Sì, poteva stramaledettamente capirlo, neanche lei si sarebbe piegata volentieri a qualcuno che si inneggiava più potente di lei, per quanto la sua autorità fosse impareggiabile.
Lui si identificava in lei e non poteva non essere viceversa.
-Non voglio smettee di cercarli perchè probabilmente darmi per vinta vorrebbe dire smettere di vivere quel poco che ancora cerco di fare... loro sono il mio scopo. E li riconoscerei ovunque, perchè sono i miei fratelli. Continuerò a cercare anche se dovessi metterci tutta l'eternità, non ho comunque niente da perdere...- avvicinò il suo volto a lui, lentamente, frammento d'aria per frammento, fino a che non percepì il suo calore così vicino da pensare di essersi immersa in lui. Si spostò a cavallo sulle sue gambe, sporgendosi verso il suo collo. Dischiuse le labbra, risalì la linea della carotide per sibilare al suo orecchio, un sussurro ultraterreno volto a rassicurarlo, mettere in chiaro che era tutto a posto, che niente sarebbe andato storto -State tranquillo... non ho intenzione di regalare la mia stessa sorte a qualcuno. Sarebbe crudele, persino per me... mal che vada, la sensazione che proverete sarà paragonabile ad un orgasmo...- e fu così che dolcemente scese nuovamente sul suo collo, morbida, le sue labbra leggere come petali freschissimi lasciarono che i suoi canini brillassero al buio, prima di affondare nella tenera carne.
Sangue. Sangue dal sapore inusuale, la consistenza diversa, eppure gustoso come ogni altro, forse di più. Un getto improvviso le riempì la bocca e succhiò avidamente il suo nettare. Giusto un po', paragonabile ad un bicchiere di ottimo vino francese. Se ne staccò dolcemente, leccando la sua ferita con la punta della lingua e con un breve gesto ne risanò istantaneamente la carne.
Rimase tuttavia a fissare quel punto, come un vuoto immaginario, ancora seduta sulle gambe di lui. Realizzò il suo timore, quello che aveva pensato sin da quando aveva visto il suo corpo pieno di ferite e cambiare così velocemente in poco tempo. Intanto la sua bocca, ancora sporca di sangue, rimase dischiusa, come ipnotizzata da qualcosa di ancora più succoso del cibo.
-Voi non siete umano...- sussurrò come se avesse paura che qualcuno oltre a loro potesse sentirli. Che cos'era realmente? Non aveva mai assaggiato niente del genere. Di sicuro non era un Were o neanche uno shapeshifter. Nessuno di questi era in grado di trasformarsi in qualcosa di così inumano. Forse... -Voi siete forse...- il dubbio ancora, ma non il terrore. Vera curiosità di sapere, la volontà di capire. Vera, Sarah in quel momento era vera.. -
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Xasar.
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•S arah❀
Cosa aveva scatenato quella reazione? Rabbia? Frustrazione? Oppure divertimento? Cosa... ?
Avrebbe dovuto immaginare tutto quello che egli era anche solo dall'odore che aveva emanato. Che le era successo? Si era forse rammollita? No... era stato lui stesso a mascherare quell'odore. Lo aveva sentito solo nel momento stesso in cui aveva assaggiato il suo sangue.
Lo guardò a lungo, scansandosi da sopra di lui, mietendo con i propri occhi la figura che si trasformava velocemente, il ragazzo incredulo di ciò che stava accadendo. Incredulo, la voce sottile, come spaventato. Sarah per la prima volta si sentì stranamente impotente. Lo fissava senza fare nulla, gli occhi come ipnotizzati. Se avesse potuto avere la pelle d'oca sicuramente adesso ne sarebbe ricoperta. Coperta come si stava coprendo quella di Aleksander, completamente di metallo. L'aspetto eseriore era un composto stranissimo, argenteo e lucido. Rimase come impressionata dalle sue parole e dalla sua stessa volontà. Non si era preoccupato minimamente di sè stesso quanto a qualcuno a cui avrebbe dovuto spiegare quanto era diventato. Come può...
La vampira rimase in silenzio, si ritirò in un angolo buio della stanza, socchiuse gli occhi e stette a guardare ciò che aveva appena preso forma dentro la sua abitazione. Quanto un cannibale potesse essere giustificato davanti al fatto di avere qualcosa al suo interno, di essere caratterizzato da una forza tremenda ed una rigenerazione pressochè istantanea.
Non era normale neanche psicologicamente. Come poteva non impazzier davanti a tutto questo? Da una parte poteva capire cosa provava. Lei stessa non era diventata matta dopo aver realizzato cosa le era successo, senza contare che inizialmente non poteva uscire alla luce del sole. Bisognava semplicemente essere persone forti, capaci di guardare avanti e non pensare alle brutte cose, vedere del buono in tutto, dei vantaggi, senza mai limitarsi ad assistere senza fare niente. Era necessario prendere attivamente parte alla propria vita per costruirla, anche se quello che aveva scoperto Aleksander, a distanza di quasi 18 anni dall'avvento, era veramente eccezionale. Giurò e spergiurò di non saperne niente e lei, nel suo vuoto buio in cui si era rintanata, come poteva non credergli? La reazione era stata quella che era, non voleva pensare che fosse un ottimo attore tanto quanto l'era lei.
Decise di spostarsi dal muro, di allontanarsi dall'ombra. Vi era rimasta così a lungo nella sua esistenza che era ormai diventato futile continuare a rifugiarvisi. Percorse quei pochi passi che l'allontanavano da lui, senza che ci fosse necessità di cercare il coraggio di cui aveva bisogno. Non ne aveva, così come non aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere. Non era più viva, perchè avrebbe dovuto provarne? Ne era sicura, oggi più di ieri: Mezzo probabilmente non sapeva quello che aveva detto quella sera. Forse lei non era così viva come sosteneva, dopotutto, e Nicholas gliel'aveva pure ribadito. Biologia, nulla più. Se poi ci si aggiungeva che le poche emozioni che riusciva a provare erano rabbia e dolore, interrotti da qualche piccolo momento di gioia, le cose si sommavano. Probabilmente tra qualche altro centinaio di anni lei non avrebbe provato più neanche quelle. Molti vampiri scelgono di spegnere le proprie emozioni, per evitare di essere più umani possibili, per non sentire dolore. Ma lei non aveva mai voluto, ha semplicemente lasciato che ognuna di loro si fulminasse come una lampadina surriscaldata. Per quanto avesse voluto essere l'umana di un tempo, nulla avrebbe potuto riportarla indietro.
Gli fu vicino, sfiorò appena la sua guancia con il palmo della mano, desiderosa di sentire ancora una volta il calore che emanava, quello che lei aveva perso. Lo avrebbe volentieri odiato per questo, ma avrebbe anche dovuto odiare ogni altro essere vivente e con tutta la necessità di questo mondo preferiva non farlo -Aleksander- e probabilmente non sarebbe stato necessario -glielo direte quando sarà il momento. Credo capirà.- un riferimento chiaro alla persona che lui aveva voluto proteggere. Se l'era praticamente immaginato che lui parlasse di lei, quando si era fatto quei problemi in precedenza. Sfortuna per lui Sarah era fin troppo abituata ad eventi paranormali per stupirsi più di quel poco.
Ed il loro tempo, lì in quel posto, stava per finire. Se avesse potuto leggergli nella testa, gli avrebbe risposto che il tempo era più stretto di quel che si immaginava la gente. Un'ora umana per un vampiro era poco più di un secondo, un giorno neanche mezzo minuto. Era tutto così veloce che poteva godersi solo pochi attimi, proprio come quelli.
-Credo proprio che non morirete facilmente, Aleksander.- concluse con un sorriso, abbassando la gelida mano ed al contempo sporgendosi verso di lui, alzandosi sulle delicate punte dei piedi nudi e baciandolo morbida sulla bollente pelle della guancia. Il suo augurio, forse il migliore che poteva fargli. Forse l'unico.. -
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Xasar.
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•S arah❀
Rimase lì ad ascoltarlo, a sentir parlare di quella ragazza che sembrava amare così tanto. Si sentì paragonare a lei, simile a quello che era una volta? Improbabile, decisamente improbabile che lei fosse simile ad una ragazza di quest'epoca. Eppure lo stette ad ascoltare come soltanto lei sapeva fare. Il silenzio della sua mente, accondiscendente alle sue parole, accolse ogni suono a porte aperte. Dubbi, perplessità, lei non aveva il potere di dissipare alcunchè, nè dolore, nè gioia, nè di spiegare cose che avrebbe potuto tranquillamente spiegare. Era semplicemente il caso che tutto rimanesse così com'era, che il destino da bravo egoista continuasse a fare il suo corso.
Era sbagliato, maledettamente sbagliato e ragionare razionalmente le risultò più difficile di quanto aveva imparato a fare durante i secoli. Forse perchè in ogni parola del ragazzo non vedeva tutto per come glielo descriveva, ma un mondo tutto suo, dove ella stessa aveva dovuto combattere duramente per essere quella che adesso poteva vantare. I suoi genitori erano morti davanti ai suoi occhi, uccisi dal suo stesso fratello, quello che amava più di ogni altro. Ma mentre lui era rimasto con una sorella, a lei non erano rimasti che pochi servi, un feudo gelido e desolato che abbandonò poco dopo per spostarsi, cercarli ancora e pregare che fossero vivi. Una bellissima illusione credere che quel Dio che sarebbe dovuto esistere ascoltasse le suppliche di una rinnegata, una creatura cacciata sia dal paradiso che dall'inferno, un essere senz'anima.
Entrambi erano mostri dunque, e cercavano invano di fingere di essere umani. Una famiglia... forse ella ne aveva dimenticato il reale significato e anche in quel momento volle fare orecchi da mercante, fingere di non sentire. Tutti l'avrebbero volentieri uccisa se avessero potuto, ma lui invece avrebbe la pelle salva. In molti desidererebbero impiegarlo in usi militari e forse, in un barlume d'incertezza, poteva essere stata proprio quella la sua origine. Perchè sì, aveva ragione, lei l'aveva visto ripetersi all'infinito, ogni cosa, ogni litigio tra gli uomini ed aveva finito per capire la ragione di ogni singola guerra per quanto stupida fosse. Aveva visto morire e nascere, conoscenti sparire, forse le uniche persone in grado di riaccendere in lei la fiamma di quel sentimento svanito, erano perite senza che neanche se ne accorgesse, lasciando quel vuoto in lei che man mano si faceva sempre più incolmabile. Amare era solo una parola, era diventato un gioco. Cos'era l'amore? invidiava Aleksander perchè sapeva cosa fosse, come ci si sentisse ad avere qualcuno da proteggere ad ogni costo. Ma lei? Sarah non aveva nessuno, solo tante persone che avrebbero voluto comprenderla, capirla, ma alle quali non si sentiva affatto di dover aprire la propria porta. Solo quel piccolo spiraglio di sè, lo stesso di cui si era nutrito Mezzo, ora l'aveva donato anche a quel ragazzo, un russo dal cuore decisamente tenero nonostante la superficiale corazza.
Ma è pur sempre una corazza...
Lo guardò senza accennare neanche un sorriso quando egli le disse che probabilmente si sarebbero rivisti. Sì, lei lo sapeva benissimo che sarebbe successo. In un modo o nell'altro lei si sarebbe fatta viva di nuovo e gli avrebbe ceduto l'ultimo addio durante la sua vecchiaia, un po' come aveva fatto con Leonardo Da Vinci. Ma sentire che lei aveva più bisogno di auguri di lui, quella cosa sì che le strappò un sorriso dalle labbra. Era futile e stupido augurare qualcosa ad un cadavere, per quanto ci fosse un buon intento, ma anche in quel breve frangente non rispose, si limitò a continuare nell'ascolto, perseverante e paziente.
Il terzo desiderio, lo attese e lo bramò, ma nel momento stesso in cui quelle parole la raggiunsero i suoi occhi si aprirono come se fossero tornati a potersi stupire davvero. Desiderò che ella fosse felice, un augurio che si sarebbe normalmente fatto ad una ragazza che stava per sposarsi, ma lei? In interi secoli passati a rincorrere la felicità non era mai riuscita raggiungerla veramente. L'aveva sempre vista da lontano, ingelosita quasi da tutte quelle persone che potevano invece permettersela a buon mercato. La sua chiave era ritrovare quell'infanzia perduta, ritrovare i fratelli e ricevere il perdono che non le fu mai veramente dato. Come Pascoli ritrovare il nido, il nucleo familiare in cui rituffarsi, solo allora avrebbe potuto sperare di assaggiare la gioia ed ogni sentimento magari riservato agli esseri umani.
"...Sii felice."
Un desiderio irrealizzabile, per quanto puro, nobile e dolce fosse l'intento. Eppure... perchè privarlo di una così calda illusione? Nel contempo egli si era chinato e preso delicatamente tra le mani la sua testa, donandole un bacio sulla fronte, un dejavu passato e nel guardarlo rivide Erick per un istante. Stessi modi, stesso strano modo di agire e perseverare nelle proprie speranze.
Ridacchiò, accompagnando le sue ultime parole. Infine alzò lo sguardo su di lui, forse una delle poche volte in cui avrebbe sorriso sinceramente senza provare nulla. Due occhi luminosi, languidi. Lei era una dei pochi vampiri a cui era concesso di piangere, ma non sarebbe stato quello il momento.
-Concesso.- mentì abilmente in tutta l'esperienza che poteva vantare da ottima attrice. Un solo tocco sul suo collo e la cicatrice da lei provocatagli sparì in una nube rossastra -Una cicatrice in meno non guasta di certo. Confido di potervi rivedere come voi auspicate. Infondo... è stata una bella serata.- ammise infine, allontanandosi da lui e lasciando che la porta della suite si aprisse rivelando la luce ocra del corridoio del quarto piano.
Alle spalle di Sarah si stagliava la luce della luna, soffocata da alcune nubi. Baciava la sua pelle chiara, la conduceva a passo lento e ritroso verso quella poltrona sulla quale si era seduta poco prima. Notò solo allora che egli non aveva neanche toccato il suo tè, rimanendone appena delusa, ma non s'azzardò a dire nulla. Continuò a sorridergli come avev fatto con ogni altro ospite prima di lui e si accomodò con neutralità. I germogli sul tavolo le versarono un altra tazza di tè e si accinse a prenderla con delicatezza.
Poco prima di bagnare le sue labbra con lo scuro liquido ambratosussurrò flebile nell'oscurita, fendendola di nuovo con il porpora dei suoi occhi -Ossequi, Aleksander. Spero vivamente di potervi reincontrare come da voi predetto.-
Avrebbe aspettato che lui si fosse allontanato, che avesse lasciato per sempre quella stanza prima di concedersi totalmente a sè stessa.
No... i vampiri non piangono... ma nel silenzio e nel buio di quella stanza, sul suo viso totalmente impassibile, scese una singola lacrima e si mescolò al suo tè.
Si perse così anche lei, come una lacrima nell'oceano.
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Giocata conclusa.
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